Sabato scorso ascoltavo, prima del gr1 delle sette, una trasmissione che credo si chiami "voci dal mondo".
Era intervistata una signora, rappresentante della camera di commercio a Singapore e che, parlando a mitraglia, ha sostanzialmente detto:
Contattarci è un must per le imprese italiane che vogliono un plas (che sarebbe il latinissimo e quindi nostrano "plus" ma pronunciato "plas" sembra essere più in linea con la tecnocrazia imperante e ignorante) per fare business a Singapore in modo safe. Grazie a noi possono avere un set-up per il loro coming anche step by step.
Come si dice in questi casi ?
Una parola (di commento) è poco, due diventano troppe.
Era intervistata una signora, rappresentante della camera di commercio a Singapore e che, parlando a mitraglia, ha sostanzialmente detto:
Contattarci è un must per le imprese italiane che vogliono un plas (che sarebbe il latinissimo e quindi nostrano "plus" ma pronunciato "plas" sembra essere più in linea con la tecnocrazia imperante e ignorante) per fare business a Singapore in modo safe. Grazie a noi possono avere un set-up per il loro coming anche step by step.
Come si dice in questi casi ?
Una parola (di commento) è poco, due diventano troppe.
5 commenti:
Concordo in parte con te Massimo anche se è vero che alcuni vocaboli anglosassoni rendono "meglio" in un certo senso e pure io li uso (bada bene non ne abuso). Il vero problema però, diciamolo, è che spesso anche quando qualcuno vuole esprimersi in italiano, parlando (Tv) o scrivendo (giornali), non lo fa correttamente!
alcontraio di cladio io concordo con te non in parte ma al 100%
l'esterofilia nostrana è talmente rozza ed ignorante, talmente italica da lasciare sconcertati.
andate a vedere cosa succede in Francia e Spagna dove, tanto per fare qualche esempio del cavolo preso a caso, la NATO si chiama OTAN e il mouse si chiama raton (in spagna) e riton (in francia)
e in islanda, dove perfino neologismi ottocenteschi e comunque derivati dal greco vengono rifiutati perchè non conformi alla lingua norrena medievale che viene ancora oggi parlata ? (ad es. telefono di dice "simi", che è la parola islandese che vuol dire "filo").
Del resto lo vedo tutti i giorni nel mondo bancario, fra target, mission, credit protection insurance, ecc.
Ma è mai possibile che l'ufficio contenzioso l'abbiano ridenominato "non performing loans" (che vuor dì ??) un altro è l'ufficio settlement (che vuor dì ?) e l'assicurazione sui mutui si chiema credit protection insurance, detta cpi (ma pronunciata si pi ai) ? E la Banca Intesa anni fa, quandi si chiamava INTESA BCI obbligava (sic !) i propri dipendenti a rispondere al telefono: "pronto, intesa bi si ai).
E poi mi pare che al parlamento della Repubblica Italiana sia stato introdotto il "question time" (o sbaglio ???)
E tutti coloro che chiamano i figli con improbabili nomi stranieri quando esistono perfettamente i loro omologhi italiani ???
E' ovvio che qualche parola straniera in un discorso o in un testo ci può stare. Ma come ha scritto Massimo, adesso esageriamo. Ed è colpa anche di chi, come Draghi e Monti, invece di parlare italiano nei convegni, parla inglese, con il ridicolo di costringere i telegiornali a doppiarlo. Di più e di peggio. Parlare inglese ai convegni è indice di servilismo e di piaggeria e se questo viene fatto da chi dovrebbe rappresentare l'Italia, getta su tutti noi una immagine da sudditi. Del resto cosa possiamo aspettarci da chi con l'euro, Maastricht, Lisbona e il fiscal compact ha progrssivamente svenduto la nostra Sovranità (che inizia con il battere moneta in proprio e con il valorizzare la nostra Lingua) ?
Massimo secondo me parlare in inglese a un convegno non è indice di servilismo, semmai di buona cultura (conoscenza). L'inglese lo parlano tutti al mondo, l'italiano no (il perché lo dice la storia). E se si può parlare di qualcosa direttamente con l'interlocutore, senza l'interprete che appunto nel tradurre "interpreta", tanto di guadagnato.
Perché non si sforzano gli stranieri? Perché dovrebbero: l'italiano lo parliamo solo noi (mediamente maluccio). Altra storia il latino. Quello sì che lo studiano (bene) in tutte le più grandi università del mondo. Ma è roba di secoli fa.
E poi tutto questo discorso ruota attorno al fatto che all'estero non contiamo più niente da un pezzo, come si vede dal fatto che perfino gli indiani continuano a prenderci per i fondelli.
Ci rimane la buona cucina. E il sole...
Claudio, quello che scrivi mi trova concorde nelle occasioni dei colloqui bilaterali, ma nei convegni e riunioni pubbliche internazionali i testi dei discorsi/interventi/relazioni sono preventivamente depositati, tradotti nelle varie lingue dei partecipante e dei giornalisti e distribuiti. Parlare in una lingua diversa dalla propria diventa quindi un futile esibizionismo che, nel nostro caso, si trasforma in una dichiarazione di sudditanza. Del resto individui come Draghi e Monti, ben differentemente ad esempio dei Trichet e dei commissari europei delle altre nazioni, una volta ottenuto un incarico internazionale si sono completamente spogliati del Tricolore, così che mentre gli altri facevano gli interessi delle proprie nazioni, i "nostri" (unica eccezione Frattini) si comportano come l'arbitro che deve arbitrare la partita della squadra della propria città. Non lamentiamoci, quindi, se anche gli indiani ci prendono per i fondelli ... :-)
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