Ho appena terminato di leggere l'ultimo romanzo di Jeffrey Archer, Chi nulla rischia, 415 pagine, edito da HarperCollins.
A me piace la narrazione di Archer, sin dai tempi di Caino e Abele, ma negli ultimi anni (adesso ha più di ottanta anni) ha affinato non tanto lo stile, che già c'era, quanto i contenuti, con una giusta dose di ironia tipicamente inglese e senza cadere nell'errore di tanti scrittori (un nome per tutti: Camilla Lackberg) di voler trasformare una bella storia di fantasia in un messaggio sociale.
In questo caso Chi nulla rischia, è frutto di una brillante intuizione di Archer che, dopo aver scritto i sette volumi della saga familiare dei Clifton (consigliabile a chi si è appassionato nel passato ai Buddenbrok di Thomas Mann e alla Saga dei Forsythe di John Galswarthy) ha pensato di scrivere quello che nella saga era solo la serie di successo inventata dal protagonista, scrittore di professione.
Così Archer ha fatto sì che le "Indagini del detective William Warwich" non fossero solo una invenzione funzionale ad un romanzo che trattava di altro, ma vedessero realmente la luce.
Qualcuno potrebbe definirlo un "legal thriller", perchè molto è ambientato nei tribunali, spesso in punta di legge, il che tradisce la base professionale di Archer (laureato a Oxford, parlamentare e sottosegretario nei governi conservatori di Margareth Thatcher, sindaco di Londra), ma la trama poliziesca c'è tutta e si legge bene.
E soprattutto non ci sono messaggi sociali dietro l'angolo, il che ci lascia solo il piacere della lettura di una trama ben costruita con il pronosticabile lieto fine.