domenica 15 marzo 2009

Generazione no-pc


A qualche mese dal mio ingresso in questo blog vorrei fare una piccola considerazione. Massimo F. è senz’altro il numero uno per assiduità nel postare e commentare. Seguono tutti gli altri con alti e bassi e assenze anche di parecchi giorni a volte, ma credo che sia normale: grazie al cielo (e purtroppo!!) siamo “ragazzi” del ’56 e la nostra generazione non è quella di Facebook e Badoo, ma giocavamo nei cortili e ci hanno insegnato Dante. In questo fine settimana di quasi primavera perfino a me viene più da fare una passeggiata che accendere il computer.
Mi sono domandato a volte come mai dopo mesi, anni, che esiste il blog, nessun altro o nessun’altra della sezione F abbia mai postato qualcosa e ho provato a capirne il motivo. Premesso che sappiamo di due o tre altri ex compagni/e che ne sono a conoscenza, e tenuto conto che magari qualcuno non sia curioso o non gliene freghi granché, secondo me il punto sta che il mezzo, il computer, e ciò che ad esso è legato, non appartiene per niente (salvo rare eccezioni) alle persone della nostra età. Fra tutti i miei amici e nel 90 per cento almeno dei colleghi di lavoro se non di più nessuno sarebbe in grado di reinstallare Windows (per non dire Linux) sul suo pc riformattando l’hard disk come si deve. E parlo anche di quarantenni. Per non dire della configurazione della rete domestica, Adsl, router Wi Fi. Nessuno che non abbia problemi su come configurare cellulare, blackberry, Iphone a leggere le mail o a connettersi alla rete. Aggiungo che non ho mai conosciuto una donna (Valeria smentiscimi per favore) che sappia programmare una registrazione sul DvdRec o Vhs. E non stiamo parlando di persone da poco, ci sono in mezzo dottori, giornalisti, dirigenti ecc.. Io credo che nessun altro dei ragazzi del ’56 ci raggiungerà forse perché la metà almeno di loro non avrà neanche un computer se non quello al lavoro (ormai è dappertutto). Se poi lo dovesse avere in casa, magari dei figli, non lo saprebbe usare bene e sa il cielo quanto un genitore dovrebbe saperlo per proteggerli dai pericoli dei lati oscuri dei social network .
Voi almeno lo sapete cosa rappresenta la foto in apertura?

8 commenti:

Massimo F. ha detto...

Un componente del pc ? Dal contesto ... :-)

Avere il computer in ufficio porta a saperlo usare, almeno per internet, posta e visita in forum o, appunto, blog.
Credo che noi, bravi ragazzi del '56 (e dintorni) sappiamo benissimo usare questo novello totem che è entrato anche nelle nostre case.
Magari non lo usiamo con la facilità e la padronanza di un ragazzino, ma entrare in un blog e commentare ...
Credo, invece, che la stanchezza che si ha dopo una giornata di lavoro, prevalga sul piacere di una battuta tra vecchi compagni (di classe, s'intende ;-).
Se poi aggiungiamo che molti hanno anche famiglia, allora alla stanchezza si aggiungono molteplici ostacoli.
E magari, tanto per riprendere il tema del post precedente, qualcuno, tornando a casa, invece di accendere il computer sprofonda in poltrona con una sano libro da leggere ;-)

valeria ha detto...

Francamente, l’ ho pensato anche io che per qualcuno il "mezzo" sia un deterrente.
Poi c’è quello a cui non gliene importa niente (e ha tutta la mia disapprovazione) e quello che ha da fare altro (anche se uno straccio di famiglia e di lavoro ce l’ abbiamo tutti!)...Ci sarà, però, anche quello che leggendo i vari post su Achille e su Dante e su Will Durant si sentirà, nonostante galvaniano, totalmente inadeguato e penserà che le sue lacune siano talmente gravi da non potere scendere in campo...
Che ne dite di questa ultima opzione?

Insomma, ragazzi, facciamocene una ragione! Ci siamo noi (e non sempre...:-)!) e ci dobbiamo bastare...

P.s. programmo felicemente registrazioni varie, ma se la domanda avesse sconfinato di "pochissimo" me la sarei vista brutta!...pant pant ...
Infatti, l' immagine mi pare quella di un mangiadischi visto dall' alto e non ancora terminato...

claudio ha detto...

Si tratta di un hard disk in realtà, il cosiddetto disco rigido che all'interno del pc conserva tutti i nostri dati. Massimo ha in pratica indovinato.

La terza opzione Valeria francamente mi sembra un po' forzata. Per quel che mi riguarda c'era una gran parte dei nostri compagni, ancor più compagne, che sono convinto se scendessero in campo ci darebbe un bel filo da torcere. Spero però che la tua "sfida" (mascherata?!) venga ben presto raccolta!

valeria ha detto...

Sicuramente alcuni/e ci darebbero filo da torcere, anche se io diffido molto di chi vanta una cultura "in serie" e spesso mi sono imbattuta in uomini e donne, generalmente di sinistra, che sbandieravano determinate idee e principi e letture e poi, sistematicamente, si comportavano esattamente all’ opposto.
Qualcosa vorrà pur dire?
Non so se il legame vi sia chiaro, ma non importa: c’è!
Qualche acuto blogger sicuramente lo "smaschererà"....

Massimo F. ha detto...

L'assist di Valeria mi consente un veloce "copia e incolla" per citare Luca Ricolfi che, alcuni anni fa, pubblicò un breve saggio sulla sinistra: "Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori".
Ecco la terza di copertina che, penso, sia perfettamente in linea con la provocazione di Valeria:
"... i comunisti non fanno più paura a nessuno, ma in compenso la sinistra nel suo insieme suscita un sentimento meno forte della paura, e proprio per questo più insidioso: l'antipatia. In questo libro Luca Ricolfi, uno studioso da sempre collocato a sinistra, analizza a fondo questo sentimento, mettendo a nudo quelle che considera le grandi malattie della sinistra. Malattie del discorso, innanzitutto, come le ipocrisie del politicamente corretto, l'astrattezza delle formule, l'uso della dialettica contro le evidenze dissonanti. Ma anche una grande e tragica malattia dell'anima: la credenza in una superiorità etica delle idee e delle persone di sinistra. Il complesso dei migliori - una sindrome che affligge innanzitutto i dirigenti e i militanti - li porta inesorabilmente a non capire né la storia né la realtà dell'Italia, a disprezzare l'elettorato di centrodestra, a credere di rappresentare 'la parte migliore del paese', la sua 'ala sana'. E infine li conduce ad autoattribuirsi una missione salvifica, come se l'Italia fosse improvvisamente passata dall'età dell'oro - gli anni dell'Ulivo - all'età del piombo - gli anni della Casa delle Libertà. Ne deriva una lontananza quasi stellare dalla gente da quel che pensa, da quel che vuole, da come vive e parla, in una parola da ciò che si definisce il senso comune.".

massimo p. ha detto...

Perfetta l'analisi di Ricolfi. Condivisibile al 300%

valeria ha detto...

Ogni tanto, anche a sinistra c'è un po' di onestà intellettuale...

claudio ha detto...

Mi associo Massimo, bella citazione. La farò leggere a qualcuno.