AMARCORD "bala a panirein anni '70"


Carissimi, era un po’ di tempo che volevo pubblicare questo post relativo allo sport che più di tutti mi ha appassionato e che ho praticato fino a due anni fa prima come giocatore, poi come allenatore (io preferisco essere definito istruttore) di categorie giovanili. Credo, come si evince dal titolo, che il dialetto bolognese, anche se a me piace pensarlo di più come una lingua in questo momento storico di autonomie locali, sia l’unico che contempli la traduzione letterale della parola americana basketball. Tale termine nacque ancora, mi raccontava mio padre, quando le V nere giocavano nella chiesa sconsacrata di S. Lucia e temo che pochissimi giovani conoscano, in quanto l’uso del dialetto si è perso già con al nostra generazione (io lo parlavo solo coi miei nonni materni). Cominciai ad andare al palasport che non si chiamava ancora Paladozza né aveva ancora il soprannome di “Madison” nei primi anni 60 con mio padre che mi trasmise la sua passione (lui seguì la Virtus fin dai primi anni del dopoguerra quando giocavano ancora in Sala Borsa) per questo sport stupendo fin da bambino. Amarcord anni 70: i tempi del Ginnasio, del Liceo, dei concerti rock, dei concerti jazz che tanto mi appassionavano e soprattutto gli anni di esplosione a livello nazionale del movimento cestistico, quando nella nostra città i ragazzini andavano più volentieri al campetto col pallone n7 anziché n5 e quando avevano grande risonanza soprattutto cittadina i derbies Virus-Fortitudo. Nella prima foto ho voluto ricordare 3 grandi campioni dello sport cittadino, Giacomino da Medicina (grande bandiera rossoblu anni 60 e 70), John “Kociss Fultz” (mitico americano e idolo delle ragazzine per la sua avvenenza ingaggiato dalle V nere che cercavano di tornare nell’empireo del basket nazionale dopo aver disputato lo spareggio per non retrocedere) e ultimo ma non da meno l’unico giocatore che ho sempre invidiato alla Fortitudo Gary “Baron” Schull vera anima di una rivale brutta sporca e cattiva ma che ahimé, proprio grazie alla grinta di questo inarrivabile campione, troppo spesso ci faceva ingoiare polvere nei troppi derbies in cui partivamo da favoriti. I derbies erano un vero evento e si doveva arrivare ore prima al palazzo per accaparrarsi un posto a sedere (c’erano pochi posti numerati) e come ho detto prima le due compagini cittadine si equivalevano per cui le partite erano delle vere e proprie battaglie e se succedeva a noi virtussini di perdere il derby, venivamo presi per i fondelli fino al derby successivo, anche perché le velleità di classifica della Virtus erano sulla carta più ambiziose di quelle della Fortitudo che, quando riusciva a battere i cugini in entrambe le stracittadine, era per i suoi tifosi come se avesse vinto il campionato. A fine anni 90 e primi anni 2000 i derbies assunsero importanza ben maggiore e determinarono in quegli anni non più la supremazia cittadina ma quella nazionale e in un paio di stagioni anche quella europea facendo diventare Bologna “Basket City”. Tornado ai mitici anni 70 Kociss era un realizzatore nonché cecchino eccezionale (aveva infatti delle medie realizzative incredibili grazie ad una tecnica inimitabile); il Barone invece era un difensore, rimbalzista e realizzatore incontenibile: insomma un giocatore totale che riusciva soprattutto grazie alla sua indomita grinta a trascinare i compagni, che non erano certo dei fenomeni, ad ottenere dei risultati imprevisti battendo tante volte anche le grandi squadre del campionato. In quegli anni come vi dicevo, per assistere al derby i tifosi arrivavano al palazzo subito dopo pranzo e passavano 3-4 ore all’interno in attesa che iniziasse il riscaldamento prepartita dei giocatori; da quel momento