martedì 26 gennaio 2010

C'era Delbono a Bologna ...

Ancora una volta riporto un post dei miei blog personali.
Questa volta lo pubblico in anteprima, sia pur di pochi minuti.
Ancora una volta è la mia personalissima idea su una vicenda che, sicuramente, abbiamo tutti seguito.
Ovvio che io non voterei mai uno di sinistra, ma il sindaco è di interesse comune e, quindi, chi siede su quella poltrona fa la differenza anche per ciascuno di noi.
Magari il commissario governativo non sarà poi così male ... :-)



La sinistra ci ha provato per 7 mesi a far capitolare Silvio Berlusconi lanciandogli tra i piedi D’addario e Lario varie: ha fallito.
Berlusconi, colpevole di null’altro che di amare il genere femminile come ogni uomo che si rispetti l’ama, non solo ha resistito, ma è cresciuto nella stima e nella considerazione dei connazionali.
Sono però bastati sette giorni di indagini per far capitolare il sindaco pci/pds/ds/pd di Bologna, fedelissimo di Prodi, Flavio Delbono, che è inciampato in una “ex” evidentemente con il dentino avvelenato.
Così, nemesi classica, la sinistra che voleva con le donne far cadere Berlusconi, ha visto messo a nudo, da una donna, il suo perbenismo falso e bugiardo.
Delbono ha fato male a dimettersi, se sa di essere innocente, prima non solo di una condanna definitiva, ma persino del rinvio a giudizio.
Ma il dato politico che segna, pesantemente e a tutta vergogna della sinistra, la differenza con il Centro Destra è che Delbono è stato lasciato solo, che il suo cambiamento di linea dal sabato del dopo interrogatorio (non mi passa neanche per l’anticamera del cervello di dimettermi) a quella del lunedì in consiglio comunale (annuncio le dimissioni per il bene di Bologna) è dovuto al venir meno della solidarietà di quelli che dovevano essere i suoi sodali.
E’ venuto meno – è questa la vergogna maggiore per i sinistri – l’aspetto umano che imporrebbe di sostenere l’amico, il camerata, il collega, il compagno in difficoltà.
E’ una grave, gravissima colpa per la sinistra quella di far prevalere l’interesse del Moloch partito su questo, fondamentale, aspetto umano e che ci dice quanto ancora la sinistra sia ben lontana dall’aver assimilito i principi dell’umanesimo occidentale, che sono tra le radici della nostra civiltà liberale e democratica.
E risalta ancor di più la splendida solidarietà di cui può godere Silvio Berlusconi.
Ma adesso si apre un nuovo capitolo, nuovo, interessante e affascinante per la mia città.
Per la prima volta un mandato amministrativo è durato appena 7 mesi, un sindaco si dimette non per essere stato eletto ad un incarico più alto, ma perché costrettovi da un partito senza alternative che accettare l’onta del commissariamento della città.
La legge è chiara: si voterà tra aprile e giugno 2011.
Questo vorrebbe dire almeno 15 mesi di commissariamento, cioè 15 mesi di stallo, di ordinaria amministrazione, che si aggiungerebbero ai sette inutili mesi di Delbono ed ai 60 mesi di traccheggiamento di Cofferati, durante i quali si persero i finanziamenti per la metropolitana e svanirono le grandi opere, sostituite da un disastroso “civis”, ancora di là da venire, ma che ha già provocato i suoi danni con la devastazione di strade che avevano una viabilità di ampio respiro come Via Marconi.
Così, intelligentemente, il Ministro Maroni ha detto: il governo non farà leggi ad hoc a meno che tutte le forze politiche non siano d’accordo.
E se saranno tutte d’accordo, Bologna potrà pure votare, in uno con le regionali, il 28 marzo prossimo.
Si pone così il problema delle candidature.
La sinistra non può che candidare Maurizio Cevenini, primatista nazionale dei matrimoni celebrati che si è “fatto un nome” proprio in tale sua funzione e per essere sempre presente alle partite del Bologna.
Ma a me interessa il Centro Destra che, questa volta, non dovrà dividersi se vorrà beneficiare (e soprattutto far beneficiare noi cittadini) della crisi della sinistra, scegliendo un nome vincente e unificante.
Se ciò non dovesse accadere, il Centro Destra non dovrebbe accettare candidature di finioti o di personaggi estranei alla politica, ma cercare l’unità su un nome che caratterizzi fortemente e idelogicamente la battaglia politica, un nome che sia ricordato per quanto ha già fatto e che possa, con ciò, marcare la diversità politica della coalizione.
I nomi (ne avrei in mente quattro, due e due) li vedremo un’altra volta, ma per il momento direi che il candidato debba essere:
bolognese di nascita
bolognese di studi
bolognese di mentalità
bolognese di residenza
bolognese di interessi.

