lunedì 30 marzo 2009

MITI


Ragazzi, che meraviglia!

Stamane, mio giorno libero, ho accompagnato una classe all’ Alma Mater per un Convegno sulla Costituzione.

Tra i relatori, due professori con cui diedi diritto commerciale e diritto pubblico comparato (Galgano e De Vergottini) : che emozione!

Tanta emozione, ostentata con orgoglio ai miei studenti, mi ha portato a una riflessione amara: sto veramente invecchiando…

Nella mia mattinata, non solo i ricordi universitari, ma anche il famoso portico di apertura del nostro blog, il mitico portico del Galvani: è sempre meraviglioso ripercorrerlo e, comunque, stargli “vicino”.

Davvero: è incredibile come, quando ami qualcosa o qualcuno, la semplice vicinanza all’ oggetto amato sia così totalmente appagante.

Sempre legato al Galvani è lo spettacolo teatrale che ho visto ieri e che, se speravate che ve lo passassi sotto silenzio, vi siete sbagliati di grosso.

Innanzitutto, la protagonista che per ben due ore ha retto, sola, la scena è Lella Costa. Nello scriverlo assaporo già l’ aria di totale disgusto di Massimo F…:-)

In effetti, ho la caratteristica (o è un pregio?) di guardare uno spettacolo senza preclusioni ideologiche di sorta: Lella Costa mi fa ridere. Detesto la Littizzetto che non riesce MAI a farmi ridere, ma mi sganascio con la Costa e, ancora di più, con i fratelli Guzzanti, Corrado e Sabina

Quest’ ultima, con la parodia di Berlusconi,. è per me irresistibile..anche se, quando le guardo la faccia rifatta ( come mai una donna di sinistra è così legata all’ apparire?), sono molto soddisfatta del mio voto (meno, quando guardo la Santanchè)

“Ragazze” è il titolo dello spettacolo di ieri. Che mi ha fatto (ri?) scoprire che Italo Calvino ha scritto “L’ altra Euridice”. Partendo da questo racconto di Italo Calvino, appunto, Lella Costa prova a raccontare le donne, il loro andare, incerto ma inesorabile, il voler esplorare e partire e mettersi in gioco e capire, questo continuo sfidare e chiedere conto e pretendere rigore e rispetto e coerenza; la fatica e la leggerezza, il dolore, lo sgomento, la rabbia, i desideri, la testardaggine, l’autoironia, il magonismo terminale, la sorellanza che forse é perfino più inquieta della fratellanza… Euridice e le altre, nei secoli protagoniste o (e?) testimoni di uxoricidi impuniti e vessazioni quotidiane, di espropriazioni subdole e continue, di gesti eroici e delitti inauditi, e di quel costante, incoercibile, formidabile accanimento terapeutico nei confronti del futuro. Euridice e le altre, sicuramente non tutte -ma molte- le “ragazze senza pari” che abitano, e animano, la nostra vita e la nostra memoria. E che, compatibilmente con il mondo, riescono ad essere straordinariamente creative, e irresistibilmente simpatiche.

La tematica è sempre quella: le Donne.

Ma anche gli Uomini.

Ve la ricordate la storia dell’ amore tra Orfeo e Euridice?

Orfeo era un poeta e un musicista, suonava la lira e la cetra come nessun altro, e il suo canto aveva poteri magici; gli animali feroci lo seguivano mansueti, gli alberi si piegavano verso di lui per sentire più da vicino le sue note, i suoi versi potevano commuovere anche i più duri di cuore. La sua sventura cominciò con la morte della moglie Euridice, che calpestò un serpente velenoso e finì nel regno dei morti. Orfeo non si rassegnò, e decise di fare ogni possibile tentativo per riportarla al mondo dei vivi: scese agli Inferi e suonando la lira riuscì a farsi amici il temibile traghettatore Caronte e il mostruoso cane guardiano Cerbero; grazie alla potenza della sua arte e alla forza del suo amore disperato, riuscì persino a convincere Ade, il signore delle Tenebre, a far tornare Euridice tra i vivi, ma a una condizione: Orfeo avrebbe preceduto la donna nel cammino verso la luce e non si sarebbe mai girato a guardarla fino a quando non fossero arrivati sulla terra. Ma Orfeo non ci riuscì, era troppo preoccupato per quello che poteva succedere alle sue spalle, e si voltò per assicurarsi che Euridice lo seguisse: così la perse per sempre e, soprattutto, la ricacciò agli inferi...

