Ascoltando spesso la radio, noto come vengano ripetutamente intervistati cantanti e attori, che, avendo probabilmente poco da dire sulle loro attività professionali, dopo aver presentato la loro ultima "fatica", si lanciano in improbabili considerazioni filodofiche,illustrando all'ascoltatore la loro esperienza di vita, magari quando ancora non hanno compiuto i trenta anni.
Alla fine, sono tutti uguali, parole vuote, intrise di un melenso buonismo che ricalca le prediche domenicali dei parroci di campagna.
E' la fiera della inutilità che si sovrappone a quella della vanità.
Quel che preoccupa è che le giovani generazioni,che sembrano svuotate da ogni approccio culturale e filosofico di spessore, elevino cantanti attori al ruolo di guida della loro esistenza, come se una canzone o una interpretazione potessero sostituire riflessioni ben più fondate, ponderate e frutto di studi fondati su documentazioni che ci riportano le riflessioni dei Grandi del passato.
Mi piace pensare che quelle per cantanti e attori siano solo infatuazioni infantili, destinate ad essere superate con le vere esperienza di vita che, prima o poi, ogni adolescente dovrà affrontare nella realtà e non con lenote di una canzone o la trama di un film.
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