Tutti i notiziari ricordano la tragedia del Vajont, avvenuta il 9 ottobre del 1963.
Sarà perchè a giugno del 1963 era morto papa Giovanni XXIII e a novembre di quel 1963 sarebbe morto il presidente degli Stati Uniti Kennedy, l'anno del Vajont è il primo di cui abbia ricordi estesi al mondo circostante.
E anche se solo tre anni dopo ci fu la famosissima alluvione di Firenze (che ancora oggi gronda retorica con la mitizzazione degli "angeli del fango") quella del Vajont è una tragedia che resta scolpita nella mia memoria.
Quando si parla del Vajont mi vengono subito alla mente immagini di distruzione in bianco e nero e non so se siano immagini viste nei telegiornali dell'epoca o di cui ho avuto conoscenza successivamente.
Caso ha anche voluto che ho partecipato per più anni alle gare di sci dell'azienda in cui ho lavorato e quelle si svolgessero in Val di Zoldo.
Per comodità anche per partecipare alla premiazione, ho sempre alloggiato all'Hotel Posta di Longarone, approfittando per guardarmi intorno.
Ci sono, o, almeno, fino al 2010 c'erano ancora un paio di abitazioni originarie rimaste in piedi con il segno del livello dell'acqua.
Tre o quattro volte sono andato a vedere la diga e l'invaso.
La diga non è (era?) percorribile, ma si può (poteva ?) scendere nell'invaso, ora una conca verde.
La diga è imponente e senza alcun segno di danni, se non quelli del tempo e dell'incuria.
Non sono mai riuscito ad immaginarmi l'invaso pieno d'acqua e il Monte Toc che franava, nè l'onda spaventosa che deve essere risultata.
Per radio ho sentito dire che la diga rappresenta una opera perfetta, ma costruita dove non avrebbe dovuto essere costruita.
Supponendo che la zona di edificazione della diga fosse stata studiata con criteri scinetifici, allora crescono i miei dubbi anche sulla attuale venerazione della "scienza".
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