Effettivamente, se io fossi stata Euridice mi sarei chiesta per l' eternità: ma perchè diavolo si è voltato?

Eppure, lui, Uomo, si voltò....

E non è che dovesse poi fare tanto: doveva semplicemente non voltarsi....

:-) Buona settimana!

sabato 28 marzo 2009

Rischiatutto

Una fotografia in bianco e nero pubblicata oggi dal giornale della nostra città, Il Resto del Carlino, mi ha fatto riaffiorare la nostalgia di una trasmissione che, ai suoi tempi, fu snobbata, anche da molti di noi: il Rischiatutto di Mike Buongiorno.
Quella trasmissione è durata dal 1970 al 1974, praticamente tutti gli anni del Galvani.
Il campionissimo bolognese, il cui figlio era nella sezione “E”, che cadde su quella iscrizione nel Pantheon: M. Agrippa.
Menenio, disse, con un lapsus che la dice lunga su come, una volta –ma anche ai nostri tempi – anche gli episodi leggendari erano strumenti per educare, sì perché l’apologo di Menenio Agrippa (che ho scoperto ignorato da tanti giovani intorno ai 30 anni) può benissimo rappresentare anche situazioni contemporanee.
(La risposta giusta era: Marco … :-).
E vi ricordate (Claudio è pregato di tacere su questo ... ;-) il nome di quel campione toscano che, per l’appunto, avevamo individuato come “sosia” del nostro Claudio ?
Dulcis in fundo Sabina Ciuffini.
Nipote del grande Fulvio Bernardini, ma anche una bellissima ragazza, come si vede anche dalla fotografia di cui parlavo in premessa.
Devo però dire che se sky tornerà a trasmettere il Rischiatutto, non so se lo guarderò.
Non vorrei rimanere deluso come quando, alcuni anni fa, mi misi a rileggere le Tigri di Mompracem del Salgari.

Ma, soprattutto, non vorrei che il colore rovinasse il ricordo, indelebilmente in bianco e nero.

mercoledì 18 marzo 2009

IMMIGRAZIONE E FUTURO

Traggo queste brevi ma illuminanti note da "limes" rivista di geopolitica del gruppo Editoriale l'espresso ( e così fornisco subito a Massimo il "la" per contestare in toto le affermazioni ivi contenute però lo metto in guardia contro la fallacia ad hominem ). Mi pare un modo pragmatico di guardare al problema degli immigrati, che anche noi bloggisti trattiamo spesso, che forse non aiuta a vincere le elezioni , ma ha una sua suggestione scientifica.
Questo dovrebbero fare i Grandi Statisti se sono tali vedere i problemi anche nel medio lungo periodo.
Mi si permetta ancora una riflessione "filosofica" : alcuni nostri intellettuali levano alta la loro voce: "dobbiamo difendere la nostra indentità cristiana, i valori immutabili della civiltà occidentale superiore" etc. ma si dimenticano che il primo di quei valori è l'amore per il prossimo che porta dritto dritto all'accoglienza e all'integrazione ( e coerentemente a ciò infatti si muovovono con efficacia indubbia la politica vaticana e le comunità cattoliche). Per cui come vedi Max siamo immersi in una aporia insanabile:Vorremmo cacciarli perchè insidiano la nostra preziosa identità cristiana ma proprio quell'identità ci impedisce di farlo!!
Per chi volesse approfondire il tema basta entrare nel sito di Limes.

p.s. grazie a tutti per gli auguri sono quasi guarito! Approfitto per ringraziare Claudio delle sue belle parole che ricambio e sopratutto non si offendano gli altri membri del blog se mi rivolgo direttamente a M.F per due volte in questo post ma la ragione è che lui è ancora sotto attacco, come è evidente , almeno finchè non si impegna a leggere "La ginestra"fornendoci adeguate prove e dell'avvenuta lettura e comprensione...

D.E.S.