martedì 19 gennaio 2010

Il "cinghialone" è da riabilitare ?

Una telefonata con Roberto oggi, mi ha fatto venire in mente di scrivere questo post.
Sono passati 10 anni dalla morte di Craxi ed è tutto un fiorire di iniziative tendenti a rileggere la storia di quegli anni che tutti noi abbiamo vissuto: Craxi fu eletto segretario socialista quando avevamo 20 anni ed è morto quando ne avevamo più di 40.
Persone che non avrei mai sospettato si sono unite al coro dei laudatari craxiani, spesso per mera contrapposizione al giustizialismo dei Di Pietro e di certe toghe rosse.
Così, io che non posso certo essere accusato di simpatie per la magistratura militante, ho scritto nel mio blog personale il post che segue.
Il sasso è lanciato in piccionaia ... :-)))



Nel decimo anniversario del decesso è un fiorire di celebrazioni nei confronti di Craxi Benedetto, detto Bettino.
Si propongono strade e piazze da intitolargli, si rilegge la storia di quegli anni in termini per lui apologetici, persino Il Giornale di Feltri si fa portatore di accompagnare – alla “modica” cifra di 9,99 euro – alcune pubblicazioni della “Fondazione Craxi” sulla cui obiettività, ovviamente, è tutto da discutere.
Si propone, in sostanza, la “riabilitazione” del defunto segretario socialista.
Craxi venne eletto segretario del psi quando avevo 20 anni e morì da latitante quando ne avevo 43.
Il mio ricordo di Craxi è negativo.
Non tanto per le accuse che gli sono piovute addosso, anche se fu per quelle che è scappato e che subì la “damnatio memoriae”, ma per la sua attività politica.
Craxi fu il tipico socialista che non modificò di una virgola la abituale posizione del psi di Nenni, De Martino, Mancini, Lombardi.
La “politica dei due forni” ancorché teorizzata da Andreotti, fu praticata dai socialisti che, anche con Craxi, stavano al governo a Roma con la Dc e in periferia con il Pci, favorendo la schizofrenia della politica italiana e praticavano l'assalto alle finanze pubbliche con i finanziamenti a lobbies e conventicole varie.
Il ricatto che i socialisti, sin dall’infausto loro ingresso al governo nel 1963, preceduto dai primi approcci del 1961-1962, fu continuato da Craxi che ottenne prima per Pertini il Quirinale e poi per se stesso la presidenza del consiglio, per non parlare della presidenza di Enel, Eni, Rai e tante altre piccole aziende pubbliche.
Tanto dai democristiani, tanto dai comunisti, ugualmente colpevoli di aver ceduto al ricatto socialista.
Eppure, nonostante tutto ciò, gli Italiani non diedero mai il loro consenso ai socialisti di Craxi come lui si sarebbe aspettato.
Il psi di Craxi non riuscì mai ad arrivare al 15% del consenso popolare: ci sarà un perché …
La politica socialista, continuata pari pari da Craxi, fu la principale responsabile dello spreco statalista ed assistenzialista, nonché della ingovernabilità di governi soggetti al capriccio di umbratili segretari di partito.
L’amicizia di Craxi per i palestinesi trovò il suo apice nell’infame episodio di Sigonella quando consentì ai terroristi assassini dell’Achille Lauro di involarsi liberi, impedendo la loro cattura da parte dei marines.
I suoi scontri con De Mita fornirono assists ripetuti ai comunisti per picconare quella minima stabilità governativa.
La sua “statura” di statista, per me inesistente, è misurata dalla rottura operata durante il rapimento Moro, quando tutte le forze politiche, in un soprassalto di dignità, si rifiutarono di trattare – come si deve sempre rifiutare di trattare – con i terroristi delle brigate rosse, mentre lui cercò di indurre ad aprire un dialogo addirittura proponendo la liberazione di una terrorista.
Certo, Craxi assunse anche delle iniziative positive, come l’abolizione della scala mobile e l’installazione dei missili Pershing e Cruise, ma furno episodi, spesso determinati dalle convenienze e obblighi internazionali e il più delle volte condizionati dagli alleati di governo.
Quanto alla vicenda delle tangenti e dei finanziamenti, il fatto che tutti i partiti, escluso l’Msi e la nascente Lega, ne fossero coinvolti perché la politica costava e costa, non è una scusante, semmai è una aggravante nei confronti di Craxi essere stato l’unico che, pescato con le mani nella marmellata, invece di combattere e cercare di affermare le proprie ragioni, rischiando la galera o i servizi sociali come capitò a molti suoi colleghi, lasciò campo libero ai magistrati giustizialisti, scappando dagli amici tunisini, e regalandoci una presenza delle toghe in politica che stiamo ancora subendo.
Per questi motivi il mio giudizio su Craxi non è cambiato rispetto agli anni della sua ascesa, decadenza e latitanza e non ritengo che, finchè avremo memoria, finchè ci sarà ancora qualcuno che in quegli anni ha vissuto, si possa pensare ad una riabilitazione di Craxi.
E tanto meno intitolargli strade, piazze e neppure un vicolo cieco.

