martedì 24 maggio 2011

Talebani

Da Il Resto del Carlino online di oggi:

"New York, 24 maggio 2011 - Fumare oggi una sigaretta a Madison Square, a New York, può costare fino a 50 dollari di multa. E’ entrata infatti in vigore la nuova legge approvata lo scorso febbraio dal Consiglio comunale, che ha esteso il divieto di fumo ai 1.700 parchi della città, alle zone pedonali della città, come Times Square, e lungo i 22,5 chilometri di spiaggia. Nella Grande Mela è in vigore dal 2003 il divieto di fumo nei bar e nei ristoranti, così come sui luoghi di lavoro.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle nuove norme, il dipartimento della Sanità ha annunciato il lancio di una campagna in televisione, sulla metropolitana e sui media. In prima fila il sindaco Michael Bloomberg, ex fumatore diventato un nemico implacabile della sigaretta: a suo dire, gli spazi pubblici saranno da subito “più piacevoli, più sani, più appropriati”.

“I fumatori passivo corrono un grande rischio e diminuire l’esposizione dei newyorkesi al fumo è un passo importante per rendere la nostra città una città in migliore stato di salute”, ha aggiunto Bloomberg. La sigaretta è responsabile di un terzo dei decessi evitabili in città, secondo il sindaco."


E' un comportamento civile non fumare nei luoghi chiusi e privi degli idonei aspiratori, ma all'aperto ...

Questa mattina, durante la trasmissione radiofonica "Istruzioni per l'uso" in onda su RadioUno tra le sei e le sette, hanno anche detto che, sempre a New York, in certi condomìni è vietato fumare anche nel proprio appartamento.

Francamente mi sembra che gli ecoambientalisti stiano sbroccando a tutto andare ...

lunedì 23 maggio 2011

Salvi, ma senza gloria

Il Bologna, nonostante le gufate di Merola, giocherà un’altra stagione in serie A.
Per uno che, a neppure otto anni di età, fu emotivamente coinvolto dallo scudetto del 1964 (con tutta la storia del “doping”, la morte del Presidente dopo un litigio con Moratti, lo spareggio ...) la permanenza in serie A del Bologna (una delle squadre più titolate d’Italia, direi quinta o sesta dopo Juventus, Milan, Inter e Genoa, alla pari con il Torino con il quale la differenza dovrebbe farla lo scudetto del 1927, vinto dal Toro, revocato però mai assegnato al Bologna come invece accadde per quello del 2006 revocato alla Juve e assegnato a tavolino all’Inter arrivata terza sul campo) non può suscitare entusiasmi.
Alla Catalano si può dire comunque che è meglio giocare in serie A che in serie B, ma giocare come ?
Leggo sul Carlino che le sei sconfitte e due pareggi degli ultimi due mesi di campionato, a Bologna ormai salvo, sono costate tre milioni e trecentomila euro per via dei bonus attribuiti in base alla classifica finale.
Posso capire che le vicende societarie (cinque presidente in nove mesi !!!) abbiamo influenzato negativamente una volta raggiunto l’ obiettivo (?!?) della salvezza.
Ma la “ciliegina”della sconfitta in casa, per quattro a zero, nell’ultima giornata di ieri, contro l’ultima e già retrocessa, rovina quanto di bello fatto nel corso dei mesi precedenti.
Salvi, ma senza gloria.
E insistono nella cooperativa dei proprietari, quando tutti sanno che ogni società, anche di calcio, funziona quando a comandare è uno e uno solo.
San Massimo (Zanetti), pensaci tu !

martedì 10 maggio 2011

AMARCORD "bala a panirein anni '70"