in poi era veramente uno spasso con le tifoserie che si prendevano in giro, per altro molto accesamente ma senza mai eccedere creando un clima di tensione inimmaginabile. Spesso accadeva che per ingannare l’attesa dei tifosi prima della partita principale si giocassero alcune partite dei cinni dei settori giovanili. Accadde che prima di un derby, per altro vinto dalla Virtus, si giocasse il derby dei cinni ed io in V^ ginnasio avevo la maglia con la V nera sul petto e per di più giocavo con lo stesso numero di Kociss……. Insomma entrammo in campo per giocare una partita sentitissima anche per noi giovani di allora e quando cominciò, dentro il palazzo c’erano già 4000 persone che assistevano al nostro incontro non passivamente, ma facendo un tifo indiavolato perché identificavano in noi giovani le reciproche fazioni della battaglia cui dopo avrebbero assistito. Anche a livello giovanile le due compagini erano estremamente equilibrate ma quel giorno, traditi forse dall’emozione, i miei compagni giocarono un primo tempo ignobile e finimmo sotto di 20 punti col sottoscritto tenuto fino a quel momento in panchina. Nel secondo tempo il coach finalmente mi diede fiducia e mi fece scendere in campo: l’idea di giocare davanti ad un palazzo ormai pieno (5000 ed oltre) mi faceva tremare letteralmente le ginocchia dall’emozione: sedici anni sono pochi e non si è ancora maturi per sopportare certe responsabilità. Comunque scesi in campo con grande determinazione; alla seconda o terza azione ricevetti la palla e feci scoccare dall’angolo uno dei miei migliori tiri (anch’io sono sempre stato un discreto tiratore): ciuff (only net)….. avevo segnato. Il palazzo esplose, il parquet tremò per alcuni secondi e c'era un frastuono inimmaginabile: io mi galvanizzai ed in trance agonistica giocai una partita memorabile; questa mia sicurezza rinfrancò anche i miei compagni e grazie ad alcuni miei canestri ed al nostro buon gioco di squadra ritrovato riuscimmo a recuperare fino a pareggiare l’incontro a pochi minuti dalla fine. Poi, pagando un po’ lo sforzo fatto per rimontare, concedemmo qualcosa di troppo nel finale e finimmo per perdere di due punti dimostrando comunque orgoglio nel non voler soccombere di netto agli avversari davanti a cotanto pubblico.
Scusate se ho annoiato qualcuno ma volevo farvi partecipi di questo che è uno dei più bei ricordi che ho di quegli anni. 
Io non mi sono certo annoiato! Ricordo anch'io il gran tiro di Andrea, da "marziano" in mezzo a noi nelle partite durante le ore di ginnastica e anche fuori a volte. Come ricordo i "sottomano" di Roberto e il "lavoro oscuro" di Marco O. (che fine ha fatto a proposito?)che ebbe un certo successo nel S. Lazzaro Basket. Ma effettivamente Andrea era di un'altra categoria: se ci fosse stato allora il tiro da tre punti!
RispondiEliminaQuando, nell'ottobre 1970, iniziammo il Ginnasio, ero già Fortitudo da tre anni e non amavo la pallacanestro. Ambedue i miei sentimenti avevano una causa comune. In prima media ebbi un professore di ginnastica (alias Educazione Fisica ...) che giocava nella Virtus. Il nome è il mio, il cognome ... potrebbe avere qualche attinenza con le imprese spaziali ... ;-). Era talmente sgodevole che iniziai a tifare Fortitudo e colsi ogni occasione per dedicarmi ad altro, ma non alla pallacanestro. Poi, negli anni, qualche partita la vidi, anche se non mi ha mai entusiasmato e comunque sono rimasto Fortitudo ... purtroppo :-(.
RispondiEliminaAmarcord: come un gruppo di adolescenti sono diventati seri (?) professionisti :-).
Andrea ho fatto vedere ad alcuni colleghi la foto di Fultz al tiro. Chi è il giocatore della Virtus di faccia sulla sinistra? Suppongo che gli altri due di spalle siano Serafini e Bertolotti giusto?
