domenica 24 maggio 2009

Uomini che odiano le donne

Giorni impegnativi.
Poco tempo per scrivere, primi caldi e quindi prendo spunto da alcuni episodi e soprattutto dall’imminente (29 maggio) uscita nei cinema della trasposizione cinematografica del primo dei romanzi di Stieg Larsson che ci ha ottimamente consigliato Claudio, “Uomini che odiano le donne”, per allargare (lo ammetto: molto provocatoriamente ... :-) il discorso.
Non credo che andrò al cinema a vedere il film: da circa sette anni non metto piede in una sala cinematografica e aspetterò anche questa volta che “esca” in televisione, anche se l’impatto è sicuramente meno rilevante, ma almeno posso alzarmi, sbuffare, commentare a voce alta, interrompere e registrare e, se del caso, spegnere.
Ritengo peraltro che, come spesso – quasi sempre – l’aver letto il romanzo prima di vedere il film, mi porterà ad essere molto critico verso l’interpretazione del regista e le sue scelte omissive.
Il primo romanzo della trilogia Millennium mi piacque.
Lo lessi “tutto di un fiato” in pochi giorni e mi affrettai ad acquistare gli altri due che formano la trilogia e che sono nettamente inferiori per qualità ed idee.
Ma il primo merita tutto il successo che ha avuto.
Con una prosa fresca e mai ripetitiva ci porta per mano nel mondo dorato di una delle tanto decantate società del benessere scandinave.
E vediamo che il benessere è condizionato sempre da scelte, anche “dure”.
Il Bene vince, ma ci impiega un bel po’ e deve subire cocenti sconfitte.
Una allegoria per dire che la lotta tra il Bene e il Male è eterna e non finirà mai ?
Il primo romanzo è piacevole anche perché le morbosità sessuali (di perversione sessuale) presenti in modo massiccio nel secondo (e in parte eliminate nel terzo) sono appena accennate e formano solo una vaga cornice di sfondo, ai margini della storia.
Il secondo romanzo, con tutte le perversioni elevate a “normale” sistema di vita ci mostra quanto la “società del benessere” del nord europa sia corrotta e destinata a fallire.
Perché senza valori morali, senza la coscienza di ciò che è Bene e ciò che è Male, anche nelle scelte individuali di vita, il benessere materiale non ha futuro poggiando sulla corruzione dell’animo che, come sappiamo, è il primo tarlo che ha sempre contaminato e indebolito qualsiasi civiltà.
Potremo parlarne più a fondo quando tutti avrete letto la trilogia (se lo vorrete) e non si rischia di svelare trame e colpi di scena.
Vengo quindi alla provocazione.
Anche se il protagonista della trilogia è un giornalista (uomo), il romanzo mi sembra un”canto” alle donne che ne escono complessivamente meglio degli uomini.
Non sono però riuscito a capire se la descrizione che l’Autore fa delle donne dei suoi romanzi sia volutamente o inconsapevolmente una demolizione del concetto di Donna, “tanto gentile e tanto onesta pare”, dove rimane solo l’ultima parola: “pare” e non nel senso di “appare”, ma solo in quello di “sembra (ma non lo è)”.
Sono donne androgine, molte delle quali, francamente, non mi piacerebbe frequentare.
La trilogia rappresenta la “nuova” donna del terzo millennio ?
Spero proprio di no.
Quotidianamente uso lo scooter per andare in ufficio.
Vedo donne al volante che:
non rispettano la precedenza
non utilizzano l’indicatore di direzione
si fermano in doppia fila, bloccando il traffico, solo per accompagnare il pargoletto sin davanti al portone della scuola
fanno inversione a “u” in strade strette dove tale manovra è rigorosamente vietata
parlano al cellulare (senza auricolare o viva voce).
L’altro giorno ne ho vista una che parlava al cellulare e fumava contemporaneamente, mentre guidava.
Qualche mese fa per radio, una trasmissione ha affrontato il tema del rapporto tra donne: complicità o competizione ?
E ne sono uscite delle belle.
Soprattutto nel mondo del lavoro, dove spesso la donna diventa homo homini lupus delle altre donne … appoggiandosi però, sistematicamente, ad un uomo.
Non parliamo quando c’è una donna come “capo”.
La Donna ha, forse, conquistato la “parità”, ma a quale prezzo ?
La provocazione è: al prezzo di non essere più Donna, ma un clone dell’Uomo.
Vedo in televisione donne stravolte che perdono ogni femminilità per gareggiare in attività sportive prettamente maschili.
Sì, “prettamente maschili”, perché vorrei spezzare una lancia a favore delle diversità, che ci sono, tra Uomini e Donne e non consentono di parlare di “parità” nel senso di “fare tutti le stesse cose”.
Parità è altro, sta nei diritti di partecipazione e nella consapevolezza che il futuro dell’Umanità è responsabilità di entrambi.
Non credo che parità siano due donne che praticano il pugilato, anzi !
E qui mi fermo, lasciando in sospeso tanti temi, auspicando che lo spunto consenta una ampia e accesa discussione.

