domenica 26 ottobre 2014

Bologna e Modena

Se gli Stati Uniti e l’Inghilterra sono due grandi nazioni divise da una lingua comune, Bologna e Modena sono due città decadute, divise da un piatto di tortellini.
La plurisecolare rivalità rivive nello sport e, in particolare nel calcio.
Noi abbiamo un’età che ci consente di ricordare, sia pur vagamente, le sfide degli anni sessanta in serie A.
Con la Spal di Ferrara, terzo incomodo, di cui ricordo il vulcanico presidente Mazza, precursore dei vari Rozzi, Anconetani, Gaucci e Zamparini.
Rivalità intense, antiche, nobili.
La partita (brutta !) di venerdì sera è stata montata dalla stampa richiamando quelle rivalità.
Ma nulla a che vedere con il glorioso passato che vedeva il Bologna con una formazione che comprendeva Cervellati, Bulgarelli, Nielsen.
Del Modena di allora, invece, non ricordo altro che un oriundo, credo, di nome Toro e che ho sempre immaginato con un copricapo di piume d’uccello, neanche fosse il Toro Seduto dei film di John Wayne.
Insomma, il Modena sempre ad inseguire, il Bologna sempre davanti.
Anche se, a volte, non sempre chi sulla carta è più forte, poi vince.
Mi piace evidenziare lo striscione della curva modenese che ringraziava Bologna per gli aiuti forniti nella recente alluvione.
Come a dire che, al di là di ogni rivalità di cui oggi si è persa memoria, le disgrazie uniscono e la solidarietà tra uguali resta sempre un elemento fondamentale del progresso civile.

P.S.: so che tra noi c’è chi ha nel modenese il centro principale di vita quotidiana … ma spero non abbia rinunciato alla sua bolognesità 

P.P.S.: finalmente oggi siamo tornati all’ora naturale.

giovedì 23 ottobre 2014

Auguri, Claudio

Avrei potuto farti gli auguri venerdì scorso quando, con Pietro, ci siamo "attovagliati", ma francamente, me ne sono dimenticato, preso com'ero da tutti gli argomenti che abbiamo toccato.
Così continuo la tradizione anzi, la Tradizione di postare gli auguri di buon compleanno, man mano che me ne sovviene la ricorrenza.
Auguri !

domenica 19 ottobre 2014

Il sogno Americano

Sono rimasto decisamente stupito dall'entusiasmo che vedo per l'acquisto del Bologna da parte della cordata Americo-Canadese capeggiata da Joe Tacopina e Joey Saputo.
Tacopina non ha fatto nulla (anche la vittoria di ieri è frutto di una squadra costruita da Guaraldi) tranne alcuni gesti simbolici.
Evidentemente, checchè ne dicano alcuni soggiogati dal materialismo e dal relativismo, i simboli muovono ancora le coscienze e i sentimenti.
L'entusiasmo che Tacopina ha ... Saputo creare nei bolognesi può essere utile per un rapido ritorno in serie A, ma può anche evaporare se non sarà riempito di contenuti.
Ma non è questo che mi interessa oggi evidenziare, quanto piuttosto la voglia di "Fede" , la ricerca di Valori nei quali ritrovarsi e per i quali combattere che è rappresentata dal successo del marketing operato dall'avvocato newyorkese.
Poco importa che il calcio sia "solo" uno sport, quel che importa rilevare è che quando qualcuno riesce a toccare le corde profonde e universali del sentimento, dell'identità di gruppo e di appartenenza, la reazione è pressochè inevitabile e positiva.
Ed è anche contagiosa, se si pensa che ieri Sky ha dedicato un prepartita di un'ora a Bologna-Varese, con intervista ad un Tacopina accolto a Bologna e allo stadio come un Console tornato vincitore da una campagna bellica.
Io mi auguro che questo entusiasmo non si spenga e trascini il Bologna alla promozione dopo un campionato di soddisfazione e goal (bellissimo quello di Cacia ieri).
Come mi auguro che possa arrivare qualcuno che sappia stimolare analogo entusiasmo anche per questioni più importanti sotto il profilo culturale, identitario, nazionale, economico.
Perchè la vera essenza del sogno Americano non è la sua realizzazione, ma le opportunità che si presentano per tutti.
Spesso non è necessario che un sogno si realizzi, ma che lo si possa vedere, per cercare di raggiungerlo e, comunque, fare il meglio possibile.

