venerdì 31 dicembre 2010

compleanno Max e...ciao 2010!


Auguri a Max, che nomino mio avvocato ufficiale (vedi sua brillante difesa in commento precedente post), e ciao ai ragazzi tutti, come da tradizione, visto che questo rito del 31.12 si perpetua da alcuni anni ormai...
Domani il blog è vostro e, Max, ricordati che per il 2011 dobbiamo inserire Claudio e Roberto nell' agenda auguri....
Buon Compleanno!!!
Buona fine
Buon principio
BUON ANNO a tutti!

domenica 26 dicembre 2010

L’ amore non svanisce mai. (Charles Peguy)



E’ il primo Natale senza la mia adorata Nonna, che ho avuto la straordinaria fortuna di avere, lucida e vivace sino alla fine, per ben 53 anni.
Credo di avervene parlato spesso, perché è stata veramente una Donna speciale .
Ha attraversato due guerre, ha avuto cinque figli e altrettanti nipoti, alcuni di loro li ha persi: anche per questo forse nei suoi ultimi giorni ripeteva sconsolata che, da lassù, si erano dimenticati di lei e che lei era stanca di vivere. Una volta, alla fine, le ho chiesto se diceva per davvero, se davvero voleva non vedere più la mia “bella faccia”, locuzione che spesso, con occhi vivacissimi e orgogliosi, aveva occasione di ripetere ( mi pare di avervelo già detto…) Lei ci ha pensato su un po’ e combattuta se dirmi il vero o indorarmi la pillola, alla fine ha optato per una via di mezzo: “Mi dispiace non vedere più la tua bella faccia, ma adesso sono davvero stanca”.
Soltanto in quel preciso momento, ora lo so per certo, ho cominciato ad accettare il pensiero di lasciarla andare.
Nella sua ultima mattina in vita (era di sabato e io avrei avuto quattro ore a scuola), mi sono presentata a lei alle sette del mattino dicendole: “Ciao, Nonnina amata. Adesso sto un po’ qui con te”. Lei mi ha guardato con sospetto: “E la scuola?”
Quattro ore dopo moriva, e io le tenevo la mano.

“La morte non è niente,
io sono solo andata nella stanza accanto.
Io sono io.Voi siete voi.
Ciò che ero per voi lo sono sempre.
Datemi il nome che mi avete sempre dato.
Parlatemi come mi avete sempre parlato.
Non usate un tono diverso.
Non abbiate un’aria solenne o triste.
Continuate a ridere di ciò che ci faceva
ridere insieme.
Sorridete, pensate a me, pregate per me.
Che il mio nome sia pronunciato in casa
come lo è sempre stato.
Senza alcuna enfasi, senza alcuna ombra
di tristezza.
La vita ha il significato di sempre.
Il filo non si è spezzato.
Perché dovrei essere fuori dai vostri pensieri?
Semplicemente perché sono fuori dalla
vostra vista?
Io non sono lontana,
sono solo dall’altro lato del cammino.”

La mia Nonna ha cominciato a camminare dall’ altro lato all’ inizio del 2010 e prima che questo anno finisse, volevo dedicarle questa poesia, ma anche farla leggere a Voi, amici del blog, perchè penso sia molto bella....

venerdì 24 dicembre 2010

Buon Natale !

Come diceva in una vecchia (ma non così tanto ...) pubblicità Renato Pozzetto "il Natale quando arriva, arriva".
Spesso è un obbligo sociale fare gli auguri, in questo caso, in questo blog è un piacere cui mi dedico volentieri.
E poichè una punta polemica (che è poi il sale della vita) non guasta neppure in questa circostanza, sottolineo che gli auguri sono di Buon Natale (rimandando fra una settimana quelli di Buon 2011) e non con l'ecumenico "buone feste", così "politicamente corretto", ma anche così estraneo alla nostra Tradizione e alle nostre Radici.
Buon Natale, vecchi (ma non così tanto ...) ragazzi della III F !

lunedì 6 dicembre 2010

Un altro anno è passato ---

... da quando, l'oggi del 2009, augurammo in coro "buon compleanno" a Valeria.
L'augurio, di cuore, è rinnovato hic et nunc, ma fra sette giorni potrà essere presentato ... di persona.

Buon compleanno, Valeria.

giovedì 25 novembre 2010

la via dove abito

Accolgo l'invito di Valeria a ripubblicare ill post, con le dovute modifiche.
Chiedo però a Massimo di dirmi se secondo lui va bene o è meglio lasciar perdere e cancellarlo nuovamente (e, questa volta, definitivamente)
Forse non vi ho mai detto che abito in Via P. Alburgo, mio nonno, una strada che tra l’altro è privata ed in parte di mia proprietà (ovviamente con tutti i diritti di passaggio, servitù, ecc., ma non è strada pubblica).
Ed il fatto più notevole è che quando il Comune decise di intitolare una strada a mio nonno fu casualmente scelta proprio quella in cui abitavo !!!
Ma questa dedica, che ha reso giustamente felice ed orgogliosa la mia famiglia (e soprattutto mio padre) ci ha procurato anche alcuni grattacapi e vere e proprie arrabbiature.

Vicenda n.1:
già pochi giorni dopo che avevamo fatto tutte le necessaria modifiche d’indirizzo alle varie utenze, documenti, domiciliazioni di bollette, ecc. ci arrivava posta all’indirizzo di Via P. Amedeo, non Alburgo. Questo Amedeo è uno degli aviatori trucidati in Katanga durante la famosa crisi del 1962 ed a lui è dedicata una strada a Bologna, nei pressi di Porta Lame.
Per cambiare questa intestazione, per fare cioè presente che il P. del mio paese è Alburgo, non Amedeo, abbiamo subito scritto al Comune pensando di poter risolvere la cosa in tempi brevi, ma ne è nata un’odissea dal sapore kafkiano che non è ancora del tutto conclusa.
Per farla breve, non siamo riusciti a scoprire come mai a tutti gli Enti, aziende, persone che cercano il nostro indirizzo salti fuori automaticamente questo Amedeo.
Per risolvere la cosa siamo stati costretti a scrivere a tutti gli enti o aziende che ci inviano della corrispondenza (gestori delle varie utenze, posta, banca, gestori delle carte di credito, editori delle riviste a cui siamo abbonati) per scrivere espressamente che ci mandino la posta in Via Alburgo P. ma, come abbiamo appreso, tutti gli altri abitanti di questa strada ricevono la loro posta con l’indicazione Via Amedeo P. (tanto a loro non interessa).
Io mi sono fatto la convinzione che esiste una specie di anagrafe nazionale delle persone a cui sono dedicate le strade, ai cui attingono tutti i vari utenti interessati per ricavare gli indirizzi per la propria corrispondenza. Tutti mi hanno detto che non esiste nulla di tutto ciò, ma io sono convinato del contrario: è una specie di “grande fratello orwelliano” (da non confondere con quello di Mediaset) introvabile, inaccessibile, ma che comunque c’è e controlla tutto l’indirizzario nazionale: se non riuscirò ad accedere a lui per dirgli di aggiungere ai nomi anche quello di mio nonno, la posta continuerà ad arrivare col nome di Amedeo

Vicenda n.2:
Lo scorso maggio eravamo a Cesenatico per una vacanza di pochi giorni quando ci telefona mio fratello: “hanno cambiato il nome della strada: ora è dedicata a P. Augusto, partigiano”. La notizia ha dell’incredibile, ma è vera, come appuriamo dopo essere tornati precipitosamente a casa. Mio padre è fuori di sé dalla rabbia: consultiamo subito in internet le delibere consiliari (necessarie per legge, per cambiare il nome ad una strada o per dedicarla ex-novo): non troviamo nulla; contattiamo un avvocato ed infine parliamo col capogruppo dell’opposizione in Consiglio Comunale, che interpella subito il sindaco, il quale telefona subito a mio padre scusandosi e dicendo che è stato tutto un deprecabile errore: fa subito rimuovere la nuova targa e fa di nuovo ripristinare quella vecchia, che viene però rimessa a posto solo dopo 2-3 mesi (segno evidente che la vecchia targa col nome di mio nonno era stata buttata via e hanno quindi dovuto stamparne una nuova).
Tutto è quindi finito per il meglio, ma è rimasta l’amarezza: come è potuta accadere una cosa del genere? Facendo delle indagini con l’aiuto del citato consigliere dell’opposizione abbiamo scoperto che si trattato dell’iniziativa individuale dell’assessore all’urbanistica, iniziativa di cui il sindaco ha giurato e spergiurato di essere stato all’oscuro.
Ma come è stato possibile tutto ciò senza che il sindaco lo sapesse e soprattutto, come è stato possibile cambiare nome ad una strada senza uno straccio di delibera, in un modo così palesemente irregolare?
C’era tutti gli estremi per una denuncia o per lo meno per un bell’articolo sul giornale (stavamo già per contattare un giornalista del Carlino ns.conoscente) che mettesse alla gogna l’operato del Comune, ma per quieto vivere abbiamo lasciato perdere.
L’amarezza, però, rimane

lunedì 22 novembre 2010

Il collage che ha per tessere gli anni



A seguito del precedente post di Massimo P., vado a ripescarne uno che avevo abbozzato, poi archiviato senza pubblicare (era da poco venuta a mancare la mia Nonna ed evidentemente non avevo voglia di “comunicare”).
Ve lo ripropongo (con piccolissime modifiche), visto che io, alla celebrazione dei 150, C'ERO!
Riporto testualmente da un Carlino del gennaio 2010: “INIZIATIVE CELEBRATIVE dei 150 anni di attività del Liceo “Galvani. In occasione dell’anniversario del decreto Farini – dato in Modena il 12 febbraio 1860 e valido per le province dell’Emilia-Romagna- istitutivo di Regi Licei sul modello piemontese, il 12 febbraio 2010 si apriranno ufficialmente le celebrazioni del 150°” del nostro amatissimo Liceo.
In particolare, tra le altre, riporto la notizia, a me particolarmente cara,del
“ PREMIO DI POESIA MIRELLA B. Il 26 febbraio prossimo, alle ore 15.30, nella biblioteca Zambeccari avrà luogo un evento che ricorda la figura di Mirella Benassi e il premio a lei intitolato: “IL COLLAGE CHE HA PER TESSERE GLI ANNI”
Attori e studenti leggeranno i testi vincitori del premio e le poesie di Mirella Benassi, già studentessa e insegnante del Liceo e poi affermata poetessa.
Con la partecipazione di Matteo Belli, Gabriele Marchesini e gli allievi del laboratorio teatrale degli anni 2004 – 2007, tutti già studenti del Galvani”.
Mirella è mia cugina e, in effetti, posso vantare il fatto che un pomeriggio intero delle varie iniziative celebrative sia stato dedicato a lei, prima studentessa e poi prof. del Galvani... Di quattro anni più anziana di me, era della sezione D (tra i suoi proff ricordo i nomi di Pazzaglia e Silvestri, o almeno così mi pare): purtroppo se ne è andata qualche anno fa…ma diciamo che, a differenza della cugina minore, ha lasciato un segno, il segno delle sue poesie, alcune molto belle.