RispondiEliminaE' Loris Benelli classe 1953 col quale giocai alcune partite (loro juniores aggregati alla serie A e noi cadetti che li rimpiazzavamo quando appunto i vari Benelli, Martini, Beretta, Sacco avevano impegni con la squadra maggiore). Quell'anno tra l'altro proprio con questi giocatori (del 53, 54 e 55) la V vinse il titolo nazionale juniores. Io giocai da panchinaro alcune partite con loro nella fase eliminatoria per cui posso dire che anch'io posso vantarmi di tale titolo anche se nelle partite importanti ovviamente rimasi fuori squadra. Da notare l'altra squadra la gloriosossima Reyer Venezia: riconosco col 13 Bufalini, con l'8 Carraro (grandissimo giocatore) e col 10 quello che a mio avviso è stato l'americano più forte mai visto in Italia cioè Steve Hawes.
RispondiEliminaBeh Andrea, Hawes non lo ricordo, ma è stato un giocatore più forte di McAdoo, di Artis Gilmore, dello stesso Ginobili?
RispondiEliminaPenso proprio di si........ venne direttamente dai Lakers perchè aveva litigato per gli ingaggi; erano comunque altri tempi. Gilmore è stato qui un anno e non ha combinato un tubo, Mc Adoo ok anche se era a fine carriera, Ginobili ok anche se non era americano. Pensa però alla figura di m.... di Dominique Wilkins (una vera leggenda dell'NBA che non ha mai vinto niente) che viene qua e subisce il famoso tiro da 4 nel '98 da parte di Danilovic (lui si che è stato un fenomeno). Tornando a quegli anni mi vengono in mente Bob Morse, Manuel Raga, Art Kenney (Simmenthal), Terry Driscoll, ma poi arrivò il reverendo Cosic per me il top forse anche meglio di Danilovic. Vedi buoni giocatori ce ne possono essere tanti però non tutti sono stati dei veri vincenti. Tornando ad Hawes per me era un giocatore eccezionale tipo Scull però tecnicamente più bravo. E' stato in Italia una sola stagione in una formazione di bassa classifica che grazie a lui arrivò terza o quarta.
RispondiEliminaGrandioso il titolo e, soprattutto, il ricordo...
RispondiEliminaIo ricordo un momento di totale tifo per Fultz, ricordo una partita (derby) in cui l’ acerrimo nemico Schull faceva sempre canestro e io, pur non capendoci nulla, urlavo come un’ ossessa... Poi, più niente.
La predilezione per la Virus mi è però rimasta sempre, così, senza un vero motivo...
Andrea, si dice che il tifo virtusino sia un po’ fighetto: è vero? Da che cosa nasce questa leggenda metropolitana?
Si dice che la Bologna vera è solo bianconera. La nomea di fighetti deriva dal fatto che all'epoca la V aveva ambizioni di alta classifica, un blasone maggiore, un maggior numero di spettatori, prezzi dei biglietti più alti, il jet set cittadino che frequentava il parterre bianconero ecc...... tutto questo creava una forte rivalità fra le due compagini sentita soprattutto dai tifosi Fortitudo. Costoro è vero dicevano di essere i proletari del basket che però tifavano per una squadra parrocchiale dietro la quale c'era la DC e l'onorevole Tesini; è vero che in quegli anni dietro la Virtus c'era l'onorevole Elkann quindi si può dire che fosse un derby in seno alla DC. Comunque la Virtus è sempre stata la storia e la tradizione dell'intero sport cittadino: la casa madre fu fondata nel 1871 e la Virtus pallacanestro (o meglio bala a panirein) nacque negli anni 30 e nel 1934 vinse il suo primo scudetto. Io sono legato alle V nere perchè mio padre faceva ginnastica atrezzistica con SEF VIRTUS ed io ovviamente quando inizia a giocare a basket, dato che avevo un po' di talento scelsi di indossare quella casacca che mi è rimasta addosso. Ad oggi è la società con più titoli dopo l'Olimpia Milano con 15 scudetti, 2 Euroleghe, 1 Coppa delle Coppe, 1 Eurochallenge, 8 Coppe Italia, 1 Supercoppa e 15 Campionati Italiani Giovanili. Comunque sai benissimo che io pur essendo virtussino non sono mai stato e mai saro fighetto.......... Comunque mi hanno consigliato la lettura del libro appena pubblicato da John Fultz "mi chiamavano Cociss" edito da Minerva € 14 che è un po' la storia di quegli anni e della generazione Hippy. Mi hanno detto che è molto interessante.
