Ieri, con gli ultimi due episodi, è terminata la seconda stagione di "Creature grandi e piccole", l'ultima versione televisiva di un romanzo dei primi anni settanta, scritto da James Herriot (pseudonimo) che ha raccontato, in quello e altri romanzi, la sua esperienza di veterinario nello Yorkshire negli anni trenta del ventesimo secolo.
Detta così sembrerebbe un qualcosa di noioso, per addetti ai lavori, al più per invasati animalisti.
Ricordo che quando quel romanzo apparve in una delle raccolte di Selezione, nei primi anni settanta più o meno quando uscì, anch'io lo considerai tale e lo saltai, per poi riprenderlo avendo terminato la lettura di tutto quello che avevo disponibile.
E ne rimasi affascinato.
Forse per la traduzione, forse per l'ottimismo nel futuro.
Il romanzo mi piacque al punto da comprarne i due seguiti (Cose sagge e meravigliose e Beato tra le bestie), guardarmi il film e anche la prima serie televisiva degli anni ottanta e, adesso, la nuova serie.
Il romanzo, di suo, l'avrò riletto più volte (non vorrei esagerare, ma quando un romanzo mi piace lo rileggo spesso anche perchè, a forza di rileggere, memorizzo lunghi brani e quindi sfoglio velocemente le pagine) e la nuova serie televisiva, pur con i suoi tempi lenti, risulta ugualmente piacevole e spero che possa esserci anche una terza stagione.
Lettura del romanzo e visione delle trasposizioni cinematografiche e televisive è fortemente consigliata per ricordarci che esistono ancora il Bello, la Vita sana, i Buoni Sentimenti, spesso trascurati da romanzi dove la descrizione di pratiche devianti e di perversioni occupano una buona metà delle pagine di romanzi che, peraltro, avrebbero anche buone trame gialle (ogni riferimento ai gialli scandinavi è ferocemente voluto).