In ogni caso, comunque vada oggi: FORZA BOLOGNA ! ;-)

giovedì 21 maggio 2009

Il segno del comando

Grande sceneggiato !
Tratto da un romanzo ugualmente avvincente di Giuseppe D'agata.
Naturalmente ho i dvd ... :-).
Incerto se qualificarlo un "giallo" oppure un "thriller" con venature "fantasy".
Evocante anche la canzone "cento campane", che divenne, poi, un cavallo di battaglia (forse l'unico ...) di Lando Fiorini.
Ed ecco un "assaggio" trovato sulla solita You Tube.



domenica 10 maggio 2009

A grande richiesta: il Quartetto Cetra

Questa … parodia ? Commedia musicale ? sceneggiato ?
Non saprei come definirla con esattezza.
Mi ricordo la sigla (che è quella qui riprodotta) cantata dai Cetra, protagonisti dello spettacolo che durò per 8 puntate.
A me piacque.
Però mi ricordo che fu “stroncato” dalla critica.
Vi parteciparono fior di attori (mi vengono in mente Tino Scotti, Renzo Palmer, Luigi Vannucchi, Aroldo Tieri, Nando Gazzolo) oltre, naturalmente ai Cetra.
Mi ricordo anche commenti particolarmente critici nel Carlino e una intervista ai Cetra dove confessarono che credevano di aver fatto un grande spettacolo.
Dichiararono che tutti gli attori si divertirono tantissimo a lavorarci ma “evidentemente si sono divertiti meno gli italiani a guardarci”.
Forse è per questo che non mi risulta sia stato riproposto in seguito e non sia neppure in alcuna raccolta dvd.
Magari questo di You Tube è l’unico "pezzo" reperibile … :-)

P.S. & O.T.: Noi Bolognesi continueremo a soffrire per i colori rosso blu … ;-)



domenica 3 maggio 2009

E questo ve lo ricordate ?

L'anno è anteriore al nostro Galvani: 1967.
Non mi risulta sia stato più trasmesso (ma potrei averlo perso) nè che sia raccolto in dvd.
Per me rappresentò la definitiva "passione" nei confronti della storia francese del XVII secolo già indotta da Dumas (anche se era un critico - eufemismo - dei due Grandi Cardinali che fecero grande la Francia), poi dai romanzi di Gil St Simon (autore che non trovo neppure in google ...).
Non ho trovato una versione italiana su you tube.
Vi ricordate il titolo italiano dello sceneggiato ? :-)

martedì 28 aprile 2009

I promessi sposi ...