RispondiElimina...interessa anche a me, il libro. Se lo leggo, poi ti dico.
RispondiEliminaAltra curiosità: come mai hai lasciato il tuo ruolo di istruttore?
Cambiando argomento: vi comunico che ho già votato: il mio seggio è al Righi, ma sto andando a prelevare due anziani zii che votano al GALVANI e poichè li accompagnerò fino alla cabina rivedrò il nostro amato Liceo...
BUONA DOMENICA, ragazzi!
Sono contento di aver suscitato qualche curiosità col mio post. Tra l'altro mi risulta che Fultz insegni lingua Inglese e letteratura Americana in un ateneo a Napoli: altra differenza (almeno fino a pochi anni fa) fra chi praticava basket e chi giocava a calcio era sicuramente il livello culturale (purtroppo ultimamente non si è alzato quello dei calciatori ma si è abbassato quello dei cestisti). Non alleno più da due anni perchè, vivendo in una provincia cestisticamente depressa non ho grandi alternative, essendo la società per la quale operavo fallita da 2 anni e dalla quale devo ancora ricevere e mai riceverò un bella somma di rimborsi spese; le altre società che attualmente operano in provincia non hanno al momento proposte interessanti che mi possano coinvolgere dato che vivono alla giornata e tirano a campare con dei progetti sportivi a mio avviso miopi. Andare ad allenare a Treviso non ha senso per le distanze ed i magri rimborsi spesa che vengono offerti per cui al momento sono fermo ma vi assicuro che ho lo stesso molte attività che mi tengono occupato e che magari vi illustrerò in prossimi post e che vi mostreranno alcuni aspetti di me che non immaginate. Un abbraccio.
RispondiEliminaLa Virtus è sempre stata la squadra dei "fighetti" per i motivi che ha descritto Andrea, ma anche perchè il suo pubblico negli anni settanta era ormai stabilizzato nella cosiddetta "Bologna bene", quella per cui la Virtus era un momento per intessere nuove amicizie e affari. Gli abbonamenti si tramandavano di padre in figlio e c'era pochissimo spazio per nuovi arrivi, tanto che chi avesse voluto, appassionato di pallacanestro, vedere una partita, doveva, per forza, accostarsi alla Fortitudo, così è cresciuta la tifoseria fortitudina. Ora non è più così, anche perchè di soldi nella pallacanestro ne girano pochi, come anche Andrea ha potuto descrivere. Del resto ci sono molti altri momenti per socializzare e fare affari ... :-)
RispondiEliminaBellissimo post, Andrea: molto suggestivo, molto evocativo.
RispondiEliminaQuanti ricordi che fa riaffiorare e soprattutto quante sensazioni, quante emozioni.
Sono virtussino fin da quando conosco il basket, anche se ora non lo seguo più, come il resto dello sport.
La passione è nata soprattutto quando, da semplice ragazzo di campagna, sono stato catapultato nella città, in quell’ottobre del 1967
Un impatto spaventosamente traumatico, che comunque mi ha fatto conoscere ed apprezzare il basket e soprattutto la Virtus, abbinata Candy (a quei tempi si parlava di abbinamento, non di sponsorizzazione), dove giocavano ancora alcune vecchie glorie e come straniero c’era Keith Swagerty (soprannominato “il marine”).