A dire la verità, ogni anno lo varco, il "nostro" portone , perché il Galvani ha istituito un premio “stabile” dedicato a Lei, in occasione del quale vengono selezionate le poesie e i racconti migliori, scritti nel corso dell’ anno dagli attuali studenti. La cerimonia, orgogliosamente presenziata dal Preside di turno, è sempre nel più puro stile pomposo e retrò, con pergamene ai vincitori, musiche in sottofondo e attori che declamano le opere vittoriose. Per i 150 anni il tutto è stato elevato all’ ennesima potenza…
Sapete che ho l’ idea che ad istituire tale premio sia stato proprio Denot? Mia cugina fu infatti “prof.” al Galvani nel suo periodo di Presidenza e tra i due si instaurò un rapporto di correttezza e stima, nonostante la pregressa esperienza tra me e lui (credo che mia cugina, consigliata da me, abbia a lungo occultato a Denot la nostra parentela )…La vita gioca a volte strani scherzi! Da una studentessa svogliata e disattenta passò ad una Prof. poetessa: chissà se, indirettamente, per il tramite di mia Cousin, Denot mi abbia mai rivalutata! Intimamente (e del tutto arbitrariamente) mi piace pensare di sì…

Tornando al tema lanciato da Massimo, quante volte, in questi anni, mi sono rammaricata del fatto che, ai nostri tempi, non ci fosse nulla di tutto ciò! E che anche ora, nella mia scuola ad es., ma penso in quasi tutte le scuole, simili celebrazioni o premi manchino del tutto…In effetti trovo un’ aberrazione del 68 e del post 68 l’ aver eliminato dalla scena la “Forma”. La forma non è sempre sostanza, ma è anche vero che senza forma la sostanza sembra meno sostanza ( e su questo concetto chiedo un intervento illuminante del discepolo prediletto di Denot , ovviamente Roberto…) La forma in fondo è “regola” e le regole sono il pane dell’ esistenza: senza regole e senza forma si apre il varco al degrado, nei suoi molteplici aspetti…

Quanto al titolo di questo post , mutuato dal Premio di cui sopra, non trovate che potrebbe essere un titolo giusto per il corposo articolo (con foto) che prima o poi pubblicheremo sul “nostro” giornale bolognese, a proposito della mitica IIIF e del nostro blog?

domenica 21 novembre 2010

150 anni del Galvani

Per puro caso ho letto su Carlino Bologna (da anni leggo solo la cronaca di Modena) un articolo sulle celebrazioni dei 150 anni di storia del Galvani.
Celebrazioni in pompa magna, con tanto di discorsi in S.Lucia, buffet, intervento di rappresentanze diplomatiche straniere e persino un concerto di musica classica.
Poi mi è venuto in mente di guardare in internet: ho scoperto che anche il Galvani ha un suo sito, nel quale ho trovato il programma delle celebrazioni.
Una celebrazione del genere, ai ns. cupi tempi post-sessantotteschi (ma si potrebbero definire sessantotteschi tout-court: l'anno 1968 rappresentò semplicemente l'inizio d'un periodo, non la sua fine) sarebbe stata del tutto inconcepibile.
O mi sbaglio ?

domenica 7 novembre 2010

alla ricerca di E.T.

Avevo preparato questo post prima di leggere quello di Massimo. Mi dispiace se questo nuovo post si sovrappone e, in un certo qual modo, oscura quello precedente.


Noi del 1956 siamo nati con l’era spaziale (anzi, a dire il vero, siamo anche un po’ più anziani: ad.es.quando fu lanciato lo sputnik 1 il sottoscritto aveva ben un anno e nove mesi !!) ; possiamo dire di aver vissuto in diretta pressoché tutte le tappe della conquista dello spazio, fin dal primo volo di Gagarin ed avevamo solo 13 anni quando l’uomo posò il primo piede sulla Luna.

In quegli anni favolosi per uno della nostra generazione era logico pensare di riuscire a vedere, nell’arco della propria vita, lo sbarco dell’uomo su altri corpi celesti (in primis Marte), la creazione di basi permanenti sulla Luna ed anche, sicuramente, la possibilità di farsi qualche viaggetto spaziale, da turista, perlomeno in orbita terrestre.

Purtroppo le cose sono andate ben diversamente ed al giorno d’oggi ormai ho perso tutte le speranze di riuscire a vedere non solo lo sbarco umano su Marte, ma anche il ritorno dell’uomo sulla Luna.

Ma c’è una cosa, invece, che ritenevo non possibile nell’arco temporale della nostra vita e che invece potrebbe realizzarsi: la scoperta di nuovi mondi abitati.

Appurato, da molti anni, che gli altri corpi del sistema solare non ospitano forme di vita superiori, l’attenzione degli esobiologi si è rivolta verso i pianeti orbitanti attorno ad altre stelle (i c.d. esopianeti).

Per tanti anni la comunità scientifica ha ritenuto impossibile scoprire direttamente gli esopianieti (troppo lontani, troppo piccoli, troppo poco luminosi rispetto al loro sole), in quanto esistevano dei limiti imposti dalle leggi della fisica, che facevano ritenere pressoché impossibile riuscire a costruire telescopi sufficientemente grandi e potenti per poter vedere così lontano: parliamo naturalmente dei telescopi “basati a terra” (orrendo anglicismo che traduce alla lettera l’espressione anglosassone “ground based”), perché per quelli nello spazio i limiti teorici imposti dall’atmosfera terrestre non esistono.

Ma gli scienziati non facevano i conti con il progresso più vero e grande (e veramente inimmaginabile solo una trentina d’anni fa) che abbiamo avuto negli ultimi 2-3 decenni: quello delle tecnologie legate all’informatica ed alla miniaturizzazione.

Noi siamo nati e cresciuti, fino alla ns.completa maturità, nella convinzione che il grande 5 metri di Monte Palomar, inaugurato nel 1947, fosse il limite assoluto per un telescopio: i tecnici e gli scienziati dicevano che era impossibile costruirne uno più grande: non ne avevamo la tecnologia ed anche se l’avessimo avuta, l’aberrazione cromatica avrebbe vanificato i nostri sforzi (ed è effettivamente quanto successo col fallimentare 6 metri di Zelenkchushkaya, che i sovietici realizzarono nel 1976).

Ma le attuali, incredibili tecnologie stanno facendo il miracolo: dalla fine degli anni ’90 sono stati costruiti telescopi di 9-10-11 metri, con specchi sottilissimi lavorati con una precisione di pochi angstrom (!!), con specchi multipli come quelli dell’occhio di una mosca, con specchi che vengono deformati, piegati, incurvati di quelle poche decine di angstrom necessarie per combattere l’aberrazione della luce, tramite macchinari che fanno loro cambiare posizione anche per 1000 (mille) volte al secondo (!!!), regolati da sofisticati computer.

Ed ecco che dalla fine degli anni ’90 ad oggi sono stati scoperti più di 700 esopianeti ed ormai il ritmo della scoperta è quasi di un esopianeta al giorno (!!!!!).

Per ora gli esopianeti scoperti sono ancora abbastanza grandi, delle dimensioni di Giove o poco meno, oppure anche più piccoli, ma troppo vicini al loro sole e comunque inadatti ad ospitare la vita.

Ma proprio in questi giorni ho letto un articolo che parla che parla della prossima generazione di telescopi “ground based”, denominati ELT (extremely large telescopes): se ne stanno realizzando tre, di 24 – 30 ed addirittura 42 mesi (quello europeo), la cui messa in funzione è prevista prima del 2020.

Con questi telescopi, e soprattutto col 42 metri, potranno non solo essere visti agevolmente degli esopianeti di massa terrestre, ma si potrà con ogni probabilita’ anche rilevare il loro spettro e questo vuol dire che si potrà capire se stanno ospitando forme di vita o no: se, per esempio, sarà rilevato l’ossigeno biatomico O2, che può essere prodotto esclusivamente dagli esseri viventi, sapremo con certezza che su quel pianeta ci sono forme di vita. Già questo sarebbe un successo straordinario, ma da qui a riuscire a scoprire eventuali civiltà evolute non sarebbe poi così difficile, visto che finalmente sapremo dove cercare (per spiegarmi meglio faccio l’esempio del progetto SETI, col quale si cerca di captare segnali radio emessi da un’eventuale civiltà aliena: fino ad oggi il problema principale è che non si sa dove cercare; bisogna scandagliare a casaccio l’immensità dell’universo ed è come cercare un ago in un pagliaio, ma quando sapremo dove puntare con precisione i nostri radiotelescopi la situazione sarà ben diversa).