Carissimi, era un po’ di tempo che volevo pubblicare questo post relativo allo sport che più di tutti mi ha appassionato e che ho praticato fino a due anni fa prima come giocatore, poi come allenatore (io preferisco essere definito istruttore) di categorie giovanili. Credo, come si evince dal titolo, che il dialetto bolognese, anche se a me piace pensarlo di più come una lingua in questo momento storico di autonomie locali, sia l’unico che contempli la traduzione letterale della parola americana basketball. Tale termine nacque ancora, mi raccontava mio padre, quando le V nere giocavano nella chiesa sconsacrata di S. Lucia e temo che pochissimi giovani conoscano, in quanto l’uso del dialetto si è perso già con al nostra generazione (io lo parlavo solo coi miei nonni materni). Cominciai ad andare al palasport che non si chiamava ancora Paladozza né aveva ancora il soprannome di “Madison” nei primi anni 60 con mio padre che mi trasmise la sua passione (lui seguì la Virtus fin dai primi anni del dopoguerra quando giocavano ancora in Sala Borsa) per questo sport stupendo fin da bambino. Amarcord anni 70: i tempi del Ginnasio, del Liceo, dei concerti rock, dei concerti jazz che tanto mi appassionavano e soprattutto gli anni di esplosione a livello nazionale del movimento cestistico, quando nella nostra città i ragazzini andavano più volentieri al campetto col pallone n7 anziché n5 e quando avevano grande risonanza soprattutto cittadina i derbies Virus-Fortitudo. Nella prima foto ho voluto ricordare 3 grandi campioni dello sport cittadino, Giacomino da Medicina (grande bandiera rossoblu anni 60 e 70), John “Kociss Fultz” (mitico americano e idolo delle ragazzine per la sua avvenenza ingaggiato dalle V nere che cercavano di tornare nell’empireo del basket nazionale dopo aver disputato lo spareggio per non retrocedere) e ultimo ma non da meno l’unico giocatore che ho sempre invidiato alla Fortitudo Gary “Baron” Schull vera anima di una rivale brutta sporca e cattiva ma che ahimé, proprio grazie alla grinta di questo inarrivabile campione, troppo spesso ci faceva ingoiare polvere nei troppi derbies in cui partivamo da favoriti. I derbies erano un vero evento e si doveva arrivare ore prima al palazzo per accaparrarsi un posto a sedere (c’erano pochi posti numerati) e come ho detto prima le due compagini cittadine si equivalevano per cui le partite erano delle vere e proprie battaglie e se succedeva a noi virtussini di perdere il derby, venivamo presi per i fondelli fino al derby successivo, anche perché le velleità di classifica della Virtus erano sulla carta più ambiziose di quelle della Fortitudo che, quando riusciva a battere i cugini in entrambe le stracittadine, era per i suoi tifosi come se avesse vinto il campionato. A fine anni 90 e primi anni 2000 i derbies assunsero importanza ben maggiore e determinarono in quegli anni non più la supremazia cittadina ma quella nazionale e in un paio di stagioni anche quella europea facendo diventare Bologna “Basket City”. Tornado ai mitici anni 70 Kociss era un realizzatore nonché cecchino eccezionale (aveva infatti delle medie realizzative incredibili grazie ad una tecnica inimitabile); il Barone invece era un difensore, rimbalzista e realizzatore incontenibile: insomma un giocatore totale che riusciva soprattutto grazie alla sua indomita grinta a trascinare i compagni, che non erano certo dei fenomeni, ad ottenere dei risultati imprevisti battendo tante volte anche le grandi squadre del campionato. In quegli anni come vi dicevo, per assistere al derby i tifosi arrivavano al palazzo subito dopo pranzo e passavano 3-4 ore all’interno in attesa che iniziasse il riscaldamento prepartita dei giocatori; da quel momento in poi era veramente uno spasso con le tifoserie che si prendevano in giro, per altro molto accesamente ma senza mai eccedere creando un clima di tensione inimmaginabile. Spesso accadeva che per ingannare l’attesa dei tifosi prima della partita principale si giocassero alcune partite dei cinni dei settori giovanili. Accadde che prima di un derby, per altro vinto dalla Virtus, si giocasse il derby dei cinni ed io in V^ ginnasio avevo la maglia con la V nera sul petto e per di più giocavo con lo stesso numero di Kociss……. Insomma entrammo in campo per giocare una partita sentitissima anche per noi giovani di allora e quando cominciò, dentro il palazzo c’erano già 4000 persone che assistevano al nostro incontro non passivamente, ma facendo un tifo indiavolato perché identificavano in noi giovani le reciproche fazioni della battaglia cui dopo avrebbero assistito. Anche a livello giovanile le due compagini erano estremamente equilibrate ma quel giorno, traditi forse dall’emozione, i miei compagni giocarono un primo tempo ignobile e finimmo sotto di 20 punti col sottoscritto tenuto fino a quel momento in panchina. Nel secondo tempo il coach finalmente mi diede fiducia e mi fece scendere in campo: l’idea di giocare davanti ad un palazzo ormai pieno (5000 ed oltre) mi faceva tremare letteralmente le ginocchia dall’emozione: sedici anni sono pochi e non si è ancora maturi per sopportare certe responsabilità. Comunque scesi in campo con grande determinazione; alla seconda o terza azione ricevetti la palla e feci scoccare dall’angolo uno dei miei migliori tiri (anch’io sono sempre stato un discreto tiratore): ciuff (only net)….. avevo segnato. Il palazzo esplose, il parquet tremò per alcuni secondi e c'era un frastuono inimmaginabile: io mi galvanizzai ed in trance agonistica giocai una partita memorabile; questa mia sicurezza rinfrancò anche i miei compagni e grazie ad alcuni miei canestri ed al nostro buon gioco di squadra ritrovato riuscimmo a recuperare fino a pareggiare l’incontro a pochi minuti dalla fine. Poi, pagando un po’ lo sforzo fatto per rimontare, concedemmo qualcosa di troppo nel finale e finimmo per perdere di due punti dimostrando comunque orgoglio nel non voler soccombere di netto agli avversari davanti a cotanto pubblico.
Scusate se ho annoiato qualcuno ma volevo farvi partecipi di questo che è uno dei più bei ricordi che ho di quegli anni.








