domenica 29 giugno 2014

Cento anni fa la Grande Guerra

Il 28 giugno 1914 i colpi con i quali un delinquente serbo, Gavrilo Princip, assassinò l'erede al Trono di Austria Ungheria, l'Arciduca Francesco Ferdinando e la Duchessa Sofia, aprirono l'europa e il mondo ad una tragedia durata quasi l'intero secolo.
Anche se la "guerra guerreggiata" iniziò solo un mese dopo, l'assassinio del principe ereditario alterò quell'equilibrio che aveva consentito un lunghissimo periodo di 50 anni di pace, con le potenze europee occupate a civilizzare il mondo invece di farsi la guerra, indebolendosi, tra loro.
Nello stesso lasso di tempo, oltre oceano, in un perfetto isolamento, gli Stati Uniti d'America combatterono una Guerra Civile di Secessione lunga quanto la Grande Guerra (e praticamente chiusa da un colpo di pistola) e una Guerra Indiana al termine della quale, oltre ad una Epopea che mancava ad una giovane nazione, fu stabilità una unità territoriale che ne hanno fatto la superpotenza mondiale dagli anni quaranta ad oggi (o ieri ?).
In europa invece la Grande Guerra provocò solo disastri, a cominciare dalla Vittoria mutilata dell'Italia che non ottenne tutto quanto le era stato promesso (infatti Fiume fu unita alla Madre Patria solo per un ardito colpo di mano di D'Annunzio) , fu estremamente penalizzante per la Germania con un trattato vessatorio che seminò la successiva ascesa di Hitler ma, soprattutto, favorendo la caduta dello Zar unicamente per chiudere il fronte orientale, con il permesso che il Kaiser concesse a Lenin di recarsi in Russia, aprì il mondo a settanta anni (1917-1989) di terrore, miseria e morte.
Cento anni dopo siamo in guerra con le armi dello spread.
Maastricht e Schengen sono la Sarajevo contamporanee.
Tanti sono papabili al ruolo di Gavrilo Princip.
Mare nostrum è la Caporetto di oggi.
Arriveranno però anche Vittorio Veneto e il nuovo 4 novembre.

Dubito che questo canovaccio avrebbe riscosso grande successo all'esame di maturità, ma non le Idee devono essere giudicate, bensì, nei temi, la correttezza della forma e, nella vita, come quelle idee trovano realizzazione pratica ... :-)


domenica 22 giugno 2014

Maturità

La settimana scorsa si sono aperte le sessioni 2014 degli esami di maturità.
A giugno, non a luglio come quando, quasi quaranta anni fa (!) venne il nostro turno.
Ho letto le tracce dei temi e le notizie sulla seconda prova.
Sicuramente greco è più ostico del latino che fu la nostra prova.
Di Luciano non mi ricordo si fosse letto o studiato alcunchè al liceo, forse anche perchè appartiene ad un'epoca successiva a quella classica presa in esame dai testi di allora.
Dai miei personali approfondimenti e da quanto in questi giorni ho potuto ripassare, non mi sembra un grande autore.
Il punto è che è facile ironizzare, fare sarcasmo, criticare, dire come dovrebbe essere fatta una cosa o assolto un compito.
Molto più difficile è impegnarsi in prima persona per realizzarla (senza polemica direi che un certo Monti è il tipico esempio di chi pontifica comodamente da una poltrona e poi fallisce di brutto alla prova dei fatti).
Sui temi, probabilmente, avrei scelto quello sul paragone tra l'europa del 1914 e del 2014.
Un tema stimolante per me, anche se avrei rischiato di metterci molto delle mie idee presumibilmente non gradite alla commissione, esattamente come rischiai - ma erano altri tempi - nel 1975 quando scelsi il tema sugli ultimi cinquanta anni di storia europea dalla politica di potenza alla politica di pace (naturalmente la mia ottica è sempre la stessa che portò la nostra prof di italiano a darmi un "non valutabile" nel tema sull'articolo 11 della costituzione del 1948 :-).
Quasimodo, un complicato "minore" - ma per me dopo D'Annunzio sono tutti "minori" - ancorchè Premio Nobel (ma persino Fo fu insignito di tale, ormai svalutatissimo, riconoscimento ...).
Renzo Piano una marchetta alla inutilità contemporanea.
Noto un abbandono dei temi e dei testi più classici e questo è un male.
Voto agli scritti: 5/6.
Si può fare di più.

domenica 15 giugno 2014

Che bello che è brutto !