Insomma, probabilmente non riusciremo a vedere uomini su Marte e neanche sulla Luna, ma l’immagine di un bell’omino verde con antennine e naso a trombetta forse sì.

sabato 6 novembre 2010

Black out:storie di ordinaria incompetenza

Solo mercoldì 3 novembre il mio computer di casa è tornato ad essere collegato con il mondo da un ormai lontano (per i tempi di oggi) venerdì 22 ottobre.
In quella mattinata, stavo per partire per un fine settimana in montagna e mi collegai per guardare la posta.
Spengo tutto, parto e ritorno domenica sera, 24 ottobre.
Poco prima di cena accendo per guardare nuovamente la posta e ... nonostante un'ora di attesa nessun collegamento con la rete era possibile.
Telefono all'assistenza e ascolto un disco preregistato che mi informa di un guasto sulla rete già noto ai tecnici e in corso di "rapida" sistemazione.
24 ore dopo, stesso disco che mi assicurava circa la "rapida" sistemazione.
Il martedì sera (26 ottobre) non c'è più il disco, ma non ho ancora la connessione, così riesco a parlare con una operatrice che, dopo una serie infinita di "allora ... allora ... allora ..." mi dice che "non c'è segnale dal portante" frase misteriosa che mi ha fatto immaginare ad uno schiavo numida che trascina con fatica i cavi telefonici per cercare di lanciare un disperato segnale di aiuto.
In ogni caso la gentile operatrice aggiunge che "il mio capo" ha detto di aprire una chiamata di guasto.
Entro due giorni, conclude, le arriverà un sms con la comunicazione di guasto riparato.
Passano i due giorni e giovedì 28 ottobre sono ancora senza linea, così torno a telefonare e mi risponde un'altra operatrice, molto più sbrigativa, che mi dice che loro sono a posto e che il problema è solo mio: cavo ethernet, scheda computer o modem, quindi mi devo arrangiare.
Il venerdì mattina riparto per la montagna da dove ritorno il pomeriggio dell'1 novembre, lunedì.
Ovviamente ancora nessuna linea.
Il martedì 2 chiamo un amico tecnico dei computer che si rende disponibile a venire a casa per guardare cosa succede ma mi consiglia di riprovare con l'assistenza per avere la conferma che la linea arrivi al computer.
Così faccio e parlo con un terzo operatore il quale, bontà sua, perde un po' più di tempo, mi toglie la linea telefonica per una decina di minuti per effettuare le sue prove e, quindi, mi richiama, per dirmi che effettivamente non arriva il segnale dalla centrale, anche se apparentemente tutto è a posto (balbettio incomprensibile per difendere l'operato della collega, che ho così interpretato).
Mi dice che deve aprire una chiamata di guasto e quando lo informo per dirgli che era già stata aperta una settimana prima, nega di rilevare alcunchè a terminale: la prima operatrice non aveva provveduto e la seconda si era fermata alla prima tappa (altro balbettio per tentare una improbabile difesa della prima collega).
Tre giorni lavorativi e sarà tutto a posto, previo abituale sms.
Il 3 novembre pomeriggio ricevo una telefonata – lo vedo dalle chiamate non risposte perchè ero in riunione con il cellulare spento – e quando torno a casa ... miracolo ! Sono di nuovo collegato con il mondo.
Quasi contemporaneamte apprendo della vicenda di una amica cui viene rubato il cellulare.
Telefona (la compagnia è diversa da quella con la quale ho vissuto la mia odissea) e le dicono che il numero risulta intestato ad un'altra persona, comunque lo bloccano ugualmente.
Come, chiede, lo blocacte lo stesso, così c'è un'altra persona che è impossibilitata a telefonare.
Mi dispiace, le rispondono, ma queste sono le disposizioni.
Così se vogliamo fare uno scherzo a qualcuno, possiamo telefonare per dichiarare lo smarrimento del cellulare, dare il suo numero e farglielo bloccare ...
Questa mia amica non si fida e si reca personalmente nel negozio della società dove le suggeriscono di insistere a chiamare, finchè non trova un operatore che le dirà che si può recuperare numero e crediti (?!?).
Così fa e così accade.
Un operatore le dice di mandare "due righe" e alla domanda se occorre un modulo particolare, si sente rispondere negativamente.
Due giorni dopo riceve una e-mail con la quale le richiedono ... la privacy sul loro modulo.
Passano altri quattro giorni e, non ricevendo alcuna comunicazione, telefona per sapere a che punto è la pratica.
Tutto riattivato, le dicono e alla sua domanda "perchè non mi avete avvertito" le rispondono candidamente "ma le abbiamo mandato un sms".
Peccato che l'avessero inviato al numero appena riattivato di cui la mia amica doveva ancora recuperare la sim ...
Morale ?
Siamo nell'epoca delle specializzazioni.
Ne sono convinto, anche nel mio lavoro si richiede competenza specialistica e per questo si è suddivisi in vari settori ed ognuno approfondisce una parte del tutto.
Bene, siamo nell'epoca degli specialisti, ma chi dovrebbe risolvere problemi, tutto sommati, solo tecnici, non sembra tanto tale.
Uno competente su tre mi sembra una percentuale bassissima, a livello di inefficienza, per chi dovrebbe rispondere con prontezza alle esigenze dei clienti.
Se poi pensiamo alla storia del blocco del numero di cellulare pur intestato (apparentemente) ad altra persona e all'sms inviato quando il cliente non aveva ancora la nuova sim, possiamo anche comprendere il perchè la produttività in Italia lasci molto a desiderare.
Nel caso specifico un paio di consigli:
non siate "buoni" e fiduciosi, ma annotate sempre il nome dell'operatore e il numero della chiamata (se non altro quando venite a sapere che non ha fatto nulla per voi, almeno potete reclamare individuando il colpevole) e poi non aspettate i tempi che dicono loro, ma "rompete" anche due volte al giorno.
Solo così, pur di togliervi di mezzo, si daranno da fare per soddisfare le vostre esigenze.
E adesso, sotto con la nuova automobile.
Sì, purtroppo, dopo quasi 18 anni la mia Golf non ce la fa più e il costo per vedere cos'ha è troppo alto per una macchina di quella età, così ho cominciato a guardarmi intorno e anche qui non mancano le sorprese ...

giovedì 7 ottobre 2010

Come siamo (diventati)

Ecco il minacciato post.
Riflessioni in libertà (e con grande affetto) su come baldi adolescenti si ritrovano oggi allegri cinquantenari ...

I recenti commenti di Valeria al post del mio omonimo sul 1° ottobre e alcuni colloqui con Roberto, mi hanno indotto ad una riflessione su “come siamo”.
Rectius: come siamo ... diventati.
Certo, qui scriviamo in cinque, anche se dal contatore degli accessi desumo che questo blog venga regolarmente aperto anche da qualcuno che non si palesa, quindi rappresentiamo un microcosmo del nostro microcosmo di cinquantenari, per cui siamo necessariamente un campione limitato.
Ma credo che quelle caratteristiche che erano appena accennate nei noi stessi di 40 anni fa, oggi siano state accentuate ma (veltronianamente …) anche ribaltate e in questo le esperienze hanno avuto una incidenza determinante.
Massimo P. è sempre stato persona affidabile, taciturna, riflessiva.
Infatti trovava la sua apoteosi nei temi in cui riusciva ad esprimere quelle riflessioni, talvolta amare, che lo caratterizzavano.
Oggi dai suoi post emerge che in lui ha prevalso l'anima leopardiana, un forte disincanto, un realismo spietato e, consentitemi una divagazione leggera, gli pesa la disillusione di quel 1982 quando gli crollarono addosso certezze decennali con la retrocessione, la prima della storia (poi ne seguirono purtroppo altre e peggiori), del nostro Bologna.
Claudio potenzialmente aveva le stesse caratteristiche, pur se meno accentuate, di Massimo P, ma ha avuto un percorso differente.
Si è dedicato alla conoscenza diretta del mondo, si è divertito (una volta si sarebbe detto “ha saltato la cavallina), ora lavora nel solco della tradizione paterna e mi sembra gratificato da quel che fa, se non – forse: non mi permetterei mai di fare i conti in tasca agli altri ! – sul piano economico, almeno su quello professionale.
Roberto è l’unico tra noi che abbia figli ... e si vede !
Non è più completamente il Roberto che conoscemmo, spensierato, un po’sbruffone, “animale” (absit iniuria verbis:-) da compagnia.
La responsabilità della paternità si tocca con mano nel “non possum” che pronuncia spesso alla domenica quando gli propongo di guardare la partita assieme, ma rimane di lui l’ambizione culturale (noterai, Roberto, che ho appellato “culturale” e non “intellettuale” che, come noto, io ritengo termine dispregiativo) , quella che gli fece estrapolare la famosa frase sul “conformismo ribellistico esteriorizzato con monotona pervicacia dalle varie gradazioni antiborghesi del nostrano estremismo populista” che, come vedete, ho imparato a memoria tanto è affascinante nella sua totale inconsistenza ... :-)
Tra tutti Roberto è però anche l’unico afflitto da berlusconite acute e si rovina le giornate (e il fegato ...) tutte le volte in cui apre il giornale e immancabilmente legge il nome o vede una fotografia del nostro Presidente preferito (coraggio, fra una ventina d'anni Silvio Nostro passerà la mano … alla figlia Marina ... :-).
Infine Valeria, last but non least direbbero gli Inglesi.
A differenza degli altri citati non la vedo da anni, per cui solo dai suoi scritti ritrovo la Valeria allegra e ottimista della nostra adolescenza, oggi donna soddisfatta e convinta del suo ruolo nella società e probabilmente insegnante severa e premurosa.
Con, però, alcuni ... feticci (mi consenta, Prof ... :-) che la istituzionalizzano, come peraltro deve essere per una persona chiamata a trasmettere cultura e che sono rappresentati da un eccesso di sudditanza verso norme scritte, a volte anche in altre epoche e quindi non più attuali e verso certa vulgata storica che in troppi, anche pro bono pacis, accreditano come unica verità possibile.
Ma resta, inequivocabilmente la First Lady del nostro blog.
So che Valeria, a questo punto, dirà: “e tu”?
Io, no.
Io sono l’autore del post, colui che osserva e racconta ... :-)))

sabato 2 ottobre 2010

1 ottobre 2010: primo giorno di scuola

Oggi 1 ottobre: primo giorno di scuola.

Me lo ha fatto ricordare stamattina una collega, di quasi 10 anni più giovane di me: “ti ricordi quando le scuole cominciavano il primo ottobre ?”

La stessa collega lo ha chiesto anche a tutti gli altri impiegati della filiale, che come età potrebbero essere tranquillamente miei figli: nessuno ha iniziato ad andare a scuola il primo ottobre ed alcuni addirittura non sapevano neanche che una volta s’iniziasse in ottobre.

E’ l’ennesima prova dell’inesorabile trascorrere del tempo.

