mercoledì 24 marzo 2010

Grido di Pietra


Il mondo dell’alpinismo mi ha sempre affascinato fin dai tempi in cui ne parlavo col nostro compagno Andrea G. apprendista rocciatore ai tempi dell’università. Un pomeriggio mi trascinò perfino a fare la ferrata che c’era a Badolo vestiti in borghese e con scarpe da città. Ma anche se non ho mai “praticato” mi sono fatto negli anni una raccolta di libri sulla montagna e grazie anche a Internet seguo costantemente le spedizioni qua e là per il mondo. Quello che mi stupisce e mi riempie di ammirazione per i grandi alpinisti è la capacità di affrontare ripetutamente negli anni situazioni sovrumane per quella che chiamano “la conquista dell’inutile”. Più della montagna in sé, che è ciò che in effetti li spinge, io che invece andavo sempre al mare ero e sono attratto dall’uomo “contro” la montagna. Nell’alpinismo ci sono drammi quasi quotidiani, ma tre sono stati quelli che hanno avuto un impatto mediatico assolutamente fuori dal comune nel dopoguerra. La tragedia dell’Eiger del 1957, con le cordate Nothdurft- Mayer, Corti-Longhi e la morte dei primi due e di quest’ultimo rimasto appeso in bella vista per due anni con tutto quel che ne seguì, ma ne parlerò magari un’altra volta e vi rimando ai libri che ne trattano ampiamente come “Arrampicarsi all’inferno” di J. Olsen. La tragedia del pilastro centrale del Freney sul monte Bianco nel ‘61 dove perirono Andrea Oggioni e tre francesi, si salvarono altri tre fra cui il grande Walter Bonatti che non potè salvarli tutti e qui vi raccomando “Freney 1961, Tragedia sul Monte Bianco” di M. Ferrari. Infine la spedizione ”commerciale” del 1996 all’Everest in cui morirono 9 scalatori fra guide e clienti di cui uno dei sopravvissuti, John Krakauer, ha scritto nel celebrato e controverso best seller “Aria sottile”. Denominatori comuni a queste tre tragedie sono stati l’improvviso cambiamento di clima, vero killer in montagna, e le infinite polemiche che ne sono seguite e che hanno segnato a volte per sempre la vita dei superstiti.
Ma a proposito di polemiche, clima che uccide, oltre a difficoltà estreme, non bisogna dimenticare la Patagonia e quando si dice Patagonia si dice Cerro Torre, una vetta alta "appena" 3128 metri eppure temuta come e più dei peggiori ottomila. E che nasconde un mistero che mi intriga. Che cosa successe lassù tra fine gennaio e inizio febbraio del 1959? Negli anni cinquanta vi furono diversi tentativi di salita al Cerro Torre. In particolare, nel 1958 due spedizioni italo-argentine tentarono la salita contemporaneamente ed in maniera indipendente tra di loro. Una era guidata da Cesare Maestri, l'altra da Walter Bonatti e Carlo Mauri. Entrambe dovettero rinunciare all'impresa per motivi logistici. Nel 1959, Bonatti e Mauri avevano preventivato un secondo tentativo, ma abbandonarono prima ancora di partire quando seppero che un'altra spedizione italiana, sempre guidata da Maestri, era partita prima di loro.
La spedizione di Cesare Maestri (1959) comprendeva anche il fortissimo ghiacciatore austriaco Toni Egger e Cesarino Fava. Maestri ed Egger partirono all'assalto della vetta, mentre Fava rimase al campo per supporto. Dopo una settimana Maestri fu ritrovato in stato confusionale, e raccontò a Cesarino Fava che l'aveva soccorso di aver raggiunto la vetta il 31 gennaio insieme ad Egger, che era poi caduto durante la discesa portando con sé la macchina fotografica e quindi le prove del successo. La vicenda diede vita a numerose polemiche. Molte spedizioni tentarono di ripetere l'itinerario descritto da Maestri, ma senza riuscirvi; i resoconti riportavano da un lato notevoli discrepanze tra le descrizioni di Maestri e le caratteristiche effettivamente riscontrate sulle pareti, dall'altro la mancanza di tracce del passaggio della prima spedizione.
Maestri allora tornò, nel 1970, probabilmente più per la pressione e l'orgoglio ferito che per vera e propria volontà sportiva, e portò con sé un grosso martello compressore del peso di un quintale. Con l'aiuto di due compagni, per una nuova via di salita, trascinò il compressore, impresa di per sé immane, fin sotto il fungo di ghiaccio, lo utilizzò per piantare qualche manciata di chiodi a pressione in un punto completamente privo di appigli, arrivò una trentina di metri sotto alla vetta e sulla via di discesa spezzò tutti i chiodi, chiudendo così l'accesso alla sommità e lasciando il compressore appeso per sempre all'ultimo chiodo, cento metri più sotto: un gesto palesemente sprezzante e polemico. Al ritorno dichiarò in segno di sfida di avere nuovamente vinto il Torre: il fatto però di non avere salito il fungo di ghiaccio finale, e di non essere quindi stato sulla vetta vera e propria, non fece altre che aumentare dubbi e polemiche tra i suoi avversari. Maestri venne questa volta accusato di non aver vinto con mezzi leali ed anzi, di non avere vinto affatto. Non solo: nessuno riuscì a spiegarsi perché Maestri avesse voluto sfidare i suoi denigratori salendo per una via nuova, piuttosto che ripetere quella contestata del '59, né lui fu mai chiaro in proposito. La via del compressore (detta anche via Maestri o Compressor road) fu ripercorsa nel 1979 dall'americano Jim Bridwell che riscontrò che i chiodi lasciati dalla spedizione del 1970 s'interrompono a 30 metri dalla cima, appunto sotto il fungo terminale.
Nel 2005 Ermanno Salvaterra, uno dei maggiori conoscitori del Torre (cinque ascensioni compresa la prima invernale nel luglio 1985), fino ad allora sostenitore di Maestri, ripercorse la via di Maestri del '59 e insieme ad Alessandro Beltrami e allo scalatore argentino Rolando Garibotti riuscì a raggiungere la cima. Non solo lungo la via non trovò alcuna traccia del passaggio di Maestri, ma si dovette arrendere all'evidenza che la via descritta dallo stesso Maestri, semplicemente, non esiste: il tracciato e il terreno non corrispondono affatto a quanto raccontato per oltre quarant'anni dal mitico Cesare e le contraddizioni fra quanto riportato nel resoconto originale del '59 e ciò che Salvaterra e compagni trovarono non si contano.
Oggi Salvaterra, il cui blog vi invito a leggere in quanto mi pare una persona davvero fuori dal comune, in senso buono, non crede più a Maestri e lo scontro con il vecchio alpinista è arrivato addirittura davanti agli avvocati. Salvaterra, peraltro, è tutt'altro che solo. Nel 2004 Garibotti, che proprio insieme a Salvaterra aveva compiuto la salita del 2005, ha pubblicato sull'American Alpine Journal un lungo e documentato articolo-indagine mirato a smontare definitivamente la verità di Maestri e riportando alla ribalta l'annosa vicenda. E a buttare benzina sul fuoco è arrivato infine nientemeno che il grande Reinhold Messner, che tutti conoscerete, con il suo libro del 2009 “Grido di Pietra - Cerro Torre, la montagna impossibile” dove a sua volta pur con la massima ammirazione per quello che, non dimentichiamolo, Maestri è stato per l’alpinismo italiano, dimostra (cito) “prove alla mano, come si fa in tribunale, che Maestri e Egger non raggiunsero la cima del Torre nel 1959. Per quanto riguarda la seconda salita, quella del compressore, è stato lo stesso Maestri ad ammetterlo. Quando gli chiesi se aveva raggiunto la cima, mi rispose con grande sincerità che per lui ”la montagna finisce là dove finisce la roccia”. Il problema è che il Torre è sovrastato da un fungo di ghiaccio alto oltre 400 metri pari cioè, grosso modo, alla parete nord delle Cime di Lavaredo. Difficile a queste condizioni poter sostenere di essere il primo salitore. Il primo a mettere i piedi là sopra fu infatti un ragno di Lecco, Casimiro Ferrari. Lo dimostrano le foto di vetta. Che nel caso di Maestri non esistono”.
Sembrerebbe dunque che la prima ascensione indiscussa del Cerro Torre sia quella compiuta il 13 gennaio 1974 da una spedizione del gruppo dei Ragni di Lecco; in quell'occasione giunsero in vetta Daniele Chiappa, Mario Conti, Casimiro Ferrari e Pino Negri.

