venerdì 10 febbraio 2012

10 febbraio: il Giorno del Ricordo

Quando le sorti della seconda guerra mondiale ormai volgevano al peggio per l'Italia e anche dopo la fine del conflitto, nei territori culturalmente, etnicamente, storicamente italiani di Fiume, Istria e Dalmazia i comunisti titini perpetrarono atroci crimini contro l'Umanità, assassinando migliaia di Italiani (da dieci a venti mila) in una pulizia etnica che allora e per lunghi cinquanta anni non solo non fu condannata, ma i "compagni" italiani cercarono di nascondere e negare.
Migliaia di nostri compatrioti furono uccisi, molti gettati vivi nelle cavità carsiche chiamate "foibe" che oggi danno il nome a quella atrocità compiuta nel silenzio generale.
Quando quasi quattrocentomila Italiani di Fiume, Istria e Dalmazia furono costretti a lasciare le loro proprietà e le loro terre, profughi in Italia, il convoglio che li accompagnava mestamente ai campi per lor approntati, passando in Emilia e a Bologna fu accolto da fischi, sputi e ingiurie organizzati dai "compagni" locali dei massacratori titini e il sindacato di sinistra rifiutò anche di assisterli alla sosta nel capoluogo.
Solo nel 2004, con inizio nel 2005, il 10 febbraio è giornata dedicata al Ricordo dei Martiri delle Foibe.
Solo dopo cinquanta anni è stata riconsegnata alla memoria condivisa una vicenda che ha visto come vittime migliaia di nostri compatrioti.
Non dobbiamo dimenticare le vittime.
Non dobbiamo dimenticare i profughi.
Ma, soprattutto, non dobbiamo dimenticare che Fiume, Istria e Dalmazia appartengono alla Nazione Italiana e prima o poi torneranno a farvi parte a pieno titolo.
"Una d'arme, di lingua, d'altare, di memorie, di sangue e di cor".

3 commenti:

massimo p. ha detto...

io sono sempre stato contro ogni forma di razzismo; ho sempre condannato senza se e senza ma l'antisemitismo, senza accettare alcuna scusante. Ho sempre condannato con tutte le forze e senza ripensamenti la barbarie nazista.
Ma la barbarie o l'odio razziale provengono da tutte le parti, non solo da una, non solo sempre dalla solita parte, come purtroppo molti vorrebbero far credere.
Quella delle foibe è una delle pagine più indegne e vergognose della sinistra italiana e bisogna che sia chiaro per tutti.
La pulizia etnica non è certo stata inventata dalla barbarie nazista, anzi i nazisti hanno copiato da illustri maestri.
Stalin iniziò prima di Hitler, quando negli anni '30, oltre a sterminare gli avversari poltici, decise di sterminare un'intera classe sociale: i piccoli liberi contadini ucraini (i kulacki). Come ? ammazzandoli tutti, ovviamente.
E poi, dopo l'occupazione della Polonia,fatta di comune accordo col fraterno alleato nazista (molti lo dimenticano), ecco la decisione di sterminare tutta la classe dirigente polacca (massacro di Katyn).
Conosciamo tutti i massacri più recenti del famigerato Pol Pot o la pulizia etnica che in Burundi gli Hutu tentarono contro i Tutsi nei primi anni '90.
Ma il più grande maestro, quanto a pulizia etnica, fu Kemal Ataturk con i suoi Giovani Turchi, quando decise di eliminare dalla faccia della terra tutti gli Armeni (e c'è quasi riuscito). E non solo gli Armeni, ma anche tutti gli altri cristiani che vivevno in Turchia (e li' c'è riuscito in pieno: non parlo d popolazioni costrette all'esilio o cose simili, parlò di centinaia di migliaia di persone uccise nei campi di sterminio solo perchè di fede cristiana).
Da lui il buon Stalin e il buon Hitler, da bravi allievi e, per un certo periodo, da bravi amici fraterni, impararono molto bene.
Ci sarebbe ancora tanto da scrivere, ma finisco qui.
Per tornare alle foibe e per concludere: bisogna che non ci dimentichiamo mai di quell'atroce genocidio.

valeria ha detto...

Approvo totalmente il commento di Massimo, e chiedo a Cesco: in che senso Dalmazia Fiume e Istria ritorneranno italiane?

Massimo F. ha detto...

L'occupazione slava non è tollerabile, Valeria. E nulla è eterno, neppure gli attuali confini di stato. L'Italia non ha saputo cogliere l'occasione che si presentò nel 1991 con lo sfladamento della Jugoslavia, ma ci sarà prima o poi un'altra occasione.