Erano veramente altri tempi quelli, col campionato dominato dal duo Ignis-Simmenthal e con la sola Forst Cantù a fare da terzo incomodo.
E che differenza fra le varie squadre, con Ignis e Simmnthal che vincevano tutte le partite e con le squadre più deboli che le perdevano tutte rischiando di finire la stagione a zero punti.
I punteggi, poi, non erano certo quelli odierni: moltissime le partite dove nessuna delle due squadre raggiungeva i 70 punti (e qui mi ricordo la mitica vittoria dell’Italia sugli USA per 66-64 nei mondiali del 1970).
L’inizio del Galvani coincise con la grande crisi Virtus.
Dopo la sciagurata stagione 1969/70 di grandi ambizioni (con Terry Driscoll come straniero), ma senza sponsor, la profonda crisi finanziaria dell’estate 1970 col rischio di non riuscire ad iscriversi al campionato evitato all’ultimo minuto grazie all’abbinamento Norda reperito miracolosamente quando ormai erano perdute tutte le speranze.
La partecipazione al campionato era salva, ma la squadra era debolissima, con un americano ignobile (Doug Cook, il peggior straniero Virtus insieme al Mills della stagione 1966/67), anche se iniziarono a giocare alcuni giovani che avrebbero costituito l’ossatura della squadra successiva, quella di John Fultz (Serafini, Bertolotti e poi non mi ricordo se c’erano già Albonico, Antonelli ed altri)
La Norda perse quasi tutte le partite; mancavano ormai pochissimi incontri prima della fine della stagione e la squadra sembrava ormai spacciata, poi successe il miracolo: mi ricordo due vittore “impossibili” con la Snaidero (credo a Udine) e con la Forst (credo in casa) e l’aggancio miracoloso ad altre due derelitte (Livorno e Biella) con cui giocare un drammatico spareggio a tre (una salva, due retrocesse).
Non mi ricordo bene se ci furono tre incontri “secchi” o sei incontri (andata e ritorno), ma mi sembra di rimembrare la prima opzione.
Fatto sta che nell’ultima, decisiva partita, con Biella già spacciata, la Virtus giocava con Livorno sicuramente non in casa (o a Livorno o in campo neutro) e poteva anche permettersi di perdere per pochi punti (per la differenza canestri positiva).
La partita fu una bolgia: la sentii per radio (non so se tutta intera o a spezzoni) col boato infernale del pubblico sullo sfondo.
La Virtus perse, ma di poco e ce la fece.
Punteggio: 49-44
Erano veramente altri tempi !!!
E dopo, arrivò Fultz…….
Ma era veramente così scarso Cook? O fu un anno disastroso anche per altri motivi? Andrea (o Massimo) illuminaci!
RispondiEliminaChiedo scusa se rispondo così in ritardo a Claudio e a Massimo P. che non credevo fosse un appassionato di pallacanestro; in effetti dopo il commento col quale Cesco (ti prego non volermene) aveva catalogato un po' semplicisticamente i tifosi virtussini, non avevo più seguito questo post da me pubblicato. Massimo P quanti bei ricordi hai evocato con le tue citazioni di giocatori e americani di quegli anni. Io andai a palazzo con mio padre solo un paio di anni prima di te (quello stronzo di Dado Lombardi era ancora Junior) ma gli americani fine anni 60 me li ricordo bene: Werner (molto buono), Mills (una ciofeca), Swagerty (il mio preferito) ricordava per grinta e potenza il Barone (ricordo una foto in sede Virtus nella quale schiacciava con due avversari appesi alla maglia), Skaleki (mediocre) fino ad arrivare al grande Terry Driscoll che fu preso da Porelli, che nel frattempo aveva rilevato la società, proprio per riportare in alto le V nere. In realtà quella stagione fu un vero flop: Driscoll, per altro bravissimo ma giovane ed inesperto, non giocò quasi mai a causa di un grave infortunio ad una caviglia e la squadra restò in balia di