Tanto per fare un esempio, non passerà molto tempo,vedrete, che la maggior parte delle persone non saprà nemmeno cosa fossero le lire e la guerra fredda e il muro di Berlino saranno conosciuti soltanto grazie ai libri di storia.

Leggevo qualche anno fa, su un libro dedicato alla storia dell’abbattimento delle mura di Bologna, un accorato articolo scritto nel 1929 da Riccardo Bacchelli, in cui il celebre scrittore si lamentava che erano ormai poche le persone che si ricordavano di quando le mura erano ancora in piedi.

Tempus fugit.

domenica 5 settembre 2010

Liberi di punirli

Domenica di riposo (calcistico) ed ecco che propongo una mia riflessione, scritta per il mio blog su Bologna, su quegli sozzoni che imbrattano i muri della nostra città, appena ripuliti.
Se presi (cosa molto difficile, perchè è impossibile controllare ovunque e, come tutti i vigliacchi delinquenti, agiscono nell'ombra) non si fanno neppure due notti in gabbia.
Al mattino io cammino per via Drapperie, Marchesana, Orefici e dintorni.
Strade che sarebbero piacevolissime, quando la Bologna che produce si risveglia, le attività che riprendono, le battute tra i commercianti, il solito caffè nel solito bar ...
Ad agosto i muri erano puliti ed era un "plus" del piacere che si prova a camminare per Bologna.
Da qualche giorno sono ricomparse le prime sozzerie.
Per ora mi limito a questo, ma ci sarebbe molto da dire anche su quelli che importunano i passanti chiedendo in continuazione soldi.
E per lo più sono giovani, che potrebbero ben darsi da fare e non bighellonare, sporchi, con cani pulciosi al seguito, facendo finta di essere "artisti" di strada per giustificare la loro fastidiosa e insistente richiesta ...



Una meritoria iniziativa de Il Resto del Carlino, raccolta dall'Ascom, dalla Carisbo e con l'appoggio del Commissario (a riprova che per amministrare una città basta solo la saggezza di evitare le ideologie e intervenire sulle concrete questioni di vivibilità della città) ha consentito nel giro di un paio di mesi, di ripulire i muri del centro cittadino, imbrattati da scritte e schizzi di vernice.
Prima di andare in vacanza a luglio, parcheggiando volutamente a dieci minuti dall'ufficio per potermi godere una camminata tra le strade della mia Bologna, vedevo ancora le vie centrali deturpate dalle bravate di qualche sozzone.
Al mio ritorno, in agosto, era un piacere aggiuntivo camminare tra muri e strade pulite (ancorchè sconnesse).
Purtroppo gli sozzoni devono essere tornati dalle loro vacanze e hanno ricominciato a imbrattare i muri, confidando nel fatto che è impossibile controllare ogni metro.
La loro è una sfida senza rischio alcuno.
Credo che, se presi, non facciano più di due giorni di prigione per essere poi rilasciati e, se va bene, multati.
Se va male, cioè se imbroccano un magistrato "progressista" che reputa le loro sozzerie "arte" allora neppure quelli.
E noi paghiamo.
Pagano i cittadini proprietari dei muri imbrattati, pagano le aziende che hanno aiutato a ripulire la città, pagano i bolognesi, due volte, perchè le loro tasse verranno in parte utilizzate per rifare un lavoro già realizzato e vanificato da quei delinquenti e una seconda volta perchè quei criminali deturpando la città la rendono meno vivibile.
Allora avrei una proposta.
Date una "licenza di punirli" alle Ronde che, per l'occasione, dovrebbero godere di una immunità dai loro atti per poter beccare e sanzionare esemplarmente i responsabili.
E' evidente che non si potrà essere sempre sul posto, ma credo che se la punizione fosse particolarmente dolorosa e rappresentativa, allora gli emuli ci penserebbero due volte prima di imbrattare i muri, a loro volta, con le loro sozzerie.
Ma è importante che mai, in nessun caso, tali "Giustizieri della Notte" siano perseguitati da una legge a senso unico che bastona gli onesti e salvaguarda i veri delinquenti.
Neppure nel caso in cui, potrebbe accadere, si eccedesse nella punizione.
Allora che facciamo ?
Concedete una licenza di punire ai cittadini organizzati o volete continuare a concedere agli sozzoni la licenza di imbrattare i muri ?

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sabato 14 agosto 2010

Buon Ferragosto

Ferragosto è una delle tre grandi festività religioso/mondane che scandiscono l'anno, insieme al Natale e alla Pasqua (circa l'importanza di Ferragosto in tal senso, rimando alla lettura del mio post scritto in occasione del Ferragosto 2009) e quindi auguro:

BUON FERRAGOSTO !!!

in blu, perchè il blu (l'azzurro) è il colore del Ferragosto, come il rosso lo è del Natale ed il giallo della Pasqua.

Scrivo questo post perchè lasciar passare Ferragosto senza augurare Buon Ferragosto è come lasciar passare Natale e Pasqua senza auguri.

E dal 16 bisognerà pensare già al Natale, così come, passate le feste natalizie, il pensiero va alla primavera (di cui la Pasqua rappresenta la grande festa) e passata la Pasqua si comincia a pensare alle ferie estive (rappresentate da Ferragosto)

Ormai i giorni si accorcioano velocemente, l'autunno si avvicina.

E poi oggi è stata una fantastica giornata di pieno autunno. Sembrava novembre !!

Mi sa che dal 16 comincerò a pensare ai regali di Natale.

lunedì 12 luglio 2010

Il calcio italiano sia ... ITALIANO

Come promesso (o minacciato ?) ecco che programmo la pubblicazione del mio post sul calcio.
Se blogspot funziona dovrebbe vedere la luce alle 18.30 di lunedì 12, quando sarò già al fresco naturale della montagna.
Dal cassetto ho tirato fuori altre 8 riflessioni che ho spalmato nel mio blog personale durante la mia assenza ... ma ve le risparmio :-).
Buona permanenza (sarò reperibile solo sul cellulare, internet non c'è o, almeno, non c'era fino a qualche mese fa ...).
M.



Il risultato dei campionati mondiali di calcio deve far riflettere.
Personalmente ritengo che Lippi abbia fatto il possibile, convocando i migliori e più meritevoli (sotto il profilo tecnico/tattico e comportamentale) giocatori Italiani.
E questo la dice lunga sulla crisi in cui si dibatte il nostro sport nazionale.
Il problema non è il commissario tecnico (che pure non è completamente esente da colpe, perchè pur con il materiale umano disponibile almeno il primo turno era alla nostra portata) o la convocazione di questo o quello e non deve neppure essere affrontato con la trasformazione della Nazionale in una squadra meticcia, orba dell'identità nazionale, come quella francese, dove i nove undicesimi sono estranei alla nazione francese, con i risultati (anche di ingiustificato ribellismo, pessimo esempio per la gioventù) che hanno mostrato al mondo.
La Federazione Giuoco Calcio deve invece agire sulle regole per aprire maggiori spazi ai calciatori italiani.
La Spagna ha portato ai mondiali sette calciatori del Barcellona e cinque del Real Madrid.
L’Italia nessuno dell’Inter vincitrice del campionato.
Per forza, l’Inter gioca con undici stranieri e nella sua rosa gli italiani si contano sulle dita di una mano: Materazzi (ma certi suoi atteggiamenti non mi sembrano da Nazionale), Toldo (un buon portiere che giocò in Nazionale finchè non divenne panchinaro all’Inter che gli preferisce un brasiliano), Santon (peraltro bloccato in infermeria nel momento topico) ... e non mi sovviene nessun altro.
Consentire ancora questa anomalia è un doppio errore.
In primo luogo perchè si fornisce ai giocatori stranieri un formidabile palcoscenico per crescere e migliorarsi, portando quindi vantaggi alle rispettive nazionali e danneggiando di pari passo quella italiana.
Mi viene in mente il caso dei portieri brasiliani, fino a 10-15 anni fa alquanto scadenti ma che, dopo la preziosissima (per lui e il suo Brasile, non certo per noi) esperienza italiana di Taffarel sono cresciuti ed oggi hanno due/tre elementi ad un livello di eccellenza (che giocano titolari nelle squadre italiane, guarda caso le prime tre classificate nel Campionato, togliendo spazio ai nostri giovani e danneggiando la nostra Nazionale).
Ma anche la possibilità che hanno difensori e attaccanti stranieri di confrontarsi con le nostre tattiche, portano indubbi vantaggi alle loro nazionali, che spesso e volentieri giocano "all'italiana".
Altrettanto dicasi per il calcio "emergente", dove, soprattutto gli africani, sono stati aiutati dalla presenza nelle squadre europee a crescere costantemente, ovviamente a scapito delle rappresentative nazionali del Vecchio Continente.
Il livellamento del calcio internazionale è figlio di questi continui travasi, a senso unico: quanti giocatori europei giocano nei campionati sudamericani o africani ?, creati da una legislazione sciocca che considera i calciatori lavoratori dipendenti e, quindi, apre loro le porte del libero mercato (e allora dove è andata a finire la specificità dello sport che ha pure suoi organi di giustizia ?) e dalle ambizioni dei presidenti che preferiscono nomi esotici ai nostri Rossi e Brambilla che, forse, non suscitano le fantasie dei tifosi.
Le nostre squadre di club imbottiscono le loro rose con ogni straniero disponibile, tanto che si potrebbero formare le rispettive nazionali solo con i calciatori che giocano nei nostri campionati.
Non vi è però altrettanto interesse all'estero per i calciatori italiani (tranne quelli a fine carriera che finiscono in America o negli Emirati Arabi giusto per arrotondare quanto hanno già guadagnato negli anni) che dubito potrebbero mettere assieme una rosa tra tutti gli espatriati, il tutto con grave detrimento per i giovani che, da noi, sono chiusi dai già affermati calciatori extracomunitari.
Può però essere regolato l’uso degli stranieri, senza subire la ghigliottina delle normative sul mercato del lavoro europeo e globale.
Una squadra può avere in rosa tutti gli stranieri che vuole, ma può metterne in campo contemporaneamente solo, ad esempio, cinque, di cui uno solo extracomunitario.
Si può anche stabilire che almeno il 50% delle partite di campionato devono vedere in porta un giocatore italiano e che non può esserci più di uno straniero per ruolo (quindi un solo centrale, un solo centrocampista, un solo terzino d’ala, un solo attaccante).
In aggiunta si potrebbe dar corso ad una autentica rivoluzione del sistema dei nostri campionati, abolendo le retrocessioni e compilando i campionati in base alla capacità delle società di aggregare spettatori e di sostenere le spese per affrontare gli impegni finanziari.
L’abolizione della retrocessione consentirebbe di non obbligare i presidenti a ricercare il risultato immediato, quindi ad affrontare spese eccessive per calciatori affermati, spesso stranieri, consentendo loro di programmare, puntando sul vivaio, facendo giocare giovani italiani tra i quali potranno crescere i campioni che formeranno la Nazionale del futuro.
E’ protezionismo ?
Certo, ma se continuiamo con la politica della confusione e dell’inclusione,perderemo la nostra Identità e le nostre Radici sia per le questioni minori come il calcio, sia su temi molto più importanti come i Valori e i Principi cui il nostro Popolo si è sempre informato per raggiungere i traguardi del Benessere, della Libertà e della Sicurezza che oggi abbiamo, ma che devono, ogni giorno, essere consolidati difendendo le nostre Tradizioni e i nostri Prodotti, non solo dell’agricoltura.

