venerdì 12 ottobre 2012

Addio, Tudàsc !

Qualcuno lo aveva evidenziato che questo blog rischiava di diventare anche un lungo epitaffio nostalgico, ma non posso evitare, dopo aver sentito il giornale radio di questa mattina alle sei, di ricordare Helmut Haller, "al Tudasc" come era chiamato a Bologna.
Noi avevamo otto anni (mese più, mese meno) in quel 1964 quando, 7 giugno, vincemmo lo scudetto.
"Lo" scudetto, anche se prima ne avevamo vinti sette (uno nel 1927 non riconosciuto come invece nel 2006 fu riconosciuto all'Inter  ...)  perchè per la nostra generazione è rimasto l'unico e, forse, siamo rimasti noi a ricordarlo con le emozioni dei bambini che eravamo allora.
Helmut Haller, da due anni al Bologna, fu una colonna portante di quella squadra che mi piace sempre ricordare in tutti i suoi componenti essenziali: Negri, Furlanis, Capra, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli, Perani, Bulgarelli, Nielsen, Pascutti e, appunto, Haller.
Un tedesco anomalo per la capacità di giocare con il pallone e lunatico nei comportamenti: a volte deliziava il pubblico, altre irritava.
Da bambini ci identificavamo con questo o quel giocatore e se Bulgarelli era sicuramente il più gettonato e, a seguire, "Dondolo" Nielsen, anche Haller aveva i suoi piccoli grandi tifosi.
Sui giornali sicuramente saranno riportate tante vicende che videro Haller protagonista (una su tutte: il "furto" del pallone della finale mondiale Inghilterra-Germania del 1966) ma a me piace ricordarlo come giocatore del Bologna, di quel Bologna che giocava come in Paradiso e che ora vede già nei verdi prati del cielo giocare due colonne come Bulgarelli e Haller.
Da bambino ho avuto la fortuna di poter andare allo stadio accompagnato dai genitori, quando andavamo in gruppo (e penso alla pazienza del padre di turno che aveva da occuparsi di cinque o sei furie scatenate) sia con amici dei miei quando si "liberava" un posto dei loro abbonamenti.
Il ricordo che mi viene ora alla mente è, a partita finita, quando non c'era la menata del "terzo tempo", un biondino che, seduto sull'erba, si toglieva le scarpe e poi, a piedi nudi sull'erba, si avviava verso gli spogliatoi.
Addio, Tudàsc !

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