sabato 16 gennaio 2010

io sono lggenda

Ho preparato il testo per questo post in un foglio di word per poi riportarlo con più comodo nel post col classico "copia/incolla"
Solo che il copia/incolla NON FUNZIONA SUL TESTO DEL POST: funziona per il titolo, per i commenti, ma non per il testo del post.
Boh !! Una volta funzionava !! Forse perchè ora navigo con internet explorer 8 che ho scaricato nei gg.. scorsi
Comunque ho risolto così: il testo è nei commenti.

Saluti.

giovedì 7 gennaio 2010

Auguri al "primus inter pares"

Un mese, tre compleanni, di cui due sotto il segno del Capricorno.
Auguri al mio omonimo, da sempre il "primus" tra tutte le mie conoscenze a compiere gli anni "inter pares" composti dai "bravi ragazzi" del 1956.
Auguri, Massimo.

martedì 5 gennaio 2010

Costituzione da riformare o da riscrivere ex novo ?

Dopo un mese in cui sono sempre stato fuori Bologna nei giorni di festa, ecco finalmente l’Epifania che, se tutte le feste si porta via, è anche una giornata a mezzo tra due lavorative, per cui rinuncio a “correre” altrove e godo la quiete e gli ozi di casa “e il naufragar m’è dolce in questo mare”.
Così anche questo scampolo di giornata, un’altra con una bella spolveratina di bianco, lo dedico ad un argomento che piacerà molto a Roberto e che, pur essendo di attualità grazie all’esternazione di Brunetta, non abbiamo ancora discusso nelle nostre fatiche da Ercole.
La nostra costituzione è da riformare o da riscrivere ex novo ?
Quel che segue è la mia opinione, che ho postato nel mio blog personale e che adesso, rivolgendomi ad Amici, ho depurato dalle provocazione inserite volutamente per far salire la pressione a quelli di sinistra che vengono a leggermi quotidianamente.
Il ministro Brunetta ha vari meriti, le sue esternazioni, mai “politicamente corrette”, increspano le acque sin troppo ferme della palude politica e, adesso, ha finalmente rotto il tabù che imponeva, a chiunque parlasse di riformare la costituzione, di specificare che da modificare era la seconda parte e non la prima.
Finalmente anche la prima parte non è più intoccabile e allora diciamola tutta: la nostra costituzione deve essere riscritta ex novo e non rattoppata alla bene meglio togliendo una parola qui e aggiungendone una là (Valeria: non sollevare l’obiezione formale dell’art. 138 e anche 139, tutto può essere modificato se il Popolo, che è sovrano, ne ravvisa la necessità tramite i suoi rappresentanti … e a volte anche in prima persona … ;-).
La costituzione vigente risale ad un’epoca che, stante i cambiamenti intervenuti, appare lontana dalla società e dalla politica di oggi.
E’ il frutto di un “lavoro” di due anni (1946-1948) da parte di una classe politica inesperta o a lungo al di fuori di ogni attività amministrativa, proveniente o dall’esilio o dalla burocrazia.
Esponenti alquanto anziani dell’Italia prefascista e giovanotti che, spesso, si erano convertiti il 25 luglio 1943 (o addirittura il 25 aprile 1945) dopo magari aver insegnato “Mistica Fascista”.