lunedì 28 giugno 2010

curiosità ... mondiali



Sono stupefatta perchè nessuno di voi ha ancora commentato l' esclusione dal mondiale dell' Italia.
Da assoluta profana ho avuto la sensazione che:
1: BUFFON ci avrebbe salvato da quell' infilata di goal subiti dall' altro portiere (Marchetti? Marchini?), che mi è apparso, magari a torto, assolutamente incapace; mi chiedo: possibile che non vi fosse un sostituto migliore?
2: Quagliarella ( dell' esistenza del quale nulla sapevo...) fatto giocare prima, magari insieme a Pirlo, avrebbe cambiato le sorti dell' ultima partita....
3: durante l' anno ho sempre sentito parlare di Balottelli: perchè è stato lasciato a casa?
4: che idea avete di Lippi?

Illuminatemi...:-)

mercoledì 2 giugno 2010

Troppe "feste nazionali"

Ancora una volta mi permetto di sottoporvi il mio pensiero su un argomento di carattere politico generale che ugualmente posterò nel mio blog personale generalista.
Questa volta lo spunto è venuto dalla odierna giornata festiva, 2 giugno.


Approfittando della giornata infrasettimanale di vacanza, ho continuato a mettere mano nel riordinare carte, librerie e cantina.
Come al solito ho acceso la radio, come sempre su radio uno (solo in montagna, quando guido, ascolto radio 24 perchè non riesco a captare radio uno) .
Un fiume di parole, un'orgia di retorica celebrante il 2 giugno, in memoria del referendum che portò l'Italia alla repubblica e, arbitrariamente, come “Festa delle Forze Armate” che io mi ricordo molto più appropriatamente fissata, una volta, al 4 novembre.
L'europarlamentare leghista Matteo Salvini ha proposto l'abolizione del 2 giugno e, se la memoria non mi inganna, in effetti il 2 giugno, alla fine degli anni settanta, fu ricompreso tra le “ex” festività.
La proposta di Salvini non mi lascia indifferente per una serie di motivi.
Innanzitutto perchè trova sempre più credito la denuncia che il famigerato referendum istituzionale del 2 giugno 1946 sia stato soggetto a brogli a favore della repubblica ai danni della monarchia destinata alla sconfitta comunque avessero votato gli Italiani.
Se così fosse, oggi al Quirinale dovrebbe risiedere un Savoia e avremmo un re, Vittorio Emanuele IV: nulla di esaltante (anzi ...) ma sempre meglio di un comunista (anche se il mio candidato come Re d'Italia resta Silvio Berlusconi …).
Non che la questione istituzionale sia essenziale, ma mi sembra un po' ipocrita festeggiare un qualcosa sorto da un probabile imbroglio.
Del resto anche sui plebisciti che annessero l'Emilia e il Veneto al Regno di Sardegna creando quindi il Regno d'Italia, cioè quella Unità di cui, con la solita roboante retorica, si è già iniziato a festeggiare il 150° anniversario, crescono le interpretazioni che ne denunciano i possibili brogli ed è singolare che sulle celebrazioni che maggiormente impegnano l'inutile oratoria dei politici cali il dubbio dell'imbroglio o della manipolazione storica.
Forse è quel che si merita una Nazione, altrimenti gloriosa, che meriterebbe non una pletora di festività nazionali, per ognuna delle quali si ripetono i soliti pistolotti retorici, ma una e una sola giornata che sia autentica Festa Nazionale, unificante e sentita come accade negli Stati Uniti il 4 luglio o in Francia il 14 dello stesso mese.
Poi liberi tutti di celebrare le ricorrenze che maggiormente rappresentano i loro sentimenti di parte.
Nella recente storia d'Italia la data che maggiormente potrebbe rappresentare tale Unità è il 4 novembre, in memoria dell'unica Vittoria delle nostre Forze Armate in una grande guerra e del ricongiungimento alla Madre Patria di Trento, Trieste e Istria.
Ma, forse, sarebbe meglio che, anche per chiarire quali sono le nostre radici, la Festa Nazionale unica e legittima, sia il 21 aprile, Natali di Roma.
4 novembre o 21 aprile, purchè si decida di fissare una e una sola Festa Nazionale, perchè la quantità debordante danneggia il significato e l'impatto del richiamo.

lunedì 17 maggio 2010

ciao



cari Amici,

come va?

Io male e bene.

MALE perchè sta arrivando la fine dell' anno scolastico e ho un sacco di verifiche da correggere e riunioni pomeridiane pressochè ogni giorno.

Bene perchè sta arrivando la fine dell' anno scolastico e sto per finire l' incubo delle verifiche da correggere e delle riunioni pomeridiane...almeno per tre mesi.

Naturalmente incombe il pericolo maturità, e poichè da dieci anni a questa parte non perdo mai un colpo, nel senso che sono immancabilmente nominata, non vedo il motivo per cui sperare di farla franca quest' anno.

Eppure, io, come ogni anno e contro ogni logica ...SPERO!

Ho proprio voglia di andare nel mio mare. A proposito, ho trascorso là un fine settimana e vi comunico che la vetrata nuova è un portento.

Avrete notato che sono tornata indenne da Siviglia...Anche questo non era poi così matematico, visto che sono stata colta dalla nube e che sono rimasta bloccata là per quattro giorni oltre il termine previsto.... Ma si sa: queste variazioni di programma non possono che essere bene accette!

Siviglia mi è strapiaciuta (ma nulla a che vedere con Barcellona, che, avendo Gaudì, non ha per me rivali) , anche se consiglio, a chi di voi volesse visitare l' Andalusia, di organizzare un bel "fly and drive": i ritmi e i colori di questo paese vanno "assaporati" vivendoli, nei locali, nelle notti, nei mille angoli caratteristici.

Il flamengo è una danza struggente che entra nell' anima e la serata che ho più amato è stata in un locale tipico, frequentato da sivigliani oltre che da turisti, di nome "Carboneria".

La peculiarità è che qualunque avventore può improvvisarsi protagonista, ballando, recitando, leggendo testi, ecc ecc....Insomma, due clienti si sono messi a ballare il flamengo e devo dire che lo spettacolo è stato particolarmente affascinante...

Stupenda la vista dalla Giralda, noto campanile della città, e i Reales Alcazarez.L’Alcázar é un palazzo-fortezza la cui costruzione fu voluta da Abd Al Ramán III nel 913. Per la sua bellezza é stato scelto in passato come residenza da molte generazioni di monarchi. É qui che dimora il re Don Juán Carlos quando viene in visita a Siviglia. Meravigliosi i giardini con azuleios, vasche, padiglioni,ornamenti di marmo che sembrano pizzi e animali e piante di ogni tipo...situati nel cuore della città, oasi insospettabile! L' arena? La consolazione è che un torero in quei giorni è stato attaccato da un toro: ovviamente, io tifavo per il toro!

Sono stata anche a Cordoba: straordinaria la Mezquita Catedral, il più bel monumento dell'Europa musulmana

La Mezquita di Cordoba è l'espressione più alta dell'architettura islamica in occidente. La straordinarietà di questa moschea-cattedrale deriva dal fatto che alla bellissima costruzione musulmana si sono aggiunti stili rinascimentali, gotici e barocchi.

L'edificio attuale è il prodotto di una moschea iniziale costruita dal califfo Abderramán I sulla basilica visigota di San Vicente, che è stata ampliata poi da Abderramán II, Alhaken II ed Almanzor. La peculiarità principale della Moschea si percepisce immediatamente appena si varca la soglia del suo ingresso principale: una spettacolare infinità di colonne, circa 850, di marmo e granito che formano una serie di archi di pietra bianca e rossa. Le colonne e i suoi archi sembrano degli alberi di palme che si aprono a ventaglio nella sala. Elemento di grande rilievo all'interno della moschea è la qibla, il muro che sarebbe orientato verso la Mecca, indicando in questo modo il luogo in cui pregano i fedeli. Di suggestiva bellezza è anche il mihrab, la nicchia che custodisce il corano.

Vabbè, un po' di copia incolla non si nega a nessuno. Specie se, come me, si manca da tanto dal blog da aver perso un po' di dimestichezza. Eppoi, non intendo impegnarmi come voi in post di elevatissimo livello!Sono convinta però che apprezzerete la mia ridiscesa in campo...

