giovedì 18 aprile 2013

Iniziano le quirinaleidi

Noi, nati con Giovanni Gronchi presidente, abbiamo vissuto sotto quasi tutti i presidenti, tranne il primo, Einaudi (o i primi due se consideriamo De Nicola, il provvisorio, "primo").
Ma il primo di cui ricordi l'elezione fu Giuseppe Saragat nel dicembre 1964: sembra di parlare della preistoria !
Già da alcuni mesi la sede era "vacante" occupata da un ottimo Cesare Merzagora, quale presidente del senato e facente funzione a seguito della malattia (ictus) che aveva colpito Antonio Segni eletto nel 1962.
Ho un vago ricordo del "problema": Segni non riusciva a firmare (forse non era neppure cosciente) quindi non poteva dimettersi.
Poi, all'improvviso, arrivarono le dimissioni firmate (meglio non sapere come).
Così furono convocate le camere e iniziarono le votazioni.
Fu uno spettacolo che mi portò ad interessarmi alla politica.
Davanti al televisore, rigorosamente in bianco e nero, noi bambini guardavamo il faccione del presidente della camera Bucciarelli Ducci che aprive le schede e leggeva, meglio, declamava i nomi: Fanfani, Nenni, Leone, Saragat, Terracini, De Marsanich, Martino (Gaetano, il padre di Antonio).
Ogni partito aveva la sua "bandiera" e uno (la DC) almeno due quando non tre.
Ventuno votazioni per eleggere Giuseppe Saragat, il primo socialista, a presidente della repubblica.
Un presidente che tutti ricordiamo per i suoi telegrammi di felicitazioni e di condoglianze letti, per tutta la durata del settennato, con grave serietà dai conduttori (non ancora giornalisti) del telegiornale.
Oggi si ricomincia.
So perfettamente che chiunque sarà eletto, con i numeri usciti dalle elezioni, non sarà mai il mio presidente e i nomi che si fanno sono, sempre ai miei occhi, alquanto ... repellenti.
Sarà per la prossima volta.

mercoledì 17 aprile 2013

L'ultimo saluto a una Grande del novecento

Oggi a Londra si celebreranno i solenni funerali di Margareth Thatcher.
Chi ha calcato con tale influenza le scene politiche mondiali non può che, ancora oggi, suscitare amori e odi radicali.
Per me ha rappresentato la svolta dal grigiore delle società assistenzialiste al mondo nuovo del Mercato.
E non solo.
La sua battaglia su tutti i campi ne ha fatto un simbolo e anche chi la detestava allora come ora, non può negare la sua influenza e impatto nella Storia del mondo.
E' quindi un pezzo importante della Storia del novecento che oggi, a Londra, riceve l'ultimo saluto da amici e, anche, da qualche detrattore.

domenica 7 aprile 2013

Il fumo fa male

Che il fumo faccia male, lo sappiamo da tempo e lo sanno anche i fumatori.
Non fa male, però, solo fisicamente, ma anche intellettualmente e la dimostrazione l'abbiamo dalla scelta (provincialotta ed emulativa del peggio che viene dagli Stati Uniti) della giunta di San Lazzaro di Savena che, dal 30 marzo, ha proibito il fumo persino all'aria aperta.
Come informa il quotidiano della nostra città dal 30 marzo è vietato fumare nei parchi pubblici, nei gazebo, nei dehors, negli esercizi commerciali e sulla pubblica via entro i due metri da tali esercizi.
E' il trionfo del divieto.
E' il trionfo del fondamentalismo che nulla ha a che invidiare ai talebani islamici.
C'è da ringraziare che non sia (ancora ...) stata mutuata anche l'ultima follia del peggio degli Stati Uniti: il divieto di fumare in casa propria, perchè il fumo filtra ...
Un divieto di fumare al cinema, al ristorante, in ufficio, era dovuto, a tutela delle esigenze di chi non fuma, vista l'arrogante prepotenza dei fumatori che fumavano ghignando anche quando erano cortesemente invitati a non farlo.
Ma senza cadere da un eccesso ad un altro, con un divieto imposto persino all'aria aperta.
Che senso ha, ad esempio, vietare il fumo in ufficio, quando uno è in stanza da solo ?
Che senso ha vietare il fumo in un parco ?
E' un modo come un altro per imporre una propria, particolare, visione al prossimo senza alcun beneficio effettivo.
Come certe campagne che vorrebbero demonizzare determinati cibi nel nome di un salutismo talebano che nei fatti renderebbe solo più grigia e insipida la nostra vita.
E', in ultima istanza, espressione di una volontà sopraffattrice uguale a quella di certi fumatori di una volta, che trova nei divieti, nei tabù (ad esempio sull'abuso di determinate parole - d'ordine - o la proibizione di altre per sostituirle con locuzioni o giri di parole) il  suo appagamento, calpestando la libertà individuale altrui.
E forse non è un caso che tutto ciò spesso provenga da chi, in gioventù, manifestava sotto il manifesto: "vietato vietare" o da chi, con gli eccessi di un neofita, fino a pochi anni prima era dall'altra parte .