I flussi migratori verso l'Italia. L'importanza di integrare le seconde generazioni. Il Mediterraneo come possibile area di riferimento e di sviluppo.
La sfida centrale per il futuro dell'Italia riguarda l’integrazione degli stranieri che vengono in Italia per restarci, soprattutto dei loro figli e nipoti.
Oggi vivono da noi circa 4 milioni di stranieri, di cui almeno mezzo milione clandestini. Si tratta del 6,7% della popolazione.I sei principali gruppi d’immigrati provengono da Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina e Filippine.
Tendono a concentrarsi al Centro-Nord.Tutti gli indicatori, dal bassissimo tasso di fecondità delle donne italiane alle necessità di industria, agricoltura e servizi, indicano che il nostro futuro dipende dall’integrazione degli immigrati.
Soprattutto delle seconde generazioni.
Sul fronte esterno, l’origine mediterranea dei flussi principali può contribuire a riconnetterci al nostro “estero vicino” .
Il Mediterraneo sarà l’area privilegiata del nuovo sviluppo italiano, quando mai usciremo dalla crisi.
L’area euromediterranea vale sette volte il pil della Cina.
Nel nostro mare fiorisce il 71,2% del commercio estero dell’Unione Europea.
Un quinto dei traffici marittimi mondiali, in termini di tonnellate, si svolge nelle acque mediterranee.
Trascurando gli immigrati e le loro principali aree di origine - Balcani e NordAfrica – saremmo esposti alle peggiori minacce. Subire anziché organizzare la trazione della Penisola verso le sponde meridionali e orientali accentuerebbe la nostra frammentazione. Alle regioni meridionali già cedute alle mafie nostrane si sommerebbero i ghetti del Centro-Nord, facile preda delle mafie straniere.
Gli italiani del XXI secolo saranno sempre meno "bianchi e cristiani" o non saranno.

martedì 17 marzo 2009

DUBITO ERGO SUM

Cari amici, ultimamente sono stato più volte "bacchettato "da Valeria, per un certo assenteismo sul blog ed anche , mi è parso di capire per una mancanza di coraggio nel manifestare fino in fondo il mio pensiero su certi temi. Intanto vorrei dire che la profondità dei vostri ultimi post , nonchè dei commenti annessi, mi rendono sempre più fiero circa il mio intento iniziale e il compito che mi sono assunto nel "rigenerare" questa nostra creatura. E mi pare che il risultato sia buono.
Vorrei anche aggiungere che tra il pensiero la parola e lo scritto , per quanto mi riguarda ci sono dei filtri e dei passaggi obbligati, degli spazi di riflessione che vanno riempiti.
A volte la mia vis polemica che cerco di frenare e la mia naturale "cattiveria"che si esercita nello scagliarsi impietosamente contro chi , a mio giudizio non ha le basi per affrontare un discorso culturale adeguatamente, mi inducono alla prudenza.
Nel nostro blog siamo tutti "adeguati" in questo senso, però devo dire che alcune prese di posizione, a partire dal dibattito infausto sull'olocausto, per arrivare alla difesa della vita, e poi a certi temi trattati disinvoltamente in termini di propaganda elettorale su Bologna, mi hanno procurato, un certo disagio.

Nei miei incontri settimanali con Massimo, quando ci attovagliamo da "Ercole" non manco di tentare (proprio perchè lo stimo e lo ritengo un amico vero) di insinuare qualche dubbio nelle sue granitiche e a volte provocatorie , come lui stesso ammette, certezze. Massimo ok a destra ma non così tanto a destra !
Le certezze d'altronde in politica sono il pane quotidiano ma nella storia della conoscenza sono deleterie , e noi vogliamo nel nostro blog parlare di scienza, di filosofia, di storia e anche di altro ma per favore facciamoci sempre guidare dal faro del dubbio.
Il mio è solo un sommesso invito e non vuole in alcun modo essere una limitazione al libero pensiero ma quando il libero pensiero ci porta sui terreni scoscesi del negazionismo, del razzismo
del nazionalismo radicale della considerazione dell'omosessualità come malattia, della demonizzazione degli immigrati in quanto tali e via di questo passo, mi dispiace ma non posso essere minimamente d'accordo. E lo dico forte e chiaro.
Peraltro devo dire che non mancano nel blog voci diciamo così più illuminate sotto questo profilo.
Comunque la convivenza è possibile dato che siamo amici e ribadisco ci rispettiamo.

