Non riesco a capire perchè i giovani di oggi appaiano così trasandati (un eufemismo per indicare un aspetto apparentemente privo di qualsivoglia cura, igiene e pulizia).
Non sono solo i tatuaggi che, soprattutto d'estate, rovinano l'estetica delle belle ragazze, ma il modo di vestirsi, con i pantaloni a volte strettissimi che non riescono a contenere neppure un fazzoletto, altre volte larghi e dal cavallo che arriva alle caviglie.
Maglioni informi, magari sandali a piedi nudi anche in inverno, capelli accuratamente spettinati, o dritti come dopo la lettura di un romanzo di Stephen King o la visione di un film di Dario Argento, tagliati in modo asimmetrico.
E il tutto in un contesto in cui, come zombi, si trascinano stancamente, con gli occhi fissati sullo schermo di un telefono anche quando sono in compagnia e senza lo straccio di un sorriso.
Vedo vecchi (neanche poi tanto, 30, 40 anni, anche meno) film in cui sì, c'erano tanti con i capelli lunghi, ma per il resto si presentavano in modo impeccabile in giacca e cravatta.
Persino i "complessi" degli anni Sessanta, tanto rivoluzionari, quando si presentavano in televisione (per non dire a Sanremo) avevano cura di rispettare nell'aspetto prima di tutto se stessi e quindi il pubblico (e l'equazione la si può invertire, ma la sostanza non cambia se nel rispettare il prossimo si rispetta anche se stessi).
E ridevano, parlavano con i propri amici, guardavano i monumenti del nostro glorioso passato in mezzo ai quali viviamo e camminiamo come in un museo a cielo aperto.
L'abito non fa il monaco, dice un proverbio, ed è vero, ma l'abito, l'aspetto, come ci si presenta, è un biglietto da visita per quello che siamo o che vorremmo essere.