Ma il Grido di Pietra uccide ancora: il primo gennaio di quest’anno è morto lo scalatore trentino Fabio Giacomelli che voleva portare sulla cima del Torre le ceneri di quel Cesarino Fava, compagno di Maestri nel ’59, suo salvatore e che sempre l’aveva difeso.

La foto, tratta dal sito di Salvaterra, mostra la via del 2005, El arca de los vientos.

venerdì 19 marzo 2010

L'articolo di Massimo P. dedicato ai "freddofili"

I cinque gioielli della grande neve

(ovvero: Un grande inverno in 10 capitoli)

Questa è una cronaca a caldo, a poche ore dall’ultimo grande evento nevoso, che vuole ripercorrere col ricordo le continue emozioni provate durante quattro splendidi mesi di un inverno fra i più grandi degli ultimi decenni, un inverno che non è esagerazione definire storico, un inverno di cui si parlerà ancora molto negli anni futuri: e così come si ricordano il '29, il '56, il '63, l'85, sicuramente un posto importante nella memoria di ognuno di noi verrà occupato anche dal 2009/2010.

E’ un racconto fatto di ricordi e di emozioni, quindi, non di analisi statistico-matematiche e di carte meteorologiche: per queste analisi ci vorrà più tempo e saranno necessarie persone più esperte del sottoscritto. Persone che non mancheranno di dire la loro nei prossimi giorni, quando sarà tempo di bilanci.