Cara Vale torno alla tua domanda " ti definisci un razionalista critico ma voti, etc"di qualche tempo fa e tento una risposta: la prendo larga e faccio un ripassino della storia d'Italia prima di tutto per me.
Alla fine della guerra la tradizione liberale, che con l'intervallo nefasto del fascismo, aveva bene o male traghettato questo paese nella modernità era defunta.
La Costituzione sancisce la presa del potere da parte delle due forze estranee al Risorgimento: il comunismo e i cattolici entrambe incarnate in due grandi partiti il PCI e la DC. La lunga e per certi aspetti positiva prevalenza della DC nel governare finisce probabilmente con il caso Moro e ricordiamo che i comunisti a partire dagli anni 70 furono protagonisti attivissimi della spartizione del potere.
Dopo il lungo intervallo Craxiano negli anni ottanta la forza della magistratura che aveva surrogato e nella battaglia contro il terrorismo e contro la mafia, la politica, provoca il terremoto di Tangentopoli.
Dalle ceneri dei partiti defunti (si salva solo il PDS e spera nella grande occasione di andare definitivamente al governo , ricordate "la gioiosa macchina da guerra") emerge la controversa figura carismatica di un imprenditore in difficoltà con le banche ma con un grande carisma e un innegabile potere mediatico. Vince le elezioni e da quel momento è assoluto protagonista della vita politica italiana anzi vado oltre e dico che inaugura un nuovo "ventennio", noi italiani siamo sempre i primi a salire sul "carro", ma la nostra storia ci mostra che siamo anche molto rapidi a disarcionare il manovratore. Da Giulio Cesare, a Cola di rienzo, a Mussolini a Craxi più recentemente, fino a Berlusconi ....
Vedremo come finirà.
Oggi la destra di Fini confluisce nel PDL e il PD erede delle due nobili, ma ormai depotenziate tradizioni democristiane e comuniste, vuole occupare l'altra parte del cielo.
Io mi ritengo un liberale moderato e riformatore, non ho radici in alcuna delle due componenti che si autodefinisono destra e sinistra, generalmente voto per la parte politica che ritengo farà il minor danno!!
Ma anche...... negli ultimi anni, poichè la politica si è personalizzata mi è capitato di dare il mio voto al leader che sentivo più vicino alla mia sensibilità , votare per empatia però non è politicamente corretto ed è, mi rendo conto, indifendibile. Se il Pdl riuscirà a darsi una struttura di partito democratica e manterrà al netto del carisma berlusconiano una sua unità interna, cosa che oggi appare facile ma non lo è affatto, probabilmente mi orienterò come ho fatto quasi sempre verso quell'area ma oggi è prematuro. E con questo siamo usciti allo scoperto per la gioia di Valeria che spero apprezzerà.

PS

Max perdona la mia dura requisitoria nei confronti delle tue posizioni alla quale sarai comunque capace di rispondere da par tuo...ma ti avevo preannunciato che avrei reagito dopo che mi avevi toccato persin Leopardi... non potevo lasciar correre... inoltre mentre scrivo ho 38 di febbre!
un affettuoso saluto a tutti.

lunedì 16 marzo 2009

Agosto 1945: perché?