... liberamente tratto dall'omonimo romanzo di A. Manzoni e liberamente ridotto in dieci minuti per la gioia degli internauti ... Buon divertimento ! ;-)


domenica 19 aprile 2009

AVVISO AI LIBERISTI

Cari amici trovo navigando questa breve pagina di Ostellino che parla del suo ultimo libro e lo sottopongo volentieri al vostra vaglio, abbiamo gia trattato il tema e visto che il nostro blog è popolato di liberali (che lo sono o in qualche modo si definiscono tali) mi sembra questa una buona occasione per approfondire.
Un salutone e per gli appassionati martedì sera passa in prima serata su rete 4 "The missing" con T. L. Jones buon western che consiglio anche a Valeria. Il regista è quello di "Beatiful mind"Ron Howard sullo schermo negli anni '80 il migliore amico di Fonzie.

"Un Paese tra dittatura della burocrazia e saccheggio delle risorse pubbliche
Nazione di sudditi allergica al liberalismo
Il nuovo saggio di Ostellino: l'arte di arrangiarsi in Italia sotto il giogo dello «Stato canaglia»
Piero Ostellino (Agf)Un Paese paralizzato da un numero spropositato di leggi e regolamenti; soffocato da una cultura burocratica invasiva e ottusa; gestito da una pubblica amministrazione pletorica, costosa e inefficiente e, non di rado, corrotta; vessato da un sistema fiscale punitivo per chi paga le tasse e distratto nei confronti di chi non le paga; prigioniero di corporazioni e interessi clientelari; nelle mani, da Roma in giù, della criminalità organizzata. Un Paese in inarrestabile declino culturale, politico, economico, che non è ancora precipitato agli ultimi gradini tra i Paesi industrializzati dell'Occidente solo grazie allo spirito di iniziativa e alla proiezione internazionale della media e piccola imprenditoria. Questa è l'Italia oggi. C'è l'Italia degli italiani e c'è lo Stato italiano. Per intenderci: ci sono gli italiani, come singoli individui; c'è lo Stato italiano, come «soggetto collettivo». La definizione può sembrare paradossale e persino contraddittoria. E, in realtà, lo è. Chi ritiene che la fenomenologia sociale sia empiricamente descrivibile solo riconducendone le dinamiche agli individui ne sarà scandalizzato.
Per l'individualismo metodologico, i soggetti collettivi — le istituzioni, il mercato, il capitalismo eccetera — non hanno, infatti, vita propria, non pensano, non agiscono, bensì altro non sono che l'interazione, in una società aperta e liberale, fra individui che perseguono autonomamente il proprio ideale di vita e i propri interessi, producendo con ciò inconsapevolmente un beneficio collettivo. Il bene comune, l'utilità sociale, l'interesse generale eccetera sono, al contrario, una invenzione della politica. Rassicuro subito chi si sia scandalizzato. Ritengo anch'io che l'individualismo metodologico sia la sola metodologia della conoscenza corretta, in quanto, per dirla con Popper, empiricamente verificabile alla prova della realtà effettuale. La divisione dell'Italia in due — l'Italia (al plurale) dei singoli individui, ciascuno dei quali pensa e agisce sulla base delle proprie personali convinzioni; e l'Italia (al singolare), come soggetto collettivo, autoreferenziale, che li (mal)governa sulla base di principi e leggi che essa stessa si è data — è, dunque, solamente un artificio retorico. Gli italiani, anarcoidi e conservatori, privi di senso civico e di senso dello Stato, e perciò sudditi invece di cittadini; gli italiani che non si mettono in fila alla fermata dell'autobus, ma neppure si ribellano alla propria condizione di sudditanza; ingegnosi, flessibili, pragmatici, camaleontici sono l'Italia al plurale. Che «si arrangia », che se la cava.