Fatta questa doverosa premessa, è tempo di iniziare il nostro racconto:


Capitolo 1: l’attesa


Dopo un autunno non particolarmente entusiasmante ed un lungo blocco anticiclonico che ha caratterizzato tutta la seconda quindicina di novembre, ai primi di dicembre la situazione finalmente evolve e dopo alcune perturbazioni atlantiche, le carte intravedono finalmente l’arrivo del primo vero freddo invernale. accompagnato dalle prime nevicate.

Ed eccoci infatti arrivati al 14 dicembre, quando la prima neve della stagione imbianca le nostre contrade.

Continue spolverate cadono un po’ tutti i giorni fino al 17, con qualche centimetro d’accumulo. Niente di eccezionale, ma c’è da essere comunque molto soddisfatti: è pur sempre una discreta nevicata, dopo anni di magra. E poi, l’inverno è appena iniziato, ma soprattutto le carte intravedono, già per il 18, una ben più appetitosa situazione da neve



Capitolo 2: il primo gioiello della grande neve (una nevicata d’altri tempi)


L’attesa è spasmodica: troppe volte le carte sono cambiate all’ultimo istante trasformando l’attesa della neve in una grande delusione, ma stavolta questo non succede: ad ogni emissione le mappe confermano, anzi ulteriormente migliorano, fino all’ultimo fantastico responso nel pomeriggio di venerdì 18 dicembre: ELBA LOW !!

Torno a casa venerdì sera a bufera già iniziata, appena in tempo, prima che le strade diventino impraticabili. Passo la serata fra la finestra e il PC a godermi la nevicata sempre più intensa e con una temperatura sempre più da favola.

Quando salta la luce vado letto. Sabato mattina, al risveglio, il paesaggio è incantevole: nevica ancora, ma il grosso si è già depositato; la temperatura scesa è fino a –4.1: un sogno.

Esco di casa: la scala esterna è coperta da una spesso manto di soffice neve. La neve secca e farinosa ha ricoperto tutto, anche gli angoli più riparati. Col metro misuro lo spessore: 30 fantastici centimetri.

La prima cosa da fare è immortalare lo splendido paesaggio: in pochi minuti esaurisco la memoria della macchina fotografica digitale.

La seconda cosa da fare è spalare: compito ingrato per la mia schiena malandata, ma stavolta non mi accorgo nemmeno di far fatica, tanto la neve è soffice e leggera.

Le ore, i giorni che seguono la fine della nevicata sono storici: minime eccezionali a due cifre come da anni non si vedevano, massime che rimangono ben lontane dagli zero gradi, temperature che già dopo il tramonto precipitano sotto i –10, freezing fog e sontuosa galaverna.

Ma la musica purtroppo è destinata a cambiare ben presto: la gioia prodotta da queste splendide giornate di freddo e neve è offuscata dalle ignobili mappe previsionali relative al periodo natalizio



Capitolo 3: la grande scaldata


Preceduta da un fenomenale gelicidio inizia la terribile scaldata di Natale, quando l’Europa è investita da isoterme che che si vedono solo in piena estate.

Il disgelo è rovinoso, le temperature raggiungono valori abominevoli proprio la vigilia ed il giorno di Natale (fino a +20 in Romagna), la neve si scioglie in un baleno.

Sembra già finita dopo che era appena cominciata, ma per fortuna dopo Natale le mappe riprendono darci un po’ speranza nel ritorno del freddo per i primi di gennaio



Capitolo 4: il secondo gioiello della grande neve (il ritorno della dama)



La neve finalmente ritorna il 5 gennaio, in tempo per l’appuntamento tradizionale dell’Epifania (la cagadeina d’la Vecia: è un diffuso modo di dire tradizionale e pittoresco nelle campagne ad ovest di Bologna). Nevica dalla sera del 5 fino alla mattina del 6. Superbo il paesaggio nel giorno della Befana.

Una decina di centimetri belli secchi e farinosi.

Bentornata, dama !



Capitolo 5: interludio



Finiscono le feste natalizie e lo scenario cambia nuovamente: inizia un periodo di transizione, non particolarmente entusiasmante, ma che comunque rientra nella tradizione meteo di gennaio.

Il tutto però coincide con una nuova cocente delusione: un potente nocciolo d’aria artica, che sembrava dovesse giungere sull’Italia portandoci nuove godurie nevose, all’ultimo momento devia su Francia e Spagna lasciandoci con l’amaro in bocca.

E mentre da noi il tempo diventa mite e piovoso, i nostri cugini latini sono sommersi da freddo e neve storici.

Ma un contentino c’è anche per noi: dal 19 al 21 gennaio, grazie all’inversione, abbiamo tre fantastici ed inattesi giorni di ghiaccio, con nebbia ed un po’ di galaverna.

Insomma, nonostante tutto, l’inverno c’e’ ancora.