Interessantissimo spunto, davvero, quello di Valeria, che più che un commento merita un post. A mio avviso la scienza non dovrebbe mai fermarsi. Un fisico deve avere non solo il diritto ma il dovere morale di lavorare a tutto ciò che è progresso. Anche se non immagina le conseguenze. L’etica poi è una bella cosa ma che nei fatti storici cede sempre il passo alla politica. C’è stato fortunatamente un solo momento in cui nella storia dell’umanità fu usata la bomba atomica: su Hiroshima e Nagasaki . Perché poi? Da un punto di vista strettamente militare: "Il Giappone era già militarmente sconfitto e l'uso della bomba era completamente inutile." Queste non sono le parole di uno storico revisionista postumo o di uno scrittore di sinistra. Certamente non sono le parole di qualcuno preso dall'odio per gli Stati Uniti. Sono le parole di Dwight Eisenhower, allora comandante in capo delle forze alleate e poi presidente Usa. Dopo la distruzione della flotta giapponese nel golfo di Leyte nell'ottobre del 1944, gli Stati Uniti potevano bombardare incontrastati le città del Giappone, come fecero con gli infernali bombardamenti incendiari di Tokyo e Osaka. Senza una propria marina militare, un Giappone povero di risorse aveva perso la capacità di importare il cibo, il carburante e i rifornimenti industriali necessari a portare avanti una guerra mondiale. L'ammiraglio Nimitz, comandante in capo della flotta USA del Pacifico, scriveva che "I giapponesi avevano già chiesto la pace. La bomba atomica non ebbe alcun ruolo decisivo, da un punto di vista puramente militare, nella sconfitta del Giappone." I giapponesi erano già sconfitti e pronti alla resa. Ma se l'impiego delle bombe non fu dettato da necessità militari, allora perché furono usate? La risposta emerge quando si considera l'atteggiamento degli USA nei confronti dei russi. Nel febbraio del 1945, gli Stati Uniti non sapevano se la bomba avrebbe funzionato oppure no ma è fuor di dubbio che avevano bisogno dell'aiuto della Russia per portare a termine sia la guerra in Europa che quella nel Pacifico. Stalin concordò a Yalta che una volta finita la guerra in Europa avrebbe fatto trasferire le sue forze dall'Europa all'Asia per entrare entro 90 giorni in guerra nel Pacifico contro il Giappone. La guerra in Europa finì l'otto maggio del 1945. L'otto maggio più 90 giorni fa l'otto agosto. Per impedire l'occupazione russa di territorio nell'Asia orientale così come aveva occupato i territori dell'Europa orientale, gli americani dovevano finire la guerra nel più breve tempo possibile. C’è anche da considerare la situazione cinese: piena guerra civile fra i nazionalisti guidati dal generale Chiang Kai-Shek e i comunisti guidati da Mao. Se la Russia avesse conquistato altro territorio nell'Asia orientale, avrebbe messo la sua potenza militare a disposizione di Mao, con quel che ne sarebbe conseguito. (La storia poi ci dice che Mao arrivò comunque al potere, ma questa è un’altra complicata faccenda, e la responsabilità americana è enorme). Una volta dimostrato a Los Alamos a metà luglio che la bomba funzionava, la situazione precipitò. Non c'era più il tempo per negoziare con i giapponesi. Ogni giorno di ritardo voleva dire altra terra ceduta alla Russia e, quindi, una maggiore probabilità di una vittoria comunista nella guerra civile cinese. L’America doveva arrivare alla fine della guerra non in mesi, neanche in settimane, ma in giorni. Per questo il 6 agosto 1945, due giorni prima che spettasse ai russi di dichiarare guerra al Giappone, gli Stati Uniti sganciarono la bomba su Hiroshima e da allora il mondo non fu più lo stesso. La storia della necessità militare, messa in piedi in fretta e furia dopo la fine della guerra, non può reggere di fronte alla realtà della situazione dell'epoca dei fatti.

domenica 15 marzo 2009

Copenaghen


Anche oggi sono stata a teatro…

“Copenaghen” è ormai considerato un classico del teatro contemporaneo. La vicenda, tratta dal testo del drammaturgo inglese Michael Frayn, ricostruisce, nella Copenaghen del 1941 (occupata dai nazisti) l’incontro tra due premi Nobel per la Fisica, alla vigilia del primo utilizzo della bomba atomica.. I due scienziati, costretti dalla guerra a guardarsi come due nemici, sono l'ebreo danese Niels Bohr (fondatore agli inizi del secolo scorso della fisica atomica grazie all’ applicazione della teoria quantistica alla materia e all’ energia) e il tedesco Werner Heisenberg (che formulò per primo il "Principio di Indeterminazione")

Bohr, uomo umbratile e umorale, una sera riceve, assieme alla moglie Margrethe, la visita del suo ex allievo. Una visita veramente insolita quella di Heisenberg e nei padroni di casa si instaura la certezza che essa non sia casuale. Ma quali sono allora i veri motivi della sua visita? Nella più solida tradizione anglosassone, il dubbio è amletico: forse il fisico tedesco, in nome della vecchia amicizia, vuol far sapere a Bohr - ormai schierato con la ricerca Alleata - che ancora non possiede (e con lui quindi il Terzo Reich) la formula della bomba; oppure è lì per cercare di trovare con lui un accordo per bloccare o rallentare, in maniera bilaterale, le ricerche sulle armi nucleari?; o ancora, è semplicemente lì per offrirgli protezione, magari in cambio di qualche segreto? Tutte ipotesi lecite e tutte in parte con un fondo di verità che non troveranno una risposta univoca, nemmeno nelle considerazioni che i tre personaggi esprimono oggi supponendo di tornare a parlare come spiriti del passato…

Attraverso un dialogo calibratissimo i tre sollevano domande cruciali sul rapporto fra potere, politica, scienza e morale ed in particolare: "Ha un fisico il diritto morale di lavorare alla bomba atomica?Quali devono essere i rapporti fra potere politico e scienza? Può il progresso venire condizionato da scelte etiche? Quali sono i limiti e le responsabilità morali di chi si dedica alla ricerca scientifica?"

