domenica 14 dicembre 2008

Peccato che sia una sgualdrina


Vi mancava il mio cuoricino?

Vabbè, eccomi qui a dispensare qualche pillola culturale: non si sa mai che a Robi torni in mente di aggiornare il punteggio!

L’ opera di cui all’ oggetto Peccato che sia una sgualdrina (titolo originale: 'Tis Pity She's a Whore), composta probabilmente fra il 1629 e il 1633 , è considerata il capolavoro di John Ford, che come tutti già saprete ( :-)) occupa un posto di rilievo fra i drammaturghi dell'età elisabettiana. Il testo ricorda per molti aspetti la tragedia greca…greca…greco…galvani…gli amici del galvani… nessun uomo può sottrarsi all'inesorabilità del Fato, e narra una storia strana, una versione nera di Romeo e Giulietta (a proposito: ricordate la Franzoni?...avrebbe potuto declamarla lei, per intenderci)…Per venire al punto, è la storia di un incesto nella Parma del seicento: un fratello ama perdutamente una sorella, riamato…ma quando lei, rimasta incinta, si sposa con un altro per salvare il salvabile e si decide a interrompere i rapporti col fratello, questi, per non darla al rivale, la uccide….Per varie vicissitudini poi muoiono tutti, uccidendosi l’ un l’ altro…
Strano testo.
Strano titolo.
Strano, soprattutto, che venga ancora riproposto!
Mi hanno però colpito due particolari: la scenografia, di specchi, che esalta da un lato l'oscurità più cupa in cui maturano i delitti e le violenze, dall’ altro il chiarore abbagliante che circonda come un' aura i giovani amanti; e il fatto che, cambiando tema, mettendo ad es. al posto dell’ incesto un altro tabù (anche se ai giorni nostri ce ne sono davvero meno e posto che si possa parlare dell’ incesto come di un tabù) si ripropone lo stesso schema: talvolta il male è negli occhi di chi lo vede.
Negli specchi si riflette l’ anima e i due fratelli non spiccano per la loro perversione bensì per il loro alone romantico…La loro anima è candida, sono gli altri protagonisti invece che appaiono come mostri…
Eppure, l’ eroina negativa del dramma viene mandata a morte quasi come un “capro espiatorio” della comunità, di cui spicca la grettezza, proprio a riaffermare l’ inviolabilità del tabù…

Che ne dite, ragazzi?

Potrei sempre riassumervi e commentarvi il Re Lear, che ho visto oggi…:-)
Ma ve lo risparmio, Eros Pagni (bravissimo) va ascoltato…
Invece vi racconto un’ altra cosa, che però riservo ad ulteriore post….Magari domani…o dopo, se sono ancora sveglia…

Per ora, ciao!

6 commenti:

claudio ha detto...

Bello Valeria che mentre io cerco di riordinare vecchi ricordi per il mio blog tu ci regali queste riflessioni. Per certi versi voi donne avete una marcia in più, non si discute. Come previsto siamo noi due i nottambuli del blog. Ma la nostra prof non si chiamava Frazzoni o sbaglio? Mi piace pensare che sia sottigliezza e non refuso il tuo chiamarla col nome della protagonista in nero del giallo di Cogne...

valeria ha detto...

Noi che il Galvani....siamo proprio forti!!
Buona notte.

Massimo F. ha detto...

Bella riflessione, da riprendere non alle 7 del mattino :-)

Massimo F. ha detto...

Veniamo alla riflessione. Non conoscevo l'autore, l'unico John Ford che mi viene in mente è il regista di tanti, splendidi western :-)
Il tema è un "classico" nel suo genere.
Ho sempre pensato che un autore che cerca di infondere a simili vicende un'aura romantica, tale da far dimenticare la bruttura di tali atti e, quindi, quasi ad elevare, giustificando e mettendo in buona luce, gli autori di quelle nefandezze, debba (dovesse) essere lui stesso malato.
Magari oggi, come scrivi, chi realizza simili opere non viene considerato "malato", ma "un genio".
Capitemi, io sono irriducibilmente "politicamente scorretto", quindi continuo a considerare normale ciò che è sempre stato normale e malato ciò che è sempre stato considerato deviato ... ;-)

valeria ha detto...

Caro Massimo, ci sarei rimasta male se tu non avessi risposto così...Le mie doti intuitive avrebbero subìto un duro colpo, ma naturalmente tu non mi hai deluso.
Non solo con riferimento al caso de quo, è dato acquisito che per noi reazionari qualche sana regola di riferimento ci voglia, se no...che caos sarebbe?
Eppure io sono un po' più possibilista di te e in genere, prima di sciogliere il dubbio, mi chiedo: e se mi ci fossi trovata io?
Inutile dirti che la risposta è, sempre, che io non mi sarei trovata MAI in alcuna situazione men che “normale” (anche se sulla normalità ci sarebbero da scrivere fiumi di inchiostro), ma per quella possibilità -una su…diecimila!?- mi viene da ammettere che l' eccezione alla regola ci possa stare: cum grano salis e che sia un' eccezione, non una regola!
Ritieni troppo rivoluzionario il mio pensiero?

Massimo F. ha detto...

Una eccezione, non tante :-)
Sì, è ammissibile e accettabile che vi sia un singolo caso di devianza dalla norma, anche se personalmente credo che quando si ammette una eccezione, poi si sia costretti ad ammetterne altre. Ed è così che una società comincia a franare ed andare alla deriva (morale) ...
Certo è, Valeria, che con questo post mi hai offerto un assist formidabile :-)))