Ed alla fine, il Generale torna e ricordarsi di noi……



Capitolo 6: il terzo gioiello della grande neve (tornano le bianche truppe del Generale)



La terza decade inizia in modo elettrizzate: giorno dopo giorno le carte ci fanno sempre più sognare:

ed alla fine il sogno s’avvera.

Comincia a nevicare nella mattinata del 26 gennaio.

Neve dapprima debole, lenta, poi sempre più forte e convinta.

E di sera/notte è bufera.

E di mattina ci sono 15 cm. nuovi di pacca ed un paesaggio nuovamente fiabesco



Capitolo 7: il quarto gioiello della grande neve (la tempesta di S.Geminiano)



Stavolta non c’è tempo per rifiatare; la neve caduta non fa in tempo a sciogliersi che già si profila una nuova stupenda nevicata.

A dire il vero, fino all’ultimo non si ha un’idea troppo chiara di quanta neve potrà venire e le ore di sabato 30 passano nell’incertezza, ma domenica 31 gennaio quando apro la finestra è apoteosi bianca.

Il vento ulula fra le connessure degli scuri, la neve polverosa è sollevata dalla tempesta in un potente scaccianeve,.ma per il momento l’accumulo è modesto.

Le notizie e le foto da internet fanno invece vedere l’incredibile precipitazione a falde larghe in corso nel Modenese.

Ho un po’ d’invidia e un po’ di delusione, nonostante la tempesta urlante e il paesaggio artico l’accumulo stenta ad aumentare.

Questa situazione, tuttavia, dura molto poco: il nucleo modenese arriva finalmente anche da me e in 2-3 ore di violenta tormenta con neve praticamente orizzontale si depositano 22 cm.

Di sera fa in tempo a rasserenare senza un grande scioglimento e subito la temperatura piomba sotto i –10.

A Modena la tempesta provoca l’annullamento di tutte le manifestazioni previste per la festa del Santo Patrono.

Nei 2-3 giorni successivi rivediamo le gelide minime a due cifre che avevano allietato dicembre.

Ed intanto inizia febbraio…, ma febbraio delude.



Capitolo 8: la grande delusione


Quando martedì sera 9 febbraio, a meno di 12 ore dall’evento, le mappe ci danno l’ennesima conferma siamo ormai sicuri: ci aspetta un’altra goduria nevosa da 30-40 cm.

Ed invece…

Mercoledì comincia a nevicare molto presto, prima del previsto e già alla partenza è subito neve, non acqua. Sembra che tutto cominci nel migliore dei modi.

L’attesa per il pomeriggio, quando dovrebbe cominciare il grosso della nevicata, è spasmodica, un nuovo grande evento è pressoché sicuro.

Ma il grande evento non si verifica: passano le ore e la neve non aumenta, anzi diminuisce, poi vira addirittura in pioggia.

Ormai i peggiori timori diventano certezza: qualcosa è cambiato all’ultimo minuto; l’aria fredda non è arrivata, è rimasta troppo a nord o troppo ad ovest, producendo un minimo troppo sfavorevole per noi.

La delusione è profonda, totale.

Ma questo inverno è comunque diverso dagli altri: anche quando delude un contentino ce lo dà comunque.

Ed allora ecco che nella notte fra lì11 e il 12 febbraio cadono 5-6 cm. di neve.

La mattina di venerdì 12 febbraio il paesaggio torna ad essere bello e suggestivo, da cartolina natalizia: anche febbraio ha dato il suo contributo a questo grande inverno, ma si è trattato di un modesto contributo.



Capitolo 9: la falsa primavera


Febbraio prosegue su binari anonimi e la fine del mese è anzi caratterizzata dai primi tepori primaverili.

Ormai l’inverno sembra archiviato, gli abiti più pesanti vengono riposti negli armadi, si pensa al risveglio primaverile, alle prime fioriture degli alberi più precoci.

Ma il Generale non ha ancora alcuna intenzione di smobilitare; dalla sua roccaforte dell’Europa Nordorientale prepara le truppe per un nuovo, poderoso assalto.

Personalmente, in quei gironi d’attesa, ravviso molte analogie con la situazione che precedeva il marzo 1976, un grande marzo di neve. Vuoi vedere che…..



Capitolo 10: il quinto gioiello della grande neve (l’apoteosi finale)



Come in uno spettacolo di fuochi d’artificio che si conclude con una grande fantasmagoria di luci seguita dal grande botto finale, così è la pirotecnica conclusione che ha in serbo per noi il generale inverno.

Ancora una volta le carte da sogno vengono sempre più confermate ad ogni emissione e mai smentite.

Sembrano carte esagerate, perfino troppo belle: è meglio andare cauti, la delusione di febbraio è ancora troppo recente.

Ed invece la delusione non c’è, anzi….

Dopo un antipasto nella giornata del 5 marzo (3-4 cm. nel Modenese, fiocchi altrove), martedì 9 marzo, con una bora urlante che ormai imperversa da 2-3 giorni, incomincia a nevicare.

