L'inno di Mameli non è un capolavoro.
Allevi aveva cercato di renderlo più solenne rallentando i tempi musicali, poi in radio hanno preferito la versione di Abbado e della Filarmonica di Berlino che, forse con un retroprensiero freudiano, ci ha messo alla ... berlina, trasformandolo ancora di più in una marcetta da Pulcinella.
Più solenni sono le parole.
Niente di trascendentale, ma con un significato patriottico ed educativo.
Il primo maggio guardavo il telegiornale ed hanno trasmesso un pezzo della inaugurazione dell'expo milanese durante la quale veniva stravolto l'inno, rendendolo, se possibile, ancor meno solenne, quasi un karaoke, e cambiando persino una delle espressioni più significative.
Eravamo pronti alla morte, ora non più.
Il politicamente corrotto ha colpito anche l'inno nazionale e adesso siamo pronti alla vita.
Che non significa proprio nulla, anzi.
Mi trovo quindi perfettamente d'accordo con l'editoriale odierno di Andrea Cangini direttore del Carlino: "Siam pronti alla resa".
Adesso dobbiamo solo aspettare che le orde di clandestini che stiamo noi stessi portando in Italia ne acquisiscano consapevolezza per venire cacciati dalla nostra terra.
Senza combattere, ovviamente, perchè non siamo più pronti alla morte, evidentemente neanche per comandare a casa nostra.
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