Bacioni e a presto, ragazzi!


domenica 9 maggio 2010

Bologna calcistica è ancora in serie A

A differenza della Bologna politica (commissariata), di quella economica e imprenditoriale (colonizzata) e di quella sociale (insicura), la Bologna calcistica, con grande fatica (il minimo risultato con il massimo sforzo), è riuscita a garantirsi un altro anno in serie A.
Tifoso del Bologna dalla nascita, sono ovviamente contento di poter pensare ad un altro anno nell'Olimpo del calcio italiano e di questo un ringraziamento lo meritano i giocatori e l'allenatore Franco Colomba.
Mi piacerebbe però rivedere quel Bologna che giocava come in Paradiso, sul campo e non solo nelle cassette delle vecchie partite ...
Purtroppo il calcio è profondamente cambiato e se una volta una società che avesse una buona dirigenza, che sapesse programmare e investire oculatamente sui giovani, con acquisti mirati e senza follie poteva aspirare a campionati di vertice, oggi la differenza con chi spende e spande spudoratamente è tale da rendere un simile risultato pressochè impossibile.
E il Bologna, oggi, non ha neppure quel tipo di dirigenza.
Ed è proprio la dirigenza quello che a me sembra il punto debole della squadra.
Incertezze, scarsi mezzi (almeno messi sul piatto del Bologna), probabilmente l'acquisto della società in previsione di un “affare”, il nuovo stadio, poi sfumato (spero definitivamente, visto che è una sciocchezza costruire un nuovo stadio quando l'attuale è un piccolo gioiello e per di più in provincia!), stanno scandendo la presidenza e la proprietà Menarini.
Hanno probabilmente sbagliato a comprare e adesso non riescono a vendere.
Ben venga, allora, per interposta persona, Moggi che, almeno, di calcio ne capisce.
Bologna ha un bellissimo stadio e un pubblico esigente e competente.
Non ha e lo abbiamo scritto in premessa, una classe dirigente (politica, imprenditoriale, economica) all'altezza della situazione.
Lo abbiamo visto anche nella pallacanestro (una volta era “basket city” un patrimonio dilapidato in un paio di anni), nella pallavolo al limite della sopravvivenza e nello stesso baseball che ha dovuto ricostruirsi prima di tornare a vincere.
Si deve prima risolvere in via definitiva il problema societario e, quindi, organizzare una squadra decorosa che, veramente, sappia costruire un progetto calcistico di lungo respiro, senza inseguire le iniziative che fanno solo male al calcio (come le squadre costruite senza neppure un giocatore italiano tra i titolari e magari neppure l'allenatore) e che rischiano di alienare a questo bellissimo sport la simpatia di tanti appassionati.
Vidi, all'età di sette anni e mezzo, l'ultimo scudetto del Bologna : mi auguro ultimo solo in momentaneo ordine temporale e non in assoluto.
A quel Bologna, con la simpatie e le avversioni che si possono avere a sette anni e mezzo sono rimasto legato e quel Bologna non può che essere il traguardo per qualsiasi dirigenza si trovi a gestire la gloriosa società rossoblu.

giovedì 15 aprile 2010

Omaggio a Raimondo Vianello

Non vorrei trasformare questo blog in una "commemorazione dei defunti", ma Raimondo Vianello, deceduto questa mattina, rappresenta una parte indimenticabile del nostro "come eravamo".
Mi sembra giusto rendergli omaggio.


Un altro dei “Padri” della televisione italiana ha concluso la sua vita terrena, all’età di 87 anni compiuti.
Il nome di Raimondo Vianello dirà forse poco ai più giovani, ma rappresenta per quelli della mia generazione una figura positiva del nostro spettacolo.
Una delle tante figure positive, come fu Corrado Mantoni, come fu Alberto Lupo, come furono Virgilio Savona, Felice Chiusano, Tata Giacobetti e Mike Buongiorno e chiedo scusa ai tanti di cui non ho citato il nome ma che meriterebbero uguale spazio.
Una figura positiva, tra le tante del nostro spettacolo, perchè quelli erano artisti.
Sapevano interpretare.
Si esprimevano in italiano.
Sapevano farci ridere senza dover ricorrere agli insulti e alle volgarità.
Raimondo Vianello rappresentava nel mio personale immaginario tutto questo e anche qualcosa in più, ricordando la sua mai rinnegata partecipazione alla R.S.I.
I giornali radio e i telegiornali di oggi e i quotidiani di domani saranno pieni di quei “coccodrilli” e di tante scene tratte dagli spettacoli di Vianello.
A me piace, qui, ricordarlo in tre episodi.
Un, due, tre ... appunto il titolo di un programma condotto con Ugo Tognazzi, con il quale fece coppia artistica (certo non di altro genere !) per un lungo e felice periodo.
Fu esiliato dalla televisione per aver simulato una caduta dell’allora presidente Gronchi ... pensate alla differenza con il periodo odierno quando offendono impunemente e pur tuttavia gridano alla censura, ma continuando ad utilizzare il microfono e restando davanti alla telecamera pagati da tutti noi !
Gran Varietà, un programma radiofonico che ha accompagnato per anni il nostro risveglio domenicale e se anche ho sempre preferito Johnny Dorelli, pur tuttavia Raimondo Vianello è, a pieno titolo, il conduttore che, assieme a Dorelli, ha fatto la fortuna del programma.
Infine la sua “Casa Vianello” con la moglie Sandra Mondaini, con una rappresentazione televisiva di quelle schermaglie tra moglie e marito celebrate in radio da altri due grandi del nostro spettacolo: Rina Morelli e Paolo Stoppa con gli indimenticabili “Eleuterio e Sempretua”.
E poi tanti altri programmi, fino al riconoscimento della sua passione calcistica con la conduzione di trasmissioni sportive sulle reti Mediaset.
Trasmissioni, superfluo rammentarlo, educate, ironiche, gradevoli e sempre piacevoli.
Non si può poi non ricordare il coraggio di Vianello (e di Corrado, di Buongiorno e di pochi altri) agli albori delle televisioni libere, scegliendo di andarvi a lavorare, abbandonando il comodo porto della Rai.
E ancor più coraggio ci volle a sostenere le ragioni delle televisioni libere quando, nel 1996, fu tentato un referendum che avrebbe favorito la Rai e penalizzato la libera impresa e tutto , solo, in antipatia a Berlusconi.
Non posso quindi che ricordare con piacere e gratitudine e rendere omaggio con queste poche righe ad un grande professionista dello spettacolo e avere, come caro ricordo, quella video cassetta che mi fu regalata pochi anni fa, con alcune delle migliori scene di “Un, due, tre”.

martedì 13 aprile 2010

Il modello italiano per una riforma costituzionale

Quel che segue è la riproduzione di un post scritto sul mio blog personale.
Tanto per vivacizzare questo blog lo ripropongo. :-)


Ogni tanto, persino Fini riesce ad azzeccarne una.
E’ probabile che, per il 2010, abbia già esaurito il bonus e che la sua esternazione abbia un secondo fine, ma intanto registro con piacere un soprassalto di buon senso.
Cosa ha detto Fini di così straordinario ?
Beh, in assoluto di “straordinario” non ha detto nulla, ma usando il buon senso la “straordinarietà” è che, per una volta, non ha portato acqua al mulino della sinistra.
Fini ha detto: ma perchè, invece di ragionare in termini di “modello francese” o “modello tedesco” non introduciamo un “modello italiano” adatto alle nostre esigenze ?
Puro e semplice buon senso.
Dobbiamo poi intenderci su quali sono le nostre esigenze sulle quali costruire il “modello italiano”.
Prima di tutto, esigenza peraltro non solo italiana, è la governabilità, cioè la possibilità di dar corso al proprio programma da parte del partito o della coalizione vincente, superando e senza dover sottostare ai veti dell’opposizione, della magistratura, di altri organi dello stato.
La governabilità è quindi la possibilità, in forza di una maggioranza consegnata alle urne dal Popolo Sovrano, di applicare il programma, assumendosene la responsabilità politica, e superando sofismi e ostruzionismi.
Al termine della legislatura sarà il Popolo Sovrano a decidere se il governo ha funzionato bene meritando la riconferma, o male meritando di essere sostituito.
Come conseguire la governabilità in Italia ?
Anche qui si potrebbe aggiungere: non solo in Italia.
Una guida singola, un presidente eletto dal Popolo, con il potere di decidere e di agire senza dovr sottostare a compromessi e mediazioni.
Quindi presidenzialismo, nella sua forma primaria che vede unirsi nella figura del Presidente, come si dice negli Stati Uniti, quattro “cappelli”:
- Capo dello stato
- Capo dell’esecutivo
- Capo delle Forze Armate
- Capo del suo partito
.
L’alternativa può essere una scissione tra il capo dello stato e dell’esecutivo, utile se il primo sia veramente una figura super partes e non un prodotto della burocrazia o delle conventicole di partito, fermo restando il potere esecutivo nel soggetto che ottiene l’investitura direttamente dal Popolo.
Perchè questo dualismo possa funzionare vedrei comunque meglio un capo dello stato che sia un monarca ereditario, quindi sottratto ai compromessi, ai condizionamenti di una elezione parlamentare, un capo dello stato che, cioè, possa decisamente rappresentare l’unità della Nazione da una posizione super partes.
Ma l’Italia è anche una nazione in cui quando ci si trova in tre si formano subito due fazioni, per cui è necessario canalizzare e dare rappresentanza a numerose istanze particolari.
Pur essendo personalmente sempre stato a favore del bipartitismo, mi sono convinto che un tale sistema non è adatto all’Italia, dove invece il sistema elettorale dovrebbe essere tale da imporre ai movimenti rappresentativi delle idee più vicine di unirsi in coalizioni omogenee, all’interno delle quali misurare le proprie forze, con un patto di legislatura che impedisca i ribaltoni.
In questo quadro la attuale legge elettorale mi sembra la migliore possibile, con alcuni correttivi.
1) Il collegio unico nazionale anche per il senato;
2) la trasformazione del premio di maggioranza in seggi attribuiti ad un listino “del Presidente”;
3) la decadenza dei parlamentari che cambino coalizione
.
Ed ecco un “modello italiano” ben definito.
Un presidente capo dello stato e dell’esecutivo con pieni poteri per tutta la durata del mandato e un parlamento, con pluralità di partiti in rappresentanza – anche simbolica – di tutte le istanze della nazione, eletto su base maggioritaria ma con premio al listino del presidente vincente.
Alternativa un capo dello stato – meglio un monarca con una dinastia ereditaria – meramente rappresentativo della unità nazionale e un Premier eletto dal Popolo con gli stessi criteri e poteri di cui sopra.
Si unisce così la necessaria capacità e rapidità decisionale con l’assecondare le italiche peculiarità che fanno leva su un forte individualismo.