venerdì 10 ottobre 2014

Mai lasciare il certo per l'incerto

Colpo di scena nel Bologna.
Sembrava che, con una stretta di mano, Albano Guaraldi, presidente e detentore della maggioranza assoluta delle azioni del Bologna, avesse ceduto il comando a Massimo Zanetti, re del caffè, quando, con una inversione che, moralmente, mostra solo lo spessore di chi l'ha compiuta, il consiglio di amministrazione del Bologna (cinque soci) ha deciso di cedere alle offerte degli Americani, di cui si conosce solo il portavoce (Joe Tacopina) ed uno dei soci (Joey Saputo).
Intendiamoci, i soci davanti alla coerente posizione di Zanetti che negava loro qualsivoglia remunerazione del capitale investito, non volendo pagare per "premiare" la retrocessione, hanno legittimamente difeso i loro interessi economici, accettando l'offerta di chi proponeva di versare loro sei milioni.
Dal punto di vista del Bologna, però, quei sei milioni sono sei milioni tolti alla squadra, sei milioni in meno per la rinascita.
Senza considerare che ancora sfugge la ragione per cui Tacopina e Saputo vogliano, così pervicacemente, il Bologna calcio, appena retrocesso, senza un pubblico diffuso che abbia seguito nazionale, senza un brand che possa servire ad un lancio a breve sul mercato di prodotti di vario genere.
Ma, soprattutto, con l'entusiasmo inopinato della maggioranza dei tifosi, si è abbandonata la via certa di un grande imprenditore Italiano, con radici, anche se non di nascita, bolognesi e con interessi a Bologna, tali da garantire i suoi legami in città e, quindi, l'interesse a non ababndonare la squadra, per scegliere l'avventura con un gruppo ancora ignoto nella sua composizione globale, senza radici nè interessi di alcun genere in città e che, alle prime difficoltà, potrebbero semplicemente prendere un aereo e sparire per sempre.
Le dichiarazioni di Zanetti riportate oggi sul quotidiano della città, non lasciano adito a dubbi.
Se, dopo la rivolta dei "nani" che portarono alla presidenza Guaraldi (conclusasi con la retrocessione e il balletto nelle trattative di cessione) dichiarò che lui per il Bologna c'era sempre e se chiamato avrebbe rispoto, oggi, dopo il voltafaccia di quegli stessi "nani" che si erano recati in pellegrinaggio a Treviso per chiedere il suo intervento, ha dichiarato di non volerne più sapere.
Adesso il Bologna è veramente solo.
Non resta che sperare che Tacopina, Saputo e soci non siano un bluff, ma abbiano veramente interesse a riportare il Bologna in serie A e poi a trasformarlo in una formazione competitiva.
Anche se non riesco proprio a capire il "perchè" dovrebbero avere questo interesse.
Ma non posso che sperarci, non avendo alternativa.