La sera è blizzard artico e mentre in pianura per ora la neve finissima impedisce grandi accumuli, le notizie che ci pervengono dalla pedemontana e soprattutto dalla prima collina sono impressionanti. lì la precipitazione è colossale e l’accumulo cresce a vista d’occhio.

Solo in tarda serata il grosso della tempesta si abbatte anche sulla pianura bolognese (quella modenese è già messa meglio da alcune ore) e la mattina dopo il paesaggio è grandioso.

Nel mio cortile misuro 30 cm. di neve, ma nelle dune accumulate dal vento si arriva anche a mezzo metro. Verso il modenese gli accumuli sono anche maggiori. ma sono la pedemontana e la collina a scrivere la storia:. a seconda delle località si parla di 70-80 cm. Ma ci sono voci che dicono che sul bellissimo altopiano di Tolè si sono registrati accumuli fra 90 e 130 cm.

E’ il trionfo finale, la degna e perfetta conclusione di un inverno destinato a passare alla storia.

Nota personale: troppo bello per lasciarlo solo come link ... ;-)

mercoledì 17 marzo 2010

i cinque gioielli della grande neve

Anche se il blog ormai sembra definitivamente disertato da tutti, segnalo che ho scritto "di getto" un articolo con la cronaca del bellissimo inverno 2009/2010, articolo da me pubblicato nel sito http://www.emiliaromagnameteo.com/ (sezione "l'angolo della neve" "articoli di Parmeggiani M.")
Avrei voluto pubblicarlo anche qui, ma proprio non ci riesco col copia incolla (e non riesco neanche a metterlo come commento al post: mi segnala un imprecisato errore).



domenica 21 febbraio 2010

Rieccomi

Eccomi di ritorno.
Qualche appunto dalle vacanze.

Sanremo
Avete guardato il Festival ?
Io no, da anni non lo guardo più.
Ma leggo le cronache e ascolto i commenti per radio.
Dopo i fischi della platea e le critiche della solita intellighenzia, sto scoprendo in me un'anima monarchica ...

Un commissario a Bologna
C'era Delbono a Bologna (anche se io non l'avevo proprio visto ... il buono, intendo ;-).
Adesso c'è un commissario.
Che ha iniziato proprio male.
Il 28 febbraio anche Bologna aderirà alla pagliacciata bipartisan del blocco del traffico in Padania.
E il commissario non ha neppure partecipato all'incontro: ha aderito "sulla fiducia".
Cominciamo male ...

Ecoambientalismo
Ma c'è poi qualcuno che pensa che il blocco della Padania del 28 febbraio servirà a qualche cosa ?
E, soprattutto, è tutto vero quello che ci propina la propaganda ecoambientalista ?
Non doveva, questo, essere un inverno mite e con poche precipitazioni ?
Ma, soprattutto, a chi giova, cui prodest, tutto questo ambaradan ambientalista ?
Non sarà che qualcuno voglia impedirci di usare l'automobile A MENO CHE non se ne compri una nuova ogni due anni ?
Non sarà che qualcuno voglia dare lavoro a chi lavora sulle caldaie ?
Non sarà che c'è chi ha messo gli occhi sul business dell'ecoambientalismo e, allora, crea bisogni inesistenti ?
Perchè ogni anno siamo costretti a pagare per il "bollino blu" se poi non possiamo usare l'automobile al giovedì (a anche il 28 febbraio) ?

Bologna-Juventus
Il Bologna non meritava di perdere.
Comunque, meglio perdere con la Juventus che con il Livorno ...

Ricostruzioni
E' meglio ricostruire in pochi mesi, saltando le procedure e rischiando che qualche avvoltoio ne approfitti, oppure lasciare tutti nelle tende e, per rispettare le liturgie e le procedure, dopo 40 anni parlare ancora di progetti di ricostruzione ?

Buona settimana ! :-)))

martedì 26 gennaio 2010

C'era Delbono a Bologna ...

Ancora una volta riporto un post dei miei blog personali.
Questa volta lo pubblico in anteprima, sia pur di pochi minuti.
Ancora una volta è la mia personalissima idea su una vicenda che, sicuramente, abbiamo tutti seguito.
Ovvio che io non voterei mai uno di sinistra, ma il sindaco è di interesse comune e, quindi, chi siede su quella poltrona fa la differenza anche per ciascuno di noi.
Magari il commissario governativo non sarà poi così male ... :-)