La mia impressione è che sulla stampa e in televisione abbiano necessità di iperboli per poter vendere il loro prodotto.
Non capirei altrimenti l'esagerazione che prende i cronisti davanti ad un temporale estivo.
Oggi, giornata di tregua dal caldo afoso della settimana passata, mi sono letto in poltrona un romanzo di Kathy Reichs (la antropologa forense autrice dei gialli da cui è stata tratta la serie televisiva Bones) e mi sono ricordato di altre pause del passato a seguito di temporali e interruzioni delle normali attività estive.
Per la verità mi ricordo che da piccolo, obbligato a seguire i miei genitori in montagna e per i sentieri poi amati di Selva in Val Gardena, speravo sempre che il giorno dopo fosse brutto tempo, per evitare un'altra escursione.
E spesso Giove Pluvio esaudiva i miei desideri.
E mi ricordo, in tempi molto più recenti, di aver preso una nevicata il 24 giugno al Passo del Lupo.
Le previsioni del mitico Colonnello Edmondo Bernacca erano accolte con sufficienza e se non corrispondevano alla realtà, nessuno si lamentava.
Oggi se le previsioni sbagliano di qualche ora sull'arrivo del temporale i moderni aruspici del meteo si ritrovano sul banco degli imputati, a volte persino con minacce di azioni risarcitorie.
Una domenica come quella odierna, invece, è l'ideale per riordinare le proprie cose.
Una sistemata ai cassetti, un ripasso delle scadenze fiscali (per cercare di evitare di subire, oltre al danno delle tasse, anche la beffa della sanzione per il ritardo) e un buon libro, seguito dalla visione di un vecchio film.
Una giornata di totale riposo, pensando che, salute permettendo, fra qualche tempo, quando ci avranno forzatamente mandato in (pre)pensionamento, potremo permettercelo tutti i giorni.


sabato 7 giugno 2014

Cinquanta anni dopo

Il 7 giugno 1964 il Bologna vinse il suo settimo (ottavo) scudetto.
Avevo sette anni e mezzo e ricordo ancora quella giornata trascorsa prima nell'attesa, poi nel difficoltoso ascolto da una radiolina, assieme ai miei amici di infanzia, sdraiati sul campetto da noi utilizzato a rettangolo di calcio e che oggi è diventato, per l'assenza di bambini che lo calpestassero, un bel prato con imponenti alberi.
Fogli (alcuni sostengono autogoal di facchetti) e Nielsen.
Un due a zero "all'inglese" e il Bologna del Presidentissimo Renato Dall'ara, morto solo quattro giorni prima per un infarto durante una lite in Federazione con il presidente dell'Inter Moratti, divenne Campione d'Italia nell'unico spareggio mai effettuato (campionato a girone unico, per i puristi ...).
Quanti ricordi !
Uno di noi che si presentò con un calzettone blu ed uno rosso: l'unica volta in cui rimpiansi di non avere indumenti di colore rosso (come noto sono anticomunista dalla nascita e il rosso mi provoca l'orticaria ...).
La sofferenza e la gioia che non si può tradurre in parole, lasciando alla immaginazione di chi legge ogni interpretazione di come poteva essere il sentimento di un bambino di sette anni davanti a tale evento e di come può ricordarsene un tifoso di cinquantasette che non ha mai più visto vincere uno scudetto al Bologna.
I tifosi di Juventus, Inter, Milan, non possono sicuramente capire cosa significa per noi il 7 giugno 1964.
Per noi che c'eravamo, per noi che, allora, già seguivamo il Bologna anche allo stadio, per noi che il calcio era una impresa da affrontare con la massima serietà e impegno in quelle serate d'estate, nel prato sotto casa, adibito a campo di gioco.
Ricordare come eravamo ha sempre quel pizzico di piacevole commozione che ci porta comunque a sorridere, anche se questa celebrazione coincide con la quarta retrocessione del Bologna in serie B.
Ma quel che ci fu donato il 7 giugno 1964, nessuno potrà mai togliercelo e resterà sempre nella nostra memoria e nel nostro cuore.



