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martedì 5 gennaio 2010

Costituzione da riformare o da riscrivere ex novo ?

Dopo un mese in cui sono sempre stato fuori Bologna nei giorni di festa, ecco finalmente l’Epifania che, se tutte le feste si porta via, è anche una giornata a mezzo tra due lavorative, per cui rinuncio a “correre” altrove e godo la quiete e gli ozi di casa “e il naufragar m’è dolce in questo mare”.
Così anche questo scampolo di giornata, un’altra con una bella spolveratina di bianco, lo dedico ad un argomento che piacerà molto a Roberto e che, pur essendo di attualità grazie all’esternazione di Brunetta, non abbiamo ancora discusso nelle nostre fatiche da Ercole.
La nostra costituzione è da riformare o da riscrivere ex novo ?
Quel che segue è la mia opinione, che ho postato nel mio blog personale e che adesso, rivolgendomi ad Amici, ho depurato dalle provocazione inserite volutamente per far salire la pressione a quelli di sinistra che vengono a leggermi quotidianamente.
Il ministro Brunetta ha vari meriti, le sue esternazioni, mai “politicamente corrette”, increspano le acque sin troppo ferme della palude politica e, adesso, ha finalmente rotto il tabù che imponeva, a chiunque parlasse di riformare la costituzione, di specificare che da modificare era la seconda parte e non la prima.
Finalmente anche la prima parte non è più intoccabile e allora diciamola tutta: la nostra costituzione deve essere riscritta ex novo e non rattoppata alla bene meglio togliendo una parola qui e aggiungendone una là (Valeria: non sollevare l’obiezione formale dell’art. 138 e anche 139, tutto può essere modificato se il Popolo, che è sovrano, ne ravvisa la necessità tramite i suoi rappresentanti … e a volte anche in prima persona … ;-).
La costituzione vigente risale ad un’epoca che, stante i cambiamenti intervenuti, appare lontana dalla società e dalla politica di oggi.
E’ il frutto di un “lavoro” di due anni (1946-1948) da parte di una classe politica inesperta o a lungo al di fuori di ogni attività amministrativa, proveniente o dall’esilio o dalla burocrazia.
Esponenti alquanto anziani dell’Italia prefascista e giovanotti che, spesso, si erano convertiti il 25 luglio 1943 (o addirittura il 25 aprile 1945) dopo magari aver insegnato “Mistica Fascista”.
Era un’Italia che usciva da una guerra persa che, per certi aspetti, aveva anche assunto la connotazione di guerra civile.
Ma, soprattutto, era un’Italia in cui emarginati gli eredi del Fascismo – che comunque aveva fatto la Storia Patria per 22 anni – e ignorata la marginale elite liberale ed azionista, era spartita tra due grandi filoni dogmatici e ideologici: i cattolici che avrebbero sostenuto la Democrazia Cristiana e i socialcomunisti che avrebbero dato vita al Fronte Popolare (poi scisso, dopo la sconfitta del 18 aprile, nel pci e nel psi).
E la costituzione risente tutta della paternità socialcomunista e della maternità cattolica.
E’ una costituzione che già con la caduta del comunismo e la successiva, ingloriosa, fine della Democrazia Cristiana sopravvive, ai suoi genitori, mantenendo ingessata la politica italiana perché era stata pensata proprio per impedire che una parte potesse avere la forza per informare ai propri ideali e valori la società italiana.
Pensiamo che solo nel 2005 fu abolita la XIII disposizione transitoria e finale che impediva ai membri maschi di Casa Savoia di rientrare in Italia, mentre è tuttora vigente l’anacronistica XII disposizione transitoria e finale che proibisce la ricostituzione del Partito Nazionale Fascista.
Come se, dal 1948, dopo 62 anni, ci fosse ancora qualcuno che considera così debole la nostra democrazia da paventare la libera circolazione ed espressione delle idee veicolate da un nome “particolare”.
E che dire del quadro internazionale ?
Allora il pericolo arrivava dalle steppe russe, oggi dai deserti del medio e lontano oriente.
Un articolo, l’11, caduto in desuetudine dalla doverosa partecipazione alla guerra contro il terrorismo.
Un sistema parlamentare costruito per impedire decisioni rapide che è da tempo controproducente in quanto parametrato su una società che non aveva la televisione, ma solo la radio, pochi telefoni, e viaggiava su lentissime ferrovie, mentre oggi è la rapidità che consente di far guadagnare posizioni per tutte le attività cui siamo impegnati.
Allora ben venga la provocazione del ministro Brunetta e allarghiamo il concetto a tutta la costituzione del 1948 il cui posto, ormai, è in una teca al museo archeologico del diritto, per scrivere una nuova Carta Fondamentale.
Una Carta breve, che possa essere studiata a memoria sin dalle scuole elementari, agile, contenente solo i principi e i valori ispiratori la nostra comunità che vuole perpetuare la Nazione Italiana.
E, forse, sarebbe sufficiente un solo articolo che dicesse con chiarezza che la Libertà è il bene supremo e lo stato, uno stato che si rispetti, la deve garantire in ogni sua forma (pensiero, parola, scritti, associazionismo) anche nei confronti di chi dovesse esprimere opinioni difformi da quelle “codificate”.
Perché a decidere dove e come indirizzare lo sviluppo della nostra società è solo il voto, espressione della Sovranità Popolare e non qualche sinedrio di “migliori” tali solo per autoreferenzialità e che non hanno mai il coraggio di proporsi al giudizio – cioè al voto - popolare.
Buona Epifania !