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mercoledì 24 marzo 2010

Grido di Pietra


Il mondo dell’alpinismo mi ha sempre affascinato fin dai tempi in cui ne parlavo col nostro compagno Andrea G. apprendista rocciatore ai tempi dell’università. Un pomeriggio mi trascinò perfino a fare la ferrata che c’era a Badolo vestiti in borghese e con scarpe da città. Ma anche se non ho mai “praticato” mi sono fatto negli anni una raccolta di libri sulla montagna e grazie anche a Internet seguo costantemente le spedizioni qua e là per il mondo. Quello che mi stupisce e mi riempie di ammirazione per i grandi alpinisti è la capacità di affrontare ripetutamente negli anni situazioni sovrumane per quella che chiamano “la conquista dell’inutile”. Più della montagna in sé, che è ciò che in effetti li spinge, io che invece andavo sempre al mare ero e sono attratto dall’uomo “contro” la montagna. Nell’alpinismo ci sono drammi quasi quotidiani, ma tre sono stati quelli che hanno avuto un impatto mediatico assolutamente fuori dal comune nel dopoguerra. La tragedia dell’Eiger del 1957, con le cordate Nothdurft- Mayer, Corti-Longhi e la morte dei primi due e di quest’ultimo rimasto appeso in bella vista per due anni con tutto quel che ne seguì, ma ne parlerò magari un’altra volta e vi rimando ai libri che ne trattano ampiamente come “Arrampicarsi all’inferno” di J. Olsen. La tragedia del pilastro centrale del Freney sul monte Bianco nel ‘61 dove perirono Andrea Oggioni e tre francesi, si salvarono altri tre fra cui il grande Walter Bonatti che non potè salvarli tutti e qui vi raccomando “Freney 1961, Tragedia sul Monte Bianco” di M. Ferrari. Infine la spedizione ”commerciale” del 1996 all’Everest in cui morirono 9 scalatori fra guide e clienti di cui uno dei sopravvissuti, John Krakauer, ha scritto nel celebrato e controverso best seller “Aria sottile”. Denominatori comuni a queste tre tragedie sono stati l’improvviso cambiamento di clima, vero killer in montagna, e le infinite polemiche che ne sono seguite e che hanno segnato a volte per sempre la vita dei superstiti.
Ma a proposito di polemiche, clima che uccide, oltre a difficoltà estreme, non bisogna dimenticare la Patagonia e quando si dice Patagonia si dice Cerro Torre, una vetta alta "appena" 3128 metri eppure temuta come e più dei peggiori ottomila. E che nasconde un mistero che mi intriga. Che cosa successe lassù tra fine gennaio e inizio febbraio del 1959? Negli anni cinquanta vi furono diversi tentativi di salita al Cerro Torre. In particolare, nel 1958 due spedizioni italo-argentine tentarono la salita contemporaneamente ed in maniera indipendente tra di loro. Una era guidata da Cesare Maestri, l'altra da Walter Bonatti e Carlo Mauri. Entrambe dovettero rinunciare all'impresa per motivi logistici. Nel 1959, Bonatti e Mauri avevano preventivato un secondo tentativo, ma abbandonarono prima ancora di partire quando seppero che un'altra spedizione italiana, sempre guidata da Maestri, era partita prima di loro.
La spedizione di Cesare Maestri (1959) comprendeva anche il fortissimo ghiacciatore austriaco Toni Egger e Cesarino Fava. Maestri ed Egger partirono all'assalto della vetta, mentre Fava rimase al campo per supporto. Dopo una settimana Maestri fu ritrovato in stato confusionale, e raccontò a Cesarino Fava che l'aveva soccorso di aver raggiunto la vetta il 31 gennaio insieme ad Egger, che era poi caduto durante la discesa portando con sé la macchina fotografica e quindi le prove del successo. La vicenda diede vita a numerose polemiche. Molte spedizioni tentarono di ripetere l'itinerario descritto da Maestri, ma senza riuscirvi; i resoconti riportavano da un lato notevoli discrepanze tra le descrizioni di Maestri e le caratteristiche effettivamente riscontrate sulle pareti, dall'altro la mancanza di tracce del passaggio della prima spedizione.
Maestri allora tornò, nel 1970, probabilmente più per la pressione e l'orgoglio ferito che per vera e propria volontà sportiva, e portò con sé un grosso martello compressore del peso di un quintale. Con l'aiuto di due compagni, per una nuova via di salita, trascinò il compressore, impresa di per sé immane, fin sotto il fungo di ghiaccio, lo utilizzò per piantare qualche manciata di chiodi a pressione in un punto completamente privo di appigli, arrivò una trentina di metri sotto alla vetta e sulla via di discesa spezzò tutti i chiodi, chiudendo così l'accesso alla sommità e lasciando il compressore appeso per sempre all'ultimo chiodo, cento metri più sotto: un gesto palesemente sprezzante e polemico. Al ritorno dichiarò in segno di sfida di avere nuovamente vinto il Torre: il fatto però di non avere salito il fungo di ghiaccio finale, e di non essere quindi stato sulla vetta vera e propria, non fece altre che aumentare dubbi e polemiche tra i suoi avversari. Maestri venne questa volta accusato di non aver vinto con mezzi leali ed anzi, di non avere vinto affatto. Non solo: nessuno riuscì a spiegarsi perché Maestri avesse voluto sfidare i suoi denigratori salendo per una via nuova, piuttosto che ripetere quella contestata del '59, né lui fu mai chiaro in proposito. La via del compressore (detta anche via Maestri o Compressor road) fu ripercorsa nel 1979 dall'americano Jim Bridwell che riscontrò che i chiodi lasciati dalla spedizione del 1970 s'interrompono a 30 metri dalla cima, appunto sotto il fungo terminale.
Nel 2005 Ermanno Salvaterra, uno dei maggiori conoscitori del Torre (cinque ascensioni compresa la prima invernale nel luglio 1985), fino ad allora sostenitore di Maestri, ripercorse la via di Maestri del '59 e insieme ad Alessandro Beltrami e allo scalatore argentino Rolando Garibotti riuscì a raggiungere la cima. Non solo lungo la via non trovò alcuna traccia del passaggio di Maestri, ma si dovette arrendere all'evidenza che la via descritta dallo stesso Maestri, semplicemente, non esiste: il tracciato e il terreno non corrispondono affatto a quanto raccontato per oltre quarant'anni dal mitico Cesare e le contraddizioni fra quanto riportato nel resoconto originale del '59 e ciò che Salvaterra e compagni trovarono non si contano.
Oggi Salvaterra, il cui blog vi invito a leggere in quanto mi pare una persona davvero fuori dal comune, in senso buono, non crede più a Maestri e lo scontro con il vecchio alpinista è arrivato addirittura davanti agli avvocati. Salvaterra, peraltro, è tutt'altro che solo. Nel 2004 Garibotti, che proprio insieme a Salvaterra aveva compiuto la salita del 2005, ha pubblicato sull'American Alpine Journal un lungo e documentato articolo-indagine mirato a smontare definitivamente la verità di Maestri e riportando alla ribalta l'annosa vicenda. E a buttare benzina sul fuoco è arrivato infine nientemeno che il grande Reinhold Messner, che tutti conoscerete, con il suo libro del 2009 “Grido di Pietra - Cerro Torre, la montagna impossibile” dove a sua volta pur con la massima ammirazione per quello che, non dimentichiamolo, Maestri è stato per l’alpinismo italiano, dimostra (cito) “prove alla mano, come si fa in tribunale, che Maestri e Egger non raggiunsero la cima del Torre nel 1959. Per quanto riguarda la seconda salita, quella del compressore, è stato lo stesso Maestri ad ammetterlo. Quando gli chiesi se aveva raggiunto la cima, mi rispose con grande sincerità che per lui ”la montagna finisce là dove finisce la roccia”. Il problema è che il Torre è sovrastato da un fungo di ghiaccio alto oltre 400 metri pari cioè, grosso modo, alla parete nord delle Cime di Lavaredo. Difficile a queste condizioni poter sostenere di essere il primo salitore. Il primo a mettere i piedi là sopra fu infatti un ragno di Lecco, Casimiro Ferrari. Lo dimostrano le foto di vetta. Che nel caso di Maestri non esistono”.
Sembrerebbe dunque che la prima ascensione indiscussa del Cerro Torre sia quella compiuta il 13 gennaio 1974 da una spedizione del gruppo dei Ragni di Lecco; in quell'occasione giunsero in vetta Daniele Chiappa, Mario Conti, Casimiro Ferrari e Pino Negri.

Ma il Grido di Pietra uccide ancora: il primo gennaio di quest’anno è morto lo scalatore trentino Fabio Giacomelli che voleva portare sulla cima del Torre le ceneri di quel Cesarino Fava, compagno di Maestri nel ’59, suo salvatore e che sempre l’aveva difeso.

La foto, tratta dal sito di Salvaterra, mostra la via del 2005, El arca de los vientos.

venerdì 19 marzo 2010

L'articolo di Massimo P. dedicato ai "freddofili"

I cinque gioielli della grande neve

(ovvero: Un grande inverno in 10 capitoli)

Questa è una cronaca a caldo, a poche ore dall’ultimo grande evento nevoso, che vuole ripercorrere col ricordo le continue emozioni provate durante quattro splendidi mesi di un inverno fra i più grandi degli ultimi decenni, un inverno che non è esagerazione definire storico, un inverno di cui si parlerà ancora molto negli anni futuri: e così come si ricordano il '29, il '56, il '63, l'85, sicuramente un posto importante nella memoria di ognuno di noi verrà occupato anche dal 2009/2010.

E’ un racconto fatto di ricordi e di emozioni, quindi, non di analisi statistico-matematiche e di carte meteorologiche: per queste analisi ci vorrà più tempo e saranno necessarie persone più esperte del sottoscritto. Persone che non mancheranno di dire la loro nei prossimi giorni, quando sarà tempo di bilanci.

Fatta questa doverosa premessa, è tempo di iniziare il nostro racconto:


Capitolo 1: l’attesa


Dopo un autunno non particolarmente entusiasmante ed un lungo blocco anticiclonico che ha caratterizzato tutta la seconda quindicina di novembre, ai primi di dicembre la situazione finalmente evolve e dopo alcune perturbazioni atlantiche, le carte intravedono finalmente l’arrivo del primo vero freddo invernale. accompagnato dalle prime nevicate.