Sono interrogativi che segnano momenti importanti della nostra storia e che continuamente cercano risposte ...

Ho pensato di raccontarvi il tutto perché Claudio è un amante delle armi, Massimo F. è un convinto assertore di convinzioni politiche, Massimo P. è uno storico e Roberto un filosofo... Insomma, ce n’è per tutti...

O no?

Generazione no-pc


A qualche mese dal mio ingresso in questo blog vorrei fare una piccola considerazione. Massimo F. è senz’altro il numero uno per assiduità nel postare e commentare. Seguono tutti gli altri con alti e bassi e assenze anche di parecchi giorni a volte, ma credo che sia normale: grazie al cielo (e purtroppo!!) siamo “ragazzi” del ’56 e la nostra generazione non è quella di Facebook e Badoo, ma giocavamo nei cortili e ci hanno insegnato Dante. In questo fine settimana di quasi primavera perfino a me viene più da fare una passeggiata che accendere il computer.
Mi sono domandato a volte come mai dopo mesi, anni, che esiste il blog, nessun altro o nessun’altra della sezione F abbia mai postato qualcosa e ho provato a capirne il motivo. Premesso che sappiamo di due o tre altri ex compagni/e che ne sono a conoscenza, e tenuto conto che magari qualcuno non sia curioso o non gliene freghi granché, secondo me il punto sta che il mezzo, il computer, e ciò che ad esso è legato, non appartiene per niente (salvo rare eccezioni) alle persone della nostra età. Fra tutti i miei amici e nel 90 per cento almeno dei colleghi di lavoro se non di più nessuno sarebbe in grado di reinstallare Windows (per non dire Linux) sul suo pc riformattando l’hard disk come si deve. E parlo anche di quarantenni. Per non dire della configurazione della rete domestica, Adsl, router Wi Fi. Nessuno che non abbia problemi su come configurare cellulare, blackberry, Iphone a leggere le mail o a connettersi alla rete. Aggiungo che non ho mai conosciuto una donna (Valeria smentiscimi per favore) che sappia programmare una registrazione sul DvdRec o Vhs. E non stiamo parlando di persone da poco, ci sono in mezzo dottori, giornalisti, dirigenti ecc.. Io credo che nessun altro dei ragazzi del ’56 ci raggiungerà forse perché la metà almeno di loro non avrà neanche un computer se non quello al lavoro (ormai è dappertutto). Se poi lo dovesse avere in casa, magari dei figli, non lo saprebbe usare bene e sa il cielo quanto un genitore dovrebbe saperlo per proteggerli dai pericoli dei lati oscuri dei social network .
Voi almeno lo sapete cosa rappresenta la foto in apertura?

sabato 14 marzo 2009

Il misterioso potere della carta stampata

Il quotidiano della nostra città, Il Resto del Carlino, pubblica ogni giorno una rubrica intitolata “frasi del giorno”.
Una summa di citazioni citabili, spesso contenenti verità lampanti, a volte inutili gossip, altre riflessioni stimolanti.
Mercoledì 11, è stato citato Wilbur Smith, il noto romanziere nato in Rhodesia e cantore dell’Africa governata dai Bianchi (nonché – a pensare male si fa peccato ... ;-) – con un romanzo appena uscito nelle librerie).
La citazione di Wilbur Smith non c’entra con il suo ultimo romanzo e, testualmente, riporto:
Il romanzo non morirà mai. Sfogliarne le pagine ha un gusto che il clic del mouse non può dare”.
Sono perfettamente d’accordo.
Comprare un romanzo o un saggio in libreria per poi sfogliarne rapidamente le pagine, annusandone il profumo di stampa è un valore aggiunto al contenuto del libro.
Poi quel che è scritto sulla carta rimane, quel che viene scritto in internet, lo si può modificare in ogni momento.
E, personalmente, riesco maggiormente a concentrarmi ed a riflettere su una frase che leggo stampata su un bel foglio di carta che non quando la vedo sullo schermo del pc.
Senza contare che leggere sulla carta è molto più salutare per i nostri occhi a differenza del bombardamento cui ci sottoponiamo con la luminosità di uno schermo.
Sarà per questo (ma non solo … ;-) che quando leggo in calce ad una mail “prima di stampare pensa all’ambiente” io stampo immediatamente: prima di tutto penso ai miei occhi … :-)

domenica 8 marzo 2009

Tema/provocazione

Quante volte abbiamo svolto un tema così concepito:
commentate la seguente frase ...
Ecco la frase che vi propongo:
"Una grande civiltà viene conquistata dall'esterno solo quando si è distrutta dall'interno" (Will Durant, storico della filosofia) ...