quell'individualista di Dado Lombardi che la portò ad un misero ottavo posto confermando, se ce ne fosse stato bisogno, che nella pallacanestro gli individualismi eccessivi non pagano mai. L'anno successivo il grandissimo Porelli fece la scelta di rinnovare completamente la squadra rinunciando ai senatori (Lombardi, Cosmelli) per puntare sui giovani in parte cresciuti nella società come Serafini o in società cittadine come Sacco e Benelli, in parte comprati fuori città Martini e Beretta, e puntando molto su altri due giovani semisconosciuti comprati da Milano 2 (non quella del Berlusca ma l'allora All'Onestà) Albonico e Bertolotti. A questa marmaglia di giovinastri volle giustamente aggiungere un americano che gli desse garanzie e dopo vari tentativi di portare uno straniero di vaglia si fece convicere dal mitico Bob Cousy che Doug Cook potesse essere l'uomo giusto perchè aveva sulla carta le giuste credenziali: fu preso direttamente dai Lakers perchè non aveva trovato un accordo con la squadra di L.A. sull'ingaggio. Queste informazioni le ho rinfrescate recentemente perchè a Natale ho rivisto ad un clinic per allenatori a Bologna Renato Albonico (persona squisita) col quale ho chiacchierato a lungo ricordando quegli anni in cui lui era in prima squadra ed io nelle giovanili (tra l'altro andai a fare anche alcuni allenamenti con loro). Comunque Cook non era affatto tristo, anzi era un giocatore molto forte sia fisicamente che tecnicamente; il suo problema era che, avendo dovuto ridurre notevolmente il suo ingaggio dell'anno precedente, vedeva l'esperienza italiana come interlocutoria nella sua carriera e non aveva assolutamente voglia non dico di sbattersi ma solamente di impegnarsi un minimo. Infatti quell'anno la Virtus, per la prima e unica volta nella sua storia rischiò di retrocedere. Io andai a vedere gli spareggi a Milano e fu una vera soffrenza, ma nel primo incontro quello con Livorno Cook giocò impegnandosi un minimo e vincemmo con un margine sufficiente per rendere pleonastico l'incontro con Biella (anche a causa della sconfitta di Biella contro Livorno) dove Cook ritornò ad essere quella ciofeca ben nota e dove perdemmo di 4 o 5 punti. Comunque se siete interessati alla storia della Virtus vi consiglio questo sito:
RispondiEliminahttp://virtuspedia.altervista.org/index.htm
Ciao a tutti ed in particolare a Massimo P che non sapevo e/o ricordavo essere virtussino. Sperando di tornare presto a vedere qualche derby sempre e comunque forza Virtus!!!!!!!
Sì, Andrea sono virtussino da sempre.
RispondiEliminaCerto che dopo tanti anni la memoria inganna: l'ultima partita di spareggio (quella finita 49-44) fu giocata dalla Virtus contro Biella, allora, non contro Livorno.
E alla fine mi debbo ricredere anche su Doug Cook, che ho sempre considerato scarso quasi come Mills.
Comunque, oltre alla Virtus, ho tifato per alcuni anni anche per la Burghy Modena, in quanto vi giocava Fabio Torri, una delle glorie sportive di Anzola, tanto che ad Anzola fu anche creato un club di fan del Burghy.
Era un bravissimo giocatore Fabio, grande cecchino: peccato che mancasse di personalità; avrebbe potuto fare una ben più grande carriera.
No Massimo ci siamo fraintesi, Cook(e qui ti parlo da allenatore) è stato forse anche peggio di Mills perchè il secondo faceva quello che poteva, l'altro non faceva niente...... ma anzichè di questi tristoni parliamo invece di tanti altri campioni che hanno fatto grande la Virtus: Cosic, Driscoll, Danilovic, Villalta, Brunamonti, Mc Millian, Ginobili, Jaric, Abbio, Rigadeau, Johnson, Caglieris, Belinelli, Richardson, Van Breda Kolf ecc....
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