Ed eccoci infatti arrivati al 14 dicembre, quando la prima neve della stagione imbianca le nostre contrade.

Continue spolverate cadono un po’ tutti i giorni fino al 17, con qualche centimetro d’accumulo. Niente di eccezionale, ma c’è da essere comunque molto soddisfatti: è pur sempre una discreta nevicata, dopo anni di magra. E poi, l’inverno è appena iniziato, ma soprattutto le carte intravedono, già per il 18, una ben più appetitosa situazione da neve



Capitolo 2: il primo gioiello della grande neve (una nevicata d’altri tempi)


L’attesa è spasmodica: troppe volte le carte sono cambiate all’ultimo istante trasformando l’attesa della neve in una grande delusione, ma stavolta questo non succede: ad ogni emissione le mappe confermano, anzi ulteriormente migliorano, fino all’ultimo fantastico responso nel pomeriggio di venerdì 18 dicembre: ELBA LOW !!

Torno a casa venerdì sera a bufera già iniziata, appena in tempo, prima che le strade diventino impraticabili. Passo la serata fra la finestra e il PC a godermi la nevicata sempre più intensa e con una temperatura sempre più da favola.

Quando salta la luce vado letto. Sabato mattina, al risveglio, il paesaggio è incantevole: nevica ancora, ma il grosso si è già depositato; la temperatura scesa è fino a –4.1: un sogno.

Esco di casa: la scala esterna è coperta da una spesso manto di soffice neve. La neve secca e farinosa ha ricoperto tutto, anche gli angoli più riparati. Col metro misuro lo spessore: 30 fantastici centimetri.

La prima cosa da fare è immortalare lo splendido paesaggio: in pochi minuti esaurisco la memoria della macchina fotografica digitale.

La seconda cosa da fare è spalare: compito ingrato per la mia schiena malandata, ma stavolta non mi accorgo nemmeno di far fatica, tanto la neve è soffice e leggera.

Le ore, i giorni che seguono la fine della nevicata sono storici: minime eccezionali a due cifre come da anni non si vedevano, massime che rimangono ben lontane dagli zero gradi, temperature che già dopo il tramonto precipitano sotto i –10, freezing fog e sontuosa galaverna.

Ma la musica purtroppo è destinata a cambiare ben presto: la gioia prodotta da queste splendide giornate di freddo e neve è offuscata dalle ignobili mappe previsionali relative al periodo natalizio



Capitolo 3: la grande scaldata


Preceduta da un fenomenale gelicidio inizia la terribile scaldata di Natale, quando l’Europa è investita da isoterme che che si vedono solo in piena estate.

Il disgelo è rovinoso, le temperature raggiungono valori abominevoli proprio la vigilia ed il giorno di Natale (fino a +20 in Romagna), la neve si scioglie in un baleno.

Sembra già finita dopo che era appena cominciata, ma per fortuna dopo Natale le mappe riprendono darci un po’ speranza nel ritorno del freddo per i primi di gennaio



Capitolo 4: il secondo gioiello della grande neve (il ritorno della dama)



La neve finalmente ritorna il 5 gennaio, in tempo per l’appuntamento tradizionale dell’Epifania (la cagadeina d’la Vecia: è un diffuso modo di dire tradizionale e pittoresco nelle campagne ad ovest di Bologna). Nevica dalla sera del 5 fino alla mattina del 6. Superbo il paesaggio nel giorno della Befana.

Una decina di centimetri belli secchi e farinosi.

Bentornata, dama !



Capitolo 5: interludio



Finiscono le feste natalizie e lo scenario cambia nuovamente: inizia un periodo di transizione, non particolarmente entusiasmante, ma che comunque rientra nella tradizione meteo di gennaio.

Il tutto però coincide con una nuova cocente delusione: un potente nocciolo d’aria artica, che sembrava dovesse giungere sull’Italia portandoci nuove godurie nevose, all’ultimo momento devia su Francia e Spagna lasciandoci con l’amaro in bocca.

E mentre da noi il tempo diventa mite e piovoso, i nostri cugini latini sono sommersi da freddo e neve storici.

Ma un contentino c’è anche per noi: dal 19 al 21 gennaio, grazie all’inversione, abbiamo tre fantastici ed inattesi giorni di ghiaccio, con nebbia ed un po’ di galaverna.

Insomma, nonostante tutto, l’inverno c’e’ ancora.

Ed alla fine, il Generale torna e ricordarsi di noi……



Capitolo 6: il terzo gioiello della grande neve (tornano le bianche truppe del Generale)



La terza decade inizia in modo elettrizzate: giorno dopo giorno le carte ci fanno sempre più sognare:

ed alla fine il sogno s’avvera.

Comincia a nevicare nella mattinata del 26 gennaio.

Neve dapprima debole, lenta, poi sempre più forte e convinta.

E di sera/notte è bufera.

E di mattina ci sono 15 cm. nuovi di pacca ed un paesaggio nuovamente fiabesco



Capitolo 7: il quarto gioiello della grande neve (la tempesta di S.Geminiano)



Stavolta non c’è tempo per rifiatare; la neve caduta non fa in tempo a sciogliersi che già si profila una nuova stupenda nevicata.

A dire il vero, fino all’ultimo non si ha un’idea troppo chiara di quanta neve potrà venire e le ore di sabato 30 passano nell’incertezza, ma domenica 31 gennaio quando apro la finestra è apoteosi bianca.

Il vento ulula fra le connessure degli scuri, la neve polverosa è sollevata dalla tempesta in un potente scaccianeve,.ma per il momento l’accumulo è modesto.

Le notizie e le foto da internet fanno invece vedere l’incredibile precipitazione a falde larghe in corso nel Modenese.

Ho un po’ d’invidia e un po’ di delusione, nonostante la tempesta urlante e il paesaggio artico l’accumulo stenta ad aumentare.

Questa situazione, tuttavia, dura molto poco: il nucleo modenese arriva finalmente anche da me e in 2-3 ore di violenta tormenta con neve praticamente orizzontale si depositano 22 cm.

Di sera fa in tempo a rasserenare senza un grande scioglimento e subito la temperatura piomba sotto i –10.

A Modena la tempesta provoca l’annullamento di tutte le manifestazioni previste per la festa del Santo Patrono.

Nei 2-3 giorni successivi rivediamo le gelide minime a due cifre che avevano allietato dicembre.

Ed intanto inizia febbraio…, ma febbraio delude.



Capitolo 8: la grande delusione


Quando martedì sera 9 febbraio, a meno di 12 ore dall’evento, le mappe ci danno l’ennesima conferma siamo ormai sicuri: ci aspetta un’altra goduria nevosa da 30-40 cm.

Ed invece…

Mercoledì comincia a nevicare molto presto, prima del previsto e già alla partenza è subito neve, non acqua. Sembra che tutto cominci nel migliore dei modi.

L’attesa per il pomeriggio, quando dovrebbe cominciare il grosso della nevicata, è spasmodica, un nuovo grande evento è pressoché sicuro.

Ma il grande evento non si verifica: passano le ore e la neve non aumenta, anzi diminuisce, poi vira addirittura in pioggia.

Ormai i peggiori timori diventano certezza: qualcosa è cambiato all’ultimo minuto; l’aria fredda non è arrivata, è rimasta troppo a nord o troppo ad ovest, producendo un minimo troppo sfavorevole per noi.

La delusione è profonda, totale.

Ma questo inverno è comunque diverso dagli altri: anche quando delude un contentino ce lo dà comunque.

Ed allora ecco che nella notte fra lì11 e il 12 febbraio cadono 5-6 cm. di neve.

La mattina di venerdì 12 febbraio il paesaggio torna ad essere bello e suggestivo, da cartolina natalizia: anche febbraio ha dato il suo contributo a questo grande inverno, ma si è trattato di un modesto contributo.



Capitolo 9: la falsa primavera


Febbraio prosegue su binari anonimi e la fine del mese è anzi caratterizzata dai primi tepori primaverili.

Ormai l’inverno sembra archiviato, gli abiti più pesanti vengono riposti negli armadi, si pensa al risveglio primaverile, alle prime fioriture degli alberi più precoci.

Ma il Generale non ha ancora alcuna intenzione di smobilitare; dalla sua roccaforte dell’Europa Nordorientale prepara le truppe per un nuovo, poderoso assalto.

Personalmente, in quei gironi d’attesa, ravviso molte analogie con la situazione che precedeva il marzo 1976, un grande marzo di neve. Vuoi vedere che…..



Capitolo 10: il quinto gioiello della grande neve (l’apoteosi finale)



Come in uno spettacolo di fuochi d’artificio che si conclude con una grande fantasmagoria di luci seguita dal grande botto finale, così è la pirotecnica conclusione che ha in serbo per noi il generale inverno.

Ancora una volta le carte da sogno vengono sempre più confermate ad ogni emissione e mai smentite.

Sembrano carte esagerate, perfino troppo belle: è meglio andare cauti, la delusione di febbraio è ancora troppo recente.

Ed invece la delusione non c’è, anzi….

Dopo un antipasto nella giornata del 5 marzo (3-4 cm. nel Modenese, fiocchi altrove), martedì 9 marzo, con una bora urlante che ormai imperversa da 2-3 giorni, incomincia a nevicare.

La sera è blizzard artico e mentre in pianura per ora la neve finissima impedisce grandi accumuli, le notizie che ci pervengono dalla pedemontana e soprattutto dalla prima collina sono impressionanti. lì la precipitazione è colossale e l’accumulo cresce a vista d’occhio.

Solo in tarda serata il grosso della tempesta si abbatte anche sulla pianura bolognese (quella modenese è già messa meglio da alcune ore) e la mattina dopo il paesaggio è grandioso.

Nel mio cortile misuro 30 cm. di neve, ma nelle dune accumulate dal vento si arriva anche a mezzo metro. Verso il modenese gli accumuli sono anche maggiori. ma sono la pedemontana e la collina a scrivere la storia:. a seconda delle località si parla di 70-80 cm. Ma ci sono voci che dicono che sul bellissimo altopiano di Tolè si sono registrati accumuli fra 90 e 130 cm.

E’ il trionfo finale, la degna e perfetta conclusione di un inverno destinato a passare alla storia.

Nota personale: troppo bello per lasciarlo solo come link ... ;-)