giovedì 5 marzo 2009

L'ambasciata


Mi è sempre piaciuto pensare che il canto più importante dell’Iliade (che sto rileggendo a tratti e se non sbaglio al Galvani non abbiamo mai studiato per esteso) sia il nono, quello dell’ambasciata ad Achille. I fatti antecedenti sono noti: Achille offeso da Agamennone - come e perché lo ricorderete - si è ritirato dalla guerra e per i greci la faccenda si fa dura. Agamennone si pente e Nestore suggerisce di mandare ad Achille tre ambasciatori: Ulisse, l’abile diplomatico, Fenice il vecchio aio e Aiace, l’emulo senza invidia. Il discorso “ufficiale” è quello di Ulisse che parla per primo, espone i fatti, la richiesta di aiuto, l’entità del premio morale e materiale. Ma l’esposizione è fatta in modo da far apparire irragionevole l’atteggiamento di Achille. Tutti gli achei sono sul punto di perire non solo Agamennone, e fra questi vi sono molti amici suoi. Intervenga dunque prima che sia troppo tardi e per ciò che riguarda Agamennone si ricordi delle parole del padre Peleo “Gli dei potranno dare o non dare la vittoria ma l’agir bene dipende solo da te Achille”. Qui c’è l’affermazione del concetto base della civiltà greca, al quale si devono attenere gli uomini se vogliono convivere in una società civile: il concetto della temperanza e della benevolenza. Non si può vivere con gli altri se non freniamo il nostro istinto di prepotenza, non comprendiamo i bisogni e i diritti degli altri e non ne scusiamo le colpe quando c’è la volontà di emendarle. Tutti sbagliamo trascinati dalle nostre passioni, tutti abbiamo bisogno d’indulgenza. L’importante è riconoscere i propri errori e porvi rimedio come vuol fare Agamennone. E se ciò non bastasse per Achille, si convinca almeno per l’attrattiva delle gloria: un’azione grande, difficile e benefica che concede a chi la compie di vincere la morte dandogli fama eterna. E Achille comincia col rispondere a questo, lui cresciuto in una società feudale, tipico rappresentante di una mentalità aristocratica secondo cui gli uomini non sono tutti uguali, ci son quelli nati per comandare e quelli nati per servire. Lui però non vuole privilegi perché è il figlio di un re e di una dea, ma perché è il migliore di tutti. Dovremmo noi dire che è il migliore in una delle attività umane, la guerra, ma questa attività allora era considerata la più importante di tutte quindi lui si stima ed è stimato il migliore di tutti. Esser valoroso è il suo destino e mai si era risparmiato per non essere inferiore alla sua sorte. Si aspettava onori e fama, invece è stato offeso, offeso da uno più potente di lui benché non abbia i suoi meriti, e nessuno ha cercato di impedirlo, nessuno ha protestato. Allora gli cade come un velo dagli occhi: quello in cui sempre aveva creduto non è vero: non è vero che i migliori vengano sempre onorati e i meriti vengano riconosciuti e premiati. Non giova combattere, mettere la vita in gioco perché il vantaggio va uno solo o a pochi immeritevoli quanto lui. Meglio pensare e sé, alla propria felicità privata lasciando che le cose vadano come vadano, magari alla rovina. C’è un forte disinganno: questo è il dramma di Achille: ha creduto profondamente in un ideale, per il quale ha sacrificato tutto e ora si accorge di esser corso dietro a un’ombra. E il suo sdegno è pari alla grandezza della sua illusione, Ulisse gli parla di gloria e la sua collera scoppia. La gloria non esiste, combattere tra i primi o gli ultimi è lo stesso, è lo stesso essere prode o vile, gli uomini non fanno differenza. Ha conquistato con le navi 12 città, ne ha conquistate 11 combattendo a terra, che vantaggio ne ha ricavato? Ha perduto Briseide, che è andata ad Agamennone, tutto il bottino è andato ad Agamennone che non ha mai fatto nulla. Perché restare qui? A Ftia lo attende una vita lunga e felice, se rimane la sua vita sarà gloriosa, ma breve. Tre giorni di mare bastano per tornare a casa. Domani partirà.
Ulisse ha cercato di convincerlo, Fenice cerca di commuoverlo, ma la risposta di Achille al vecchio aio è brusca: i miei nemici devono essere i tuoi, non cercare d’ingraziarti Agamennone, rimani qui a dormire domani decideremo se partire. Aiace infine parla brevemente: egli è il più “semplice” e non capisce tanta ostinazione: cos’è accaduto dopo tutto ? Agamennone ha offeso Achille, ora si è pentito e vuole riparare. Gli ha portato via una fanciulla e ora gliene offre sette. Che vuole dunque Achille? La risposta anche qui è breve: Aiace ha ragione ma egli non può fare altrimenti. Non combatterà fino a che i troiani e Ettore non giungano, dopo aver massacrato i greci e bruciate le navi, davanti alla sua tenda e alla sua nave. Nel colmo della collera aveva detto a Ulisse che sarebbe partito l’indomani, a Fenice che domani avrebbe deciso e ora dice che combatterà, anche se solo quando sarà in pericolo direttamente. Il suo destino è segnato: non giungerà a Ftia dopo tre giorni di mare, cadrà giovane e glorioso nella piana di Troia.

