Avete guardato il nuovo Nero Wolfe ?
Io ho visto per ora solo il primo episodio ed ho registrato il secondo, trasmesso giovedì scorso.
Nostalgia del "nostro" Nero Wolfe interpretato da Tino Buazzelli e ambientato, come nei romanzi di Rex Stout, a New York e non in una improbabile Roma anni cinquanta ?
Nel 1969 l’attesa del Nero Wolfe televisivo era alta perché era, dopo il Maigret di Gino Cervi, il primo tentativo italiano di realizzare una versione televisiva di un grande giallo straniero, il primo americano che fosse predisposto in salsa italiana.
Il successo fu immediato.
Tino Buazzelli era un Nero Wolfe corposo e credibile, mentre Paolo Ferrari rappresentava in pieno l’ironico, scanzonato e donnaiolo Archie Goodwin.
Gli stessi personaggi di “contorno”, a cominciare da uno spassosissimo Pupo de Luca nei panni del cuoco Fritz e da un più che convincente ispettore Cramer interpretato da Renzo Palmer, contribuirono a rendere gli sceneggiati tanti piccoli capolavori del genere.
Una recitazione professionale e una dizione che nulla lasciava alle inflessioni regionali, tanto da rendere l’ambientazione newyorkese perfettamente credibile, soprattutto con una sigla di apertura che, nelle immagini e nel sottofondo musicale, evocava la New York che immaginavamo.
La trama, poi, non si discuteva.
Una perfetta attinenza ai romanzi era la ciliegina sulla torta di uno sceneggiato che, come per tanti (tutti ?) quelli dell’epoca, è godibilissimo anche oggi con il fascino che a noi (almeno a me) suscita sempre il bianco e nero.
Cosa è rimasto nel nuovo Nero Wolfe interpretato da Pannofino e Sermonti nel ruolo di Goodwin ?
E’ rimasta la trama, solida e intrigante.
E basta.
Pannofino merita, comunque, un bravo superiore agli altri, perché ha dato spessore al suo Nero Wolfe, pur apparendo sin troppo attivo e non avendo una “stazza” tale da sovrastare (come Buazzelli e come si immagina il Nero Wolfe dei romanzi) gli interlocutori (diciamo che Pannofino appare piuttosto basso …), mentre Sermonti sembra il fratello sfigato dell’Archie Goodwin dei romanzi e anche di quello mirabilmente rappresentato da Paolo Ferrari.
Ma, almeno, i due protagonisti non hanno quasi nessuna inflessione dilettale.
Che dire invece delle caricature dei comprimari, anche del commissario di polizia che somiglia ad un incrocio tra Montalbano e il maresciallo Quagliarulo ?
E l’investigatore privato italiano, molto sbruffone e altrettanto fifone ?
E cosa c’entra la giornalista (che temo si ripresenterà sempre uguale nei prossimi episodi in una sorta di "politicamente corretto" impensabile per Nero Wolfe) ?
Ma, soprattutto, perché inventarsi uno scontro tra Wolfe e l’FBI per giustificare un improbabile trasferimento dell’investigatore in Italia ?
Trasferimento che gli appassionati di Rex Stout, che inventò il suo investigatore di origine montenegrina e nuovo cittadino degli Stati Uniti fedele alla sua patria di elezione ed alle sue leggi e istituzioni, sanno essere completamente fuori da ogni categoria del possibile.
L’idea di rifare il Nero Wolfe è meritoria e non possiamo essere legati ai grandi sceneggiati del passato (per fortuna possiamo vederli e rivederli a piacimento in dvd !), ma cambiare l’ambientazione, che è parte della storia, e colorare con i dialetti regionali una storia nata per New York, rappresenta un azzardo che, stando al primo episodio, non è andato a buon fine.