Venendo sollecitato da più parti, anche da alcuni del nostro piccolo microcosmo, di scaricare sul cellulare "almeno" whatsapp, ho approfittato di questi giorni di vacanza per leggere qualcosa sul prodotto.
Ho anche provato i primi passi per scaricarlo e, alla fine, ho deciso, ancora una volta, di non farlo entrare nella mia vita.
Sono venuto infatti a sapere che, una volta completata l'intallazione dell'applicazione, tutti quelli che sul loro cellulare hanno il mio numero di telefono avrebbero saputo che ero raggiungibile con tale sistema.
Non solo, ma ad un certo punto dell'intallazione mi si chiede di prestare il consenso, da parte dell'applicazione, ad entrare nella rubrica ed a individuare la località in cui mi trovo.
Lì mi sono fermato, ho negato il consenso e rinunciato a proseguire con l'intallazione.
Il metodo della perenne connessione non mi piace.
Il telefono serve per comunicare le questioni essenziali, non le cavolate, tipo la fotografia del piatto di tortellini che fra poco andrò a mangiare in una trattoria dell'appennino modenese.
Moltiplicando il piatto di tortellini per il numero di "contatti" (anche se spero non tutti così vacui") non ci sarebbe pace e sarei continuamente obbligato a rispondere, visto che io sono rimasto alla buona educazione di rispondere a chi mi chiama.
Ho, invece, scaricato le applicazioni per le due caselle di posta elettronica che ho in dotazione (una storica che conservo perché collegata a vari servizi e l'altra piu recente e pratica).
La e mail mi sembra qualcosa di più riservato, mirato, che richiede un uso più discreto e individualizzato.
Come l'sms.
Credo non sia male ripensare alla frenesia social e rivalutare i momenti di gratificante solitudine e riflessione, che aiutano anche a rallentare un ritmo altrimenti frenetico, alimentato anche dall'ossessione dell'esserci".
Molto meglio "essere" che "esserci".