Ci sono dunque in questo canto considerazioni generali sulla vita, sul bene e sul male, sul dolore e sulla felicità che valevano allora come valgono oggi. Credo che a tutti sia capitato di subire ingiustizie e di non vedere riconosciuti i propri meriti. Parecchie volte mi sono chiesto se valeva la pena, chi me lo faceva fare e via discorrendo. Le disillusioni sono antiche come la guerra di Troia e l’uomo non è poi cambiato tanto da allora. Resta un’opera immortale ed è un piacere riscoprirne i particolari.
A proposito, avete visto il film Troy qualche anno fa? La cosa più notevole è Diane Kruger, l’attrice che fa Elena. Forse meriterebbe un post su “Esiste qualcosa per cui varrebbe la pena perdere tutto”!

martedì 3 marzo 2009

Aneddoto

Voglio qui ricordare un episodio che mi è sempre rimasto nella memoria e di cui forse, chissà, mi ricordo solo io.

Eravamo in IV ginnasio, al terzo piano del Galvani: nell’aula di fianco alla nostra c’era un ragazzino, che adesso è diventato qualcuno.

Il ragazzino in questione, già molto coinvolto fin da allora nell’attività della sua vita, aveva una faccia tonda e rubiconda, con belle gote paffute e mi ricordo che si distingueva per il suo aspetto veramente particolare.

Ad esserne colpito non ero certo solo io, ma addirittura la ns.prof.di lettere, che una mattina se ne uscì con una esclamazione veramente sorprendente.

Mi sembra addirittura di ricordare le sue parole esatte tanto l’episodio mi è rimasto scolpito nella memoria.

Comunque, esatta o non esatta, la frase risuonava più o meno così:

“..ma quel ragazzino…non ha una faccia da **** (bip)”

Forse non disse esattamente quella parola di quattro lettere, ma la lasciò intuire….

Rimasi sbalordito.

lunedì 2 marzo 2009

Nostalgia canaglia

Navigando sono arrivato a questo sito:
Tante clip dei Caroselli della nostra infanzia e adolescenza.
E il naufragar m'è dolce in questo mare ... :-)

domenica 1 marzo 2009

La decadenza di Bologna

Buche nelle strade.
La giunta ha alzato bandiera bianca sul traffico, rinunciando alla metropolitana e limitandosi ad imporre divieti.
Disoccupazione in crescita (i dati sulla cassa integrazione sono molto preoccupanti).
Violenze private, strade insicure.
Bologna, se non lo sapete, ha da circa 4 anni il discutibile primato delle rapine in banca (solo nel 2008, con i provvedimenti assunti dalle stesse aziende sono cominciate a calare, ma il costo della sicurezza è, ovviamente, ribaltato sui clienti, cioè sui cittadini).
Furti, scippi non si contano.
Il centro alle prime ombre diventa un ambiente sempre più ostile, mano a mano che chiudono gli uffici, perché non ci sono più “botteghe” e ritrovi.
Ma la nostra decadenza emerge anche nello sport.
Dov’è la Bologna che schierava due squadre di pallacanestro che lottavano ambedue per lo scudetto ?
E nel baseball e nel football ?
E che dire del Bologna calcio che rischia di consentire all’attuale sindaco di terminare il suo infausto mandato con una doppia retrocessione dalla “A” alla “B” ?
Riusciremo a salvarci, come città prima ancora che nel calcio ?