Era un’Italia che usciva da una guerra persa che, per certi aspetti, aveva anche assunto la connotazione di guerra civile.
Ma, soprattutto, era un’Italia in cui emarginati gli eredi del Fascismo – che comunque aveva fatto la Storia Patria per 22 anni – e ignorata la marginale elite liberale ed azionista, era spartita tra due grandi filoni dogmatici e ideologici: i cattolici che avrebbero sostenuto la Democrazia Cristiana e i socialcomunisti che avrebbero dato vita al Fronte Popolare (poi scisso, dopo la sconfitta del 18 aprile, nel pci e nel psi).
E la costituzione risente tutta della paternità socialcomunista e della maternità cattolica.
E’ una costituzione che già con la caduta del comunismo e la successiva, ingloriosa, fine della Democrazia Cristiana sopravvive, ai suoi genitori, mantenendo ingessata la politica italiana perché era stata pensata proprio per impedire che una parte potesse avere la forza per informare ai propri ideali e valori la società italiana.
Pensiamo che solo nel 2005 fu abolita la XIII disposizione transitoria e finale che impediva ai membri maschi di Casa Savoia di rientrare in Italia, mentre è tuttora vigente l’anacronistica XII disposizione transitoria e finale che proibisce la ricostituzione del Partito Nazionale Fascista.
Come se, dal 1948, dopo 62 anni, ci fosse ancora qualcuno che considera così debole la nostra democrazia da paventare la libera circolazione ed espressione delle idee veicolate da un nome “particolare”.
E che dire del quadro internazionale ?
Allora il pericolo arrivava dalle steppe russe, oggi dai deserti del medio e lontano oriente.
Un articolo, l’11, caduto in desuetudine dalla doverosa partecipazione alla guerra contro il terrorismo.
Un sistema parlamentare costruito per impedire decisioni rapide che è da tempo controproducente in quanto parametrato su una società che non aveva la televisione, ma solo la radio, pochi telefoni, e viaggiava su lentissime ferrovie, mentre oggi è la rapidità che consente di far guadagnare posizioni per tutte le attività cui siamo impegnati.
Allora ben venga la provocazione del ministro Brunetta e allarghiamo il concetto a tutta la costituzione del 1948 il cui posto, ormai, è in una teca al museo archeologico del diritto, per scrivere una nuova Carta Fondamentale.
Una Carta breve, che possa essere studiata a memoria sin dalle scuole elementari, agile, contenente solo i principi e i valori ispiratori la nostra comunità che vuole perpetuare la Nazione Italiana.
E, forse, sarebbe sufficiente un solo articolo che dicesse con chiarezza che la Libertà è il bene supremo e lo stato, uno stato che si rispetti, la deve garantire in ogni sua forma (pensiero, parola, scritti, associazionismo) anche nei confronti di chi dovesse esprimere opinioni difformi da quelle “codificate”.
Perché a decidere dove e come indirizzare lo sviluppo della nostra società è solo il voto, espressione della Sovranità Popolare e non qualche sinedrio di “migliori” tali solo per autoreferenzialità e che non hanno mai il coraggio di proporsi al giudizio – cioè al voto - popolare.
Buona Epifania !