Questi italiani sono il paradigma schizofrenico di ciò che la cultura liberale anglosassone chiama, con ben altra dignità storica e politica, «società civile» rispetto alla «società politica» dalla quale rivendica la propria autonomia. Che da noi l'ordinamento giuridico non garantisce e nessuno rivendica; tutti si prendono, quando possono. Sottobanco. La nazione, lo Stato, la collettività, giù, giù lungo i loro indotti pubblici — ieri, il (vergognoso) primato della razza; oggi, l'(indefinibile) utilità sociale, e tutte le altre sovrastrutture ideologiche che hanno segnato la storia del Paese — sono l'Italia soggetto collettivo. La camicia di forza che il potere politico del momento e la cultura dominante, l'ideologia come falsa coscienza — fascista e/o comunista, corporativa e/o collettivista, comunitaria e/o statalista che fosse, sempre e comunque antindividualista — hanno imposto agli italiani. Incolta, retorica, dogmatica, bigotta, burocratica, poco o punto flessibile, legalista e imbrogliona, questa Italia trasformista e gattopardesca — che cambia qualcosa per restare sempre la stessa — è una sorta di «8 settembre permanente». Istituzionalizzato.
Da un lato, ci sono la costante imposizione di un controllo pubblico, illegittimo e contraddittorio, sulle libertà dei singoli, e l'ambigua pretesa che sia rispettato; dall'altro, c'è la tacita esenzione da ogni vincolo d'obbedienza sottintesa nella frase liberatoria «tutti a casa» che l'8 settembre 1943 percorse la linea di comando delle nostre Forze armate, abbandonate a se stesse dopo l'armistizio. È di questa Italia incasinata e un po' cialtrona, intimamente illiberale, che parlo. Non per fare l'elogio degli italiani come singoli individui ma per spiegare l'incapacità del Paese di entrare nella modernità e di stare, culturalmente, politicamente, economicamente, al passo con gli altri Paesi di democrazia liberale dell'Occidente capitalista. Non è l'elogio dell'antipolitica, oggi tanto di moda. Anzi. Ci mancherebbe, soprattutto da parte di un liberale. È, piuttosto, la denuncia dell'invasività della sfera pubblica nella sfera privata. La descrizione di come la nostra politica non sia più, e da tempo, ammesso lo sia mai stata, al servizio dei cittadini, ma li abbia posti al proprio servizio. Dello «Stato canaglia». L'eccessiva estensione della sfera pubblica — che la cultura statalista e dirigista tende a spacciare come veicolo di equità sociale — è, infatti, più accrescimento del potere degli uomini a essa preposti sulle libertà e sulle risorse dell'individuo, che criterio di governo. La leva fiscale, per alimentare una spesa pubblica riserva di caccia di interessi estranei a quelli generali, ne è lo strumento, anche se non il solo, di oppressione.
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Non occorre essere marxisti per sapere che lo Stato non è neutrale, ma è il braccio armato degli interessi di chi ne detiene il controllo, se non è controbilanciato da principi e interessi alternativi, fra loro in competizione. È sufficiente essere liberali. Del resto, in questo continuo confronto fra differenti concezioni del mondo, senza che nessuna abbia la pretesa di essere la Verità e di imporla agli altri, è dalla pluralità di interessi in conflitto — mitigato solo da regole del gioco che non consentano a nessuno di impedirne la libera manifestazione e la corretta realizzazione — che si sostanzia la società aperta. Il liberalismo non è una dottrina chiusa — che dice agli individui quale è il loro interesse e ne prescrive i comportamenti — ma la dottrina dei limiti del potere e della società aperta, all'interno della quale ciascuno si presume sappia quale è il proprio interesse e, di conseguenza, lo persegue in autonomia. Il guaio è che di liberalismo, nella vita pubblica degli italiani, non c'è traccia. E ci vorranno, forse, generazioni perché vi si affacci".

