domenica 2 febbraio 2014

Amanda e Raffaele

Sono appassionato di libri e film gialli e polizieschi, ma non amo la cronaca nera (insomma preferisco la finzione alla realtà).
Leggendo i giornali, ascoltando i giornali radio e guardando i telegiornali, però, non posso non registrare le notizie che vengono comunicate.
La settimana scorsa abbiamo avuto la terza sentenza (quattro se consideriamo il rinvio della cassazione) per l'omicido della studentessa inglese a Perugia di sette, otto anni fa.
Primo grado: colpevoli.
Secondo grado: innocenti.
Cassazione: rinvio ad altra corte di assise di appello.
Secondo processo di appello: colpevoli.
E non è finita perchè la palla torna alla cassazione.
Al di là dello schieramento (innocentista o colpevolista) che in questo caso non mi vede schierato, c'è da rimanere agghiacciati dal sentire il pubblico ministero dichiarare (ed essere ripreso dalle cronache in radio e televisione) che chiede la condanna per gli indizi raccolti contro Amanda e Raffaele.
Indizi, non prove o confessioni ?
Ma come è possibile condannare due persone a 25 anni di galera (anche se non li farebbero certo tutti e anche se sarebbero pochi per un delitto così atroce) sulla base di indizi ?
Ammesso e non concesso che, come ha affermato il pm, siano tanti e concomitanti, restano pur sempre indizi, non prove.
E quando si leggono le anticipazioni delle motivazioni dichiarate dal presidente di quella corte che ammette che è stato difficile raggiungere una decisione così pesante, mi piace sempre di più il sistema americano che pretende, per una sentenza di condanna, la convinzione della colpevolezza "oltre ogni ragionevole dubbio".
Qui  i dubbi ci sono, come in tanti altri casi in cui si è rischiato e si rischia di aggiungere alla vittima del delitto, altre vittime nelle persone dei presunti colpevoli.
E mi vengono in mente le vicende di "unabomber" con le prove "adattate" e quella di Avetrana dove sono in galera due donne che si proclamano innocenti ed è libero un uomo che si accusa del delitto.
 
 

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