Il Bologna Campione:
Negri, Furlanis, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli, Perani, Bulgarelli, Nielsen, Haller, Capra (formazione dello spareggio), ma non si possono dimenticare Ezio Pascutti, il grande e tutte le "riserve" a cominciare da Rado, Cimpiel, Lorenzini e l'allenatore, Fulvio "Fuffo" Bernardini.

domenica 1 giugno 2014

Fuori il programma

Non tutti sanno che (no, non è un rubrica de La settimana enigmistica ...) mi piace ascoltare la radio.
Un ascolto facile quando si guida, si legge, si lavora.
Nel tempo ho dotato ogni stanza a Bologna e in montagna di una radio, recuperando tutte quelle che avevo e rimettendole, per quanto possibile, in funzione e poi acquistandone altre.
Tutte collegate su Radio Uno.
Così ho la possibilità di ascoltare programmi di intrattenimento, di informazione, musicali fino ai programmi religiosi dei protestanti (alle 7,30 del mattino della domenica) e dei cattolici (alle 11 circa sempre della domenica).
Non tutti i programmi mi interessano, ma visto che li ascolto mentre svolgo altre attività passano senza lasciare il segno e, comunque, è mia opinione che qualche spunto interessante lo possa fornire chiunque, quindi anche il più sciocco dei programmi.
Avevo apprezzato la decisione di iniziare la giornata, alle sei del mattino, con l'Inno Nazionale.
Il nostro non è un bell'inno, ma è il NOSTRO inno.
Giovanni Allevi lo aveva reso più marziale, ma adesso viene suonato quello dell'Orchestra di Berlino diretta da Abbado che lo ha reso una marcetta per marionette.
La nuova stagione, la nuova gestione della radio non mi piace sin dall'inno.
Avevano introdotto una interessante trasmissione di informazione dalle cinque alle nove del mattino "Prima di tutto" che aveva sostituito l'urlante "Istruzioni per l'uso" della Falcetti ed altre chiacchierate inutili,
Ma, prima, hanno occupato la prima ora solo con la musica chiamandola "Anteprima di tutto" e adesso hanno ridotto pure di mezz'ora la chiusura per fare spazio a Fiorello e Baldini.
Non ho una grande conoscenza di Fiorello non avendolo mai ascoltato in radio prima d'ora e non partecipando ai cinguettii su Twitter.
Da quel che leggevo sembrava di aver a che fare con un mezzo genio dell'intrattenimento e gli "ah!" e gli "oh!" di ammirazione si sprecavano, quindi mi aspettavo qualcosa di più ... del nulla che viene prodotto, con i nostri soldi.
E con ripetute repliche, financo al sabato e alla domenica.
Una chiassosa, inconcludente e a tratti anche volgare esibizione di chi non ha nulla da dire al mondo.
Un dileggio, non certo satira o ironia, maramaldeggiante su ex potenti ormai già in ginocchio, quando non nella polvere.
Solo carezze, invece, verso chi, potente, lo è ancora o lo è ora diventato.
Tutto il contrario di una vera satira.
La nuova direzione di radiouno completa così la sua distruzione della programmazione rai che già in aprile aveva evidenziato la cancellazione di quello che, a mio parere, era il miglior programma della radio, Con parole mie di Umberto Broccoli, sostituito dall'ennesimo chiassoso programma musicale che già nel nome ne è una perfetta rappresentazione: King Kong.
Non metto in dubbio che qualcuno ascolti il programma dello scimmione e, magari, ne tragga gradimento, come non metto in dubbio e non vorrei mai togliere il piacere dei maramaldeggiamenti di Fiorello, ma la radio, come la televisione, è pagata con i soldi di tutti.
E allora mi domando se non sarebbe meglio privatizzare integralmente la Rai (radio e televisione) così che ognuno possa, pagando un abbonamento ad una emittente privata, scegliere di contribuire a ciò che preferisce, senza impedire al prossimo di ricevere altrettanto.
Però a sue spese esclusive.