La sinistra ci ha provato per 7 mesi a far capitolare Silvio Berlusconi lanciandogli tra i piedi D’addario e Lario varie: ha fallito.
Berlusconi, colpevole di null’altro che di amare il genere femminile come ogni uomo che si rispetti l’ama, non solo ha resistito, ma è cresciuto nella stima e nella considerazione dei connazionali.
Sono però bastati sette giorni di indagini per far capitolare il sindaco pci/pds/ds/pd di Bologna, fedelissimo di Prodi, Flavio Delbono, che è inciampato in una “ex” evidentemente con il dentino avvelenato.
Così, nemesi classica, la sinistra che voleva con le donne far cadere Berlusconi, ha visto messo a nudo, da una donna, il suo perbenismo falso e bugiardo.
Delbono ha fato male a dimettersi, se sa di essere innocente, prima non solo di una condanna definitiva, ma persino del rinvio a giudizio.
Ma il dato politico che segna, pesantemente e a tutta vergogna della sinistra, la differenza con il Centro Destra è che Delbono è stato lasciato solo, che il suo cambiamento di linea dal sabato del dopo interrogatorio (non mi passa neanche per l’anticamera del cervello di dimettermi) a quella del lunedì in consiglio comunale (annuncio le dimissioni per il bene di Bologna) è dovuto al venir meno della solidarietà di quelli che dovevano essere i suoi sodali.
E’ venuto meno – è questa la vergogna maggiore per i sinistri – l’aspetto umano che imporrebbe di sostenere l’amico, il camerata, il collega, il compagno in difficoltà.
E’ una grave, gravissima colpa per la sinistra quella di far prevalere l’interesse del Moloch partito su questo, fondamentale, aspetto umano e che ci dice quanto ancora la sinistra sia ben lontana dall’aver assimilito i principi dell’umanesimo occidentale, che sono tra le radici della nostra civiltà liberale e democratica.
E risalta ancor di più la splendida solidarietà di cui può godere Silvio Berlusconi.
Ma adesso si apre un nuovo capitolo, nuovo, interessante e affascinante per la mia città.
Per la prima volta un mandato amministrativo è durato appena 7 mesi, un sindaco si dimette non per essere stato eletto ad un incarico più alto, ma perché costrettovi da un partito senza alternative che accettare l’onta del commissariamento della città.
La legge è chiara: si voterà tra aprile e giugno 2011.
Questo vorrebbe dire almeno 15 mesi di commissariamento, cioè 15 mesi di stallo, di ordinaria amministrazione, che si aggiungerebbero ai sette inutili mesi di Delbono ed ai 60 mesi di traccheggiamento di Cofferati, durante i quali si persero i finanziamenti per la metropolitana e svanirono le grandi opere, sostituite da un disastroso “civis”, ancora di là da venire, ma che ha già provocato i suoi danni con la devastazione di strade che avevano una viabilità di ampio respiro come Via Marconi.
Così, intelligentemente, il Ministro Maroni ha detto: il governo non farà leggi ad hoc a meno che tutte le forze politiche non siano d’accordo.
E se saranno tutte d’accordo, Bologna potrà pure votare, in uno con le regionali, il 28 marzo prossimo.
Si pone così il problema delle candidature.
La sinistra non può che candidare Maurizio Cevenini, primatista nazionale dei matrimoni celebrati che si è “fatto un nome” proprio in tale sua funzione e per essere sempre presente alle partite del Bologna.
Ma a me interessa il Centro Destra che, questa volta, non dovrà dividersi se vorrà beneficiare (e soprattutto far beneficiare noi cittadini) della crisi della sinistra, scegliendo un nome vincente e unificante.
Se ciò non dovesse accadere, il Centro Destra non dovrebbe accettare candidature di finioti o di personaggi estranei alla politica, ma cercare l’unità su un nome che caratterizzi fortemente e idelogicamente la battaglia politica, un nome che sia ricordato per quanto ha già fatto e che possa, con ciò, marcare la diversità politica della coalizione.
I nomi (ne avrei in mente quattro, due e due) li vedremo un’altra volta, ma per il momento direi che il candidato debba essere:
bolognese di nascita
bolognese di studi
bolognese di mentalità
bolognese di residenza
bolognese di interessi.

martedì 19 gennaio 2010

Il "cinghialone" è da riabilitare ?

Una telefonata con Roberto oggi, mi ha fatto venire in mente di scrivere questo post.
Sono passati 10 anni dalla morte di Craxi ed è tutto un fiorire di iniziative tendenti a rileggere la storia di quegli anni che tutti noi abbiamo vissuto: Craxi fu eletto segretario socialista quando avevamo 20 anni ed è morto quando ne avevamo più di 40.
Persone che non avrei mai sospettato si sono unite al coro dei laudatari craxiani, spesso per mera contrapposizione al giustizialismo dei Di Pietro e di certe toghe rosse.
Così, io che non posso certo essere accusato di simpatie per la magistratura militante, ho scritto nel mio blog personale il post che segue.
Il sasso è lanciato in piccionaia ... :-)))