domenica 5 ottobre 2014

L'arte del comando

Ogni organizzazione grande o piccola che sia, da uno stato ad una bocciofila, funziona in quanto chi comanda è in grado di esercitare il suo ruolo.
Tanto maggiori sono i passaggi burocratici, parlamentari, compromissori che un provvedimento deve svolgere, tanto minore è la sua efficacia.
Insomma una precisa gerarchia con un vertice in cui, alla fine, uno e uno solo comandi è il segreto di una efficiente azione amministrativa.
Io mi ricordo, prima delle leggi che trasformarono le società di calcio in spa e poi (legge Meandri) anche eliminando il limite della mancanza di finalità di lucro, come erano gestite le società di calcio.
Poche manfrine, il presidente comandava, vendeva e comprava giocatori, non aveva obbligo di redigere bilanci con particolari parametri e scadenze e se le cose funzionavano, poteva anche guadagnarci, se non funzionavano perdeva e anche tanto.
Poiché però nello sport uno vince e tutti gli altri perdono, per quanto la vittoria fosse maggiormente ripartita tra le varie squadre principali, c’erano sempre pochi che guadagnavano e tanti che perdevano.
Da qui la definizione dei presidenti delle squadre di calcio come “ricchi e scemi”, ricchi perché dovevano avere un robusto patrimonio per compare e gestire una squadra, scemi perché quel patrimonio era destinato ad essere intaccato pesantemente dalla passione.
Quel presidente è stato mirabilmente interpretato da Alberto Sordi ne Il presidente del Borgorosso Football Club.
Anche adesso chi detiene una squadra di calcio deve avere un robusto patrimonio, anche se con la storia della spa, risulta impegnato solo in quanto prestatore di garanzie personali.
Vi sono anche limiti imposti dal politicamente corretto (come le limitazioni agli acquisti ed agli ingaggi) sistematicamente violati che incidono solo come paravento per chi non vuole più spendere e trova in essi un comodo salvagente dalla rabbia dei tifosi.
Tifosi che, da parte loro, non spendono nulla se non il biglietto per lo stadio o l’abbonamento alla televisione, ma coprono di insulti chi ci mette del suo se i risultati non vengono.
E’ il caso del Bologna.
Dopo il tentativo dell’azionariato diffuso, fallito, seguito alla meteora Porcedda, il Bologna è finito, come doveva essere, nelle mani maggioritarie di un solo soggetto, Albano Guaraldi.
Non so cosa avesse in mente, sicuramente era convinto di potercela fare, ma aveva fatto i conti male e così il Bologna si è ritrovato in crisi e, con la retrocessione, Guaraldi è andato in debito di ossigeno (pagheremo per tale ragione anche un punto di penalità per il ritardato pagamento dell’irpef sugli stipendi dei calciatori).
La piazza si è rivoltata e Guaraldi ha cercato compratori.
Si sono presentate alcune cordate respinte perché Guaraldi non le riteneva adeguatamente garantite.
Molto avanti è andata la trattativa, quasi chiusa, con gli “Americani” (Joe & Joy) che avevano saputo conquistare il sostegno della piazza con una accattivante marketing sostenuto dal quotidiano della Città (il Carlino) .
Alla fine è arrivato il Re del Caffè, Massimo Zanetti, che ha sottoscritto l’intero aumento di capitale, prendendosi la maggioranza e dando al Bologna, per la prima volta dopo molti anni, una guida certa, stabile e con le spalle forti, cioè con il portafogli ben fornito.
Incredibilmente i tifosi non hanno gradito.
Ma io preferisco Zanetti agli Americani.
Preferisco un presidente che, mettendoci la faccia, sia, se non del posto (Zanetti è di Treviso) ma con interessi anche a Bologna, piuttosto che personaggi che non hanno alcuna radice a Bologna.
I loro milioni, in mancanza di meglio, sarebbero stati i benvenuti, ma chi ci garantisce che alle prime difficoltà non avrebbero mollato tutto ?
Per Zanetti, invece, mollare sarebbe più difficile e se lo facesse (personalmente non ritengo concluse le vicende societarie) avrebbe tutto l‘interesse a cedere il Bologna in mani sicure e non ad un improvvisato presidente.
Sì, perché un magnate dell’industria, che sia del caffè o delle mozzarelle non importa, ha creato il suo impero grazie alla capacità di comandare che implica di scegliere gli uomini giusti per gestire i vari settori della sua attività.
Zanetti ha dimostrato di saper esercitare l’arte del comando e anche nel calcio ha individuato il suo uomo di settore cui delegare l’azione che dovrà riportare il Bologna in serie A e, magari, far cessare i campionati sconsigliati per deboli di cuore che abbiamo avuto dal 2008 ad oggi.
E’ un bene che Bologna abbia ritrovato Zanetti, a prescindere dal tempo che vorrà restare in questo settore.
Potrà dare alla società quella stabilità che un bravo amministratore può garantire anche per quando lui non sarà più tale.