A distanza di pochi giorni l'uno dall'altro, sono morti altri due giocatori del Bologna Campione d'Italia del 1963-1964.
Uno, Bruno Franzini, onesta riserva di Fogli e Bulgarelli, rimane solo nella memoria di chi, quell'anno, si appassionò talmente al Bologna da ricordarsi anche le riserve (stesso destino riservato ai due portieri Rado e Cimpiel tuttora in vita).
L'altro, Marino Perani, fu una stella di quel Bologna che, in seguito, allenò con alterne fortune.
Perani un folletto sulla destra, col suo numero sette, che lanciava preziosissimi palloni per Nielsen e Pascutti.
Perani cui, automaticamente, facciamo seguire Bulgarelli, Nielsen, Haller, Pascutti (Capra per chi vuole ricorda la formazione dello spareggio) e precedere da Negri, Furlanis, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli, con un automatismo che sa di invocazione ai santi del pallone in un periodo in cui il Bologna sembra sollevarsi, pallido ed emaciato, dagli stracci in cui era finito.
La morte di un personaggio pubblico colpisce tanto più quanto quella persona ha rappresentato un'epoca della nostra vita.
Indubbiamente per chi era bambino, quei nomi rappresentano il ricordo di un'età dell'oro, delle scoperte, delle speranze, dei sogni.
Ormai, di quei Campioni, sono rimasti in pochi.
William Negri, il portierone, che è ricoverato per problemi fisici e di memoria, il Capitano Mirko Pavinato (che a me sembrava vecchio già allora !) , il "libero" Franco Janich ("armadio" era soprannominato) e Romano Fogli, secondo solo a Bulgarelli nelle geometrie e nella visione di gioco.
Poi qualche riserva come Capra (il colpo a sorpresa di Bernardini nello spareggio quando dovette sostituire Pascutti troppo acciaccato per giocare e al sostituto naturale Renna, preferì un terziono) Rado e Cimpiel (il secondo e terzo portiere).
Ma se chiudo gli occhi e ripenso a quegli anni, li rivedo con gli occhi da bambino, correre in quel grande rettangolo verde che è lo stadio (Littoriale, Comunale, Dall'Ara) di Bologna.