Nel decimo anniversario del decesso è un fiorire di celebrazioni nei confronti di Craxi Benedetto, detto Bettino.
Si propongono strade e piazze da intitolargli, si rilegge la storia di quegli anni in termini per lui apologetici, persino Il Giornale di Feltri si fa portatore di accompagnare – alla “modica” cifra di 9,99 euro – alcune pubblicazioni della “Fondazione Craxi” sulla cui obiettività, ovviamente, è tutto da discutere.
Si propone, in sostanza, la “riabilitazione” del defunto segretario socialista.
Craxi venne eletto segretario del psi quando avevo 20 anni e morì da latitante quando ne avevo 43.
Il mio ricordo di Craxi è negativo.
Non tanto per le accuse che gli sono piovute addosso, anche se fu per quelle che è scappato e che subì la “damnatio memoriae”, ma per la sua attività politica.
Craxi fu il tipico socialista che non modificò di una virgola la abituale posizione del psi di Nenni, De Martino, Mancini, Lombardi.
La “politica dei due forni” ancorché teorizzata da Andreotti, fu praticata dai socialisti che, anche con Craxi, stavano al governo a Roma con la Dc e in periferia con il Pci, favorendo la schizofrenia della politica italiana e praticavano l'assalto alle finanze pubbliche con i finanziamenti a lobbies e conventicole varie.
Il ricatto che i socialisti, sin dall’infausto loro ingresso al governo nel 1963, preceduto dai primi approcci del 1961-1962, fu continuato da Craxi che ottenne prima per Pertini il Quirinale e poi per se stesso la presidenza del consiglio, per non parlare della presidenza di Enel, Eni, Rai e tante altre piccole aziende pubbliche.
Tanto dai democristiani, tanto dai comunisti, ugualmente colpevoli di aver ceduto al ricatto socialista.
Eppure, nonostante tutto ciò, gli Italiani non diedero mai il loro consenso ai socialisti di Craxi come lui si sarebbe aspettato.
Il psi di Craxi non riuscì mai ad arrivare al 15% del consenso popolare: ci sarà un perché …
La politica socialista, continuata pari pari da Craxi, fu la principale responsabile dello spreco statalista ed assistenzialista, nonché della ingovernabilità di governi soggetti al capriccio di umbratili segretari di partito.
L’amicizia di Craxi per i palestinesi trovò il suo apice nell’infame episodio di Sigonella quando consentì ai terroristi assassini dell’Achille Lauro di involarsi liberi, impedendo la loro cattura da parte dei marines.
I suoi scontri con De Mita fornirono assists ripetuti ai comunisti per picconare quella minima stabilità governativa.
La sua “statura” di statista, per me inesistente, è misurata dalla rottura operata durante il rapimento Moro, quando tutte le forze politiche, in un soprassalto di dignità, si rifiutarono di trattare – come si deve sempre rifiutare di trattare – con i terroristi delle brigate rosse, mentre lui cercò di indurre ad aprire un dialogo addirittura proponendo la liberazione di una terrorista.
Certo, Craxi assunse anche delle iniziative positive, come l’abolizione della scala mobile e l’installazione dei missili Pershing e Cruise, ma furno episodi, spesso determinati dalle convenienze e obblighi internazionali e il più delle volte condizionati dagli alleati di governo.
Quanto alla vicenda delle tangenti e dei finanziamenti, il fatto che tutti i partiti, escluso l’Msi e la nascente Lega, ne fossero coinvolti perché la politica costava e costa, non è una scusante, semmai è una aggravante nei confronti di Craxi essere stato l’unico che, pescato con le mani nella marmellata, invece di combattere e cercare di affermare le proprie ragioni, rischiando la galera o i servizi sociali come capitò a molti suoi colleghi, lasciò campo libero ai magistrati giustizialisti, scappando dagli amici tunisini, e regalandoci una presenza delle toghe in politica che stiamo ancora subendo.
Per questi motivi il mio giudizio su Craxi non è cambiato rispetto agli anni della sua ascesa, decadenza e latitanza e non ritengo che, finchè avremo memoria, finchè ci sarà ancora qualcuno che in quegli anni ha vissuto, si possa pensare ad una riabilitazione di Craxi.
E tanto meno intitolargli strade, piazze e neppure un vicolo cieco.

sabato 16 gennaio 2010

io sono lggenda

Ho preparato il testo per questo post in un foglio di word per poi riportarlo con più comodo nel post col classico "copia/incolla"
Solo che il copia/incolla NON FUNZIONA SUL TESTO DEL POST: funziona per il titolo, per i commenti, ma non per il testo del post.
Boh !! Una volta funzionava !! Forse perchè ora navigo con internet explorer 8 che ho scaricato nei gg.. scorsi
Comunque ho risolto così: il testo è nei commenti.

Saluti.

giovedì 7 gennaio 2010

Auguri al "primus inter pares"

Un mese, tre compleanni, di cui due sotto il segno del Capricorno.
Auguri al mio omonimo, da sempre il "primus" tra tutte le mie conoscenze a compiere gli anni "inter pares" composti dai "bravi ragazzi" del 1956.
Auguri, Massimo.

martedì 5 gennaio 2010

Costituzione da riformare o da riscrivere ex novo ?