lunedì 9 maggio 2011

Vent'anni dopo ... allo stadio

Ieri sono andato allo stadio a vedere Bologna-Parma.
Erano venti anni (più o meno) che non ci andavo e mi limitavo a guardare le partite per televisione.
L’ultima volta fu ... un altro pareggio, un Bologna-Vicenza vista, più o meno dalla stessa visuale, con mio padre, prima che i problemi di vista gli impedissero anche questo piacere.
Devo dire che mi è sembrato di non aver mai smesso di andarci.
Lo stadio di Bologna è un piccolo gioiello.
Non capisco proprio, se non sotto un profilo essenzialmente speculativo, chi vorrebbe costruirne uno nuovo: non ne abbiamo bisogno.
Il prato verde sembra perfetto e la visuale è ugualmente ottimale.
Da qualunque posizione si può vedere bene il campo.
L’ambiente, il “sapore” di una partita di calcio vista dal vivo è sicuramente più gradevole delle partite viste da casa, anche in compagnia degli amici.
Sicuramente a favorire questa impressione era la giornata, splendida: dubito avrei avuto la medesima sensazione durante una delle tante domenica di pioggia o neve dell’inverno scorso.
Ho incontrato alcune persone di mia conoscenza, tra le quali, seduto nella fila davanti ad appena due poltroncine di distanza, un fratello del nostro Massimo, Francesco che mi ha detto di aver conservato la passione per il Bologna.
Il sistema dei posti numerati e dell’acquisto dei biglietti in prevendita mi sembra funzionale (sono arrivato alle 14.40-14.45, praticamente poco prima dell’inizio della partita) mentre mi sembrano eccessivi ben quattro controlli agli accessi (al momento in cui si entra allo stadio, con biglietto e carta di identità in mano; poco prima del tornello, quindi il tornello e infine prima di salire nel settore).
L’uscita è abbastanza veloce.
Insomma, tutti gli elementi di contorno, comodità, ambiente, meteo, hanno segnato un bel “più” a favore della gradevolezza del pomeriggio domenicale allo stadio.
Purtroppo la partita non è stata all’altezza dello stadio e del clima.
Il Bologna è irriconoscibile rispetto alla squadra che ci diede l’immensa soddisfazione di battere la Juve a Torino e i giocatori (anche del Parma, peraltro) sembravano appena dimessi dal Cottolengo.
A metà del secondo tempo, a sostituzioni già completate, mezza squadra si tastava cosce e ginocchia e zoppicava.
Non è questa la sede per una analisi tecnica e, quindi, chiudo domandandomi se vale la pena tornare allo stadio.
La risposta è comunque “”.
Certo l’abbonamento è altra cosa e francamente una squadra così non merita il sacrificio (economico e “fisico” in inverno) dell’abbonamento (cioè di un impegno costante, a domeniche alterne, per 19 partite da settembre a maggio!) anche se la speranza di tornare a vedere un Bologna quanto meno decoroso, non morirà mai.
Ma l’ambiente dello stadio in una giornata di sole primaverile è sempre piacevole e, indipendentemente dal risultato, salutare.
Ci tornerò e qualcosa mi dice che tornerò presto anche al Gianni Falchi ...

venerdì 6 maggio 2011

Registro delle opposizioni

Questo potrebbe essere definito un “post di servizio”, anche se immagino, considerata la natura e la storia degli interlocutori, siate già a conoscenza del ... servizio.
Pubblicità telefonica.
Da alcuni mesi è in vigore il cosiddetto “registro delle opposizioni” per chi non vuole più ricevere telefonate con un interlocutore che, a tutti i costi, vuole farti il favore di farti risparmiare.
Non avevo intenzione di iscrivermi, perchè meno “registro” i miei dati in qualsivoglia elenco, più mi ritengo libero nonostante tutta la marea di controlli cui siamo sottoposti.
Ma anche perchè in passato ebbi modo di apprezzare i prodotti di un paio di aziende vinicole friulane che avevano fatto una telefonata pubblicitaria.
Ma un mesetto fa la situazione era divenuta intollerabile.
Tornando a casa constatavo che durante la giornata arrivavano almeno quattro o cinque telefonate e la coda proseguiva anche fino alle nove di sera.
Avevo preso l’abitudine di non rispondere quando appariva “chiamata anonima” o “numero privato”.
Ma anche il “nemico” si è fatto furbo e adesso appariva il numero chiamante.
Così mi sono deciso: www.registrodelleopposizioni.it e ho seguito la procedura indicata.
Avevo molti dubbi sull’efficacia, ma mi devo ricredere.
Nel giro di due giorni (le indicazioni parlavano entro quindici giorni, perchè le aziende devono organizzarsi per raccogliere i dati ogni quindici giorni) sono cessate del tutto le telefonate pubblicitarie.
Stop alla pubblicità indesiderata, anche se ho dovuto “registrarmi” in un pubblico registro, sia pur delle opposizioni, facendo un altro passo all’interno del grande fratello contemporaneo.