Dopo un mese in cui sono sempre stato fuori Bologna nei giorni di festa, ecco finalmente l’Epifania che, se tutte le feste si porta via, è anche una giornata a mezzo tra due lavorative, per cui rinuncio a “correre” altrove e godo la quiete e gli ozi di casa “e il naufragar m’è dolce in questo mare”.
Così anche questo scampolo di giornata, un’altra con una bella spolveratina di bianco, lo dedico ad un argomento che piacerà molto a Roberto e che, pur essendo di attualità grazie all’esternazione di Brunetta, non abbiamo ancora discusso nelle nostre fatiche da Ercole.
La nostra costituzione è da riformare o da riscrivere ex novo ?
Quel che segue è la mia opinione, che ho postato nel mio blog personale e che adesso, rivolgendomi ad Amici, ho depurato dalle provocazione inserite volutamente per far salire la pressione a quelli di sinistra che vengono a leggermi quotidianamente.
Il ministro Brunetta ha vari meriti, le sue esternazioni, mai “politicamente corrette”, increspano le acque sin troppo ferme della palude politica e, adesso, ha finalmente rotto il tabù che imponeva, a chiunque parlasse di riformare la costituzione, di specificare che da modificare era la seconda parte e non la prima.
Finalmente anche la prima parte non è più intoccabile e allora diciamola tutta: la nostra costituzione deve essere riscritta ex novo e non rattoppata alla bene meglio togliendo una parola qui e aggiungendone una là (Valeria: non sollevare l’obiezione formale dell’art. 138 e anche 139, tutto può essere modificato se il Popolo, che è sovrano, ne ravvisa la necessità tramite i suoi rappresentanti … e a volte anche in prima persona … ;-).
La costituzione vigente risale ad un’epoca che, stante i cambiamenti intervenuti, appare lontana dalla società e dalla politica di oggi.
E’ il frutto di un “lavoro” di due anni (1946-1948) da parte di una classe politica inesperta o a lungo al di fuori di ogni attività amministrativa, proveniente o dall’esilio o dalla burocrazia.
Esponenti alquanto anziani dell’Italia prefascista e giovanotti che, spesso, si erano convertiti il 25 luglio 1943 (o addirittura il 25 aprile 1945) dopo magari aver insegnato “Mistica Fascista”.
Era un’Italia che usciva da una guerra persa che, per certi aspetti, aveva anche assunto la connotazione di guerra civile.
Ma, soprattutto, era un’Italia in cui emarginati gli eredi del Fascismo – che comunque aveva fatto la Storia Patria per 22 anni – e ignorata la marginale elite liberale ed azionista, era spartita tra due grandi filoni dogmatici e ideologici: i cattolici che avrebbero sostenuto la Democrazia Cristiana e i socialcomunisti che avrebbero dato vita al Fronte Popolare (poi scisso, dopo la sconfitta del 18 aprile, nel pci e nel psi).
E la costituzione risente tutta della paternità socialcomunista e della maternità cattolica.
E’ una costituzione che già con la caduta del comunismo e la successiva, ingloriosa, fine della Democrazia Cristiana sopravvive, ai suoi genitori, mantenendo ingessata la politica italiana perché era stata pensata proprio per impedire che una parte potesse avere la forza per informare ai propri ideali e valori la società italiana.
Pensiamo che solo nel 2005 fu abolita la XIII disposizione transitoria e finale che impediva ai membri maschi di Casa Savoia di rientrare in Italia, mentre è tuttora vigente l’anacronistica XII disposizione transitoria e finale che proibisce la ricostituzione del Partito Nazionale Fascista.
Come se, dal 1948, dopo 62 anni, ci fosse ancora qualcuno che considera così debole la nostra democrazia da paventare la libera circolazione ed espressione delle idee veicolate da un nome “particolare”.
E che dire del quadro internazionale ?
Allora il pericolo arrivava dalle steppe russe, oggi dai deserti del medio e lontano oriente.
Un articolo, l’11, caduto in desuetudine dalla doverosa partecipazione alla guerra contro il terrorismo.
Un sistema parlamentare costruito per impedire decisioni rapide che è da tempo controproducente in quanto parametrato su una società che non aveva la televisione, ma solo la radio, pochi telefoni, e viaggiava su lentissime ferrovie, mentre oggi è la rapidità che consente di far guadagnare posizioni per tutte le attività cui siamo impegnati.
Allora ben venga la provocazione del ministro Brunetta e allarghiamo il concetto a tutta la costituzione del 1948 il cui posto, ormai, è in una teca al museo archeologico del diritto, per scrivere una nuova Carta Fondamentale.
Una Carta breve, che possa essere studiata a memoria sin dalle scuole elementari, agile, contenente solo i principi e i valori ispiratori la nostra comunità che vuole perpetuare la Nazione Italiana.
E, forse, sarebbe sufficiente un solo articolo che dicesse con chiarezza che la Libertà è il bene supremo e lo stato, uno stato che si rispetti, la deve garantire in ogni sua forma (pensiero, parola, scritti, associazionismo) anche nei confronti di chi dovesse esprimere opinioni difformi da quelle “codificate”.
Perché a decidere dove e come indirizzare lo sviluppo della nostra società è solo il voto, espressione della Sovranità Popolare e non qualche sinedrio di “migliori” tali solo per autoreferenzialità e che non hanno mai il coraggio di proporsi al giudizio – cioè al voto - popolare.
Buona Epifania !