Mi aspetto un vigoroso dibattito!!

roberto

domenica 12 aprile 2009

venerdì 10 aprile 2009

Liturgia pasquale


Non so se voi, come me, siate dotati di una Nonna centenaria che sa tutto di festività religiose, usi e tradizioni…e se anche voi, come me, puntualmente dimentichiate di anno in anno…

E dato che parliamo tanto entusiasticamente delle nostre “radici” cristiane, mi pare giusto ricordare qualcosa a chi per caso passasse di qui…

Così ho deciso di scrivere nel blog, a futura memoria -conoscendovi, più mia che vostra- la liturgia pasquale (utilizzando, confesso, un abbondante copia-incolla)

La festa della Pasqua cristiana è mobile, ovvero viene fissata di anno in anno nella domenica successiva al primo plenilunio successivo all'Equinozio di Primavera (il 21 marzo). Questo sistema venne fissato definitivamente nel IV secolo. Dunque, nella Chiesa cattolica, la data della Pasqua è compresa tra il 22 marzo ed il 25 aprile. Infatti, se proprio il 21 marzo è di luna piena, e questo giorno è sabato, sarà Pasqua il giorno dopo (22 marzo); se invece è domenica, il giorno di Pasqua sarà la domenica successiva (28 marzo). D'altro canto, se il plenilunio succede il 20 marzo, quello successivo si verificherà il 18 aprile, e se questo giorno fosse per caso una domenica occorrerebbe aspettare la domenica successiva, cioè il 25 aprile. (Ho trovato altre versioni per il calcolo, ma penso che anche questa vada bene)

La Pasqua è preceduta dalla Quaresima, che ha inizio il Mercoledì delle Ceneri, periodo preparatorio di astinenza e digiuno della durata di quaranta giorni. L'ultima settimana del tempo di quaresima è detta Settimana Santa, periodo ricco di celebrazioni e dedicato al silenzio ed alla contemplazione. Comincia con la Domenica delle Palme, che ricorda l'ingresso di Gesù in Gerusalemme, dove fu accolto trionfalmente dalla folla che agitava in segno di saluto delle foglie di palma. Per questo motivo nelle chiese cattoliche, durante questa domenica, vengono distribuiti ai fedeli dei rametti di olivo benedetto (segno della passione di Cristo).

Gli ultimi giorni della Settimana Santa segnano la fine del tempo di Quaresima e l'inizio del Triduo Pasquale. Durante il Giovedì Santo, di mattina, nella Chiesa Cattedrale, si celebra la Messa Crismale, durante la quale il Vescovo consacra gli Olii Santi (Crisma, Olio dei Catecumeni ed Olio degli Infermi), i quali serviranno durante tutto il corso dell'anno rispettivamente per celebrare le Cresime e i Battesimi, ordinare i sacerdoti e celebrare il sacramento dell'Unzione degli Infermi; l'Ora Nona del Giovedì Santo conclude il tempo di Quaresima, e dà inizio al Triduo Pasquale, con la Messa in Coena Domini: questa è il memoriale dell'Ultima Cena consumata da Gesù nella sua vita terrena, nella quale furono istituiti l'Eucarestia e il ministero sacerdotale, e fu consegnato ai discepoli il Comandamento dell'Amore (Gv 13,34). Durante questa Santa Messa si svolge la tradizionale lavanda dei piedi e vengono 'legate' le campane (le campane non possono suonare dal Gloria della messa del giovedì sera al Gloria della Veglia di Pasqua). In questo giorno è inoltre tradizione, non certificata dalla dottrina, compiere il cosiddetto giro "delle sette chiese" o "sepolcri", andando ad adorare i sepolcri allestiti in sette chiese vicine.

Il Venerdì Santo non si celebra l'Eucarestia: la liturgia è incentrata sulla narrazione degli ultimi giorni della vita terrena di Gesù secondo il Vangelo di Giovanni e sull'Adorazione della Croce, da alcuni anni in questo giorno si celebra in modo solenne la Via Crucis.

Il Sabato Santo, unico giorno dell'anno in cui non si amministra la Comunione salvo come viatico, è incentrato sull'attesa della solenne Veglia di Pasqua che si celebra fra il tramonto del sabato e l'alba del Nuovo Giorno. Inoltre il Sabato Santo è l'unico giorno dell'anno senza alcuna liturgia, ed è perciò detto "aliturgico". Non soltanto non può essere somministrata la Comunione, ma non si celebra nemmeno la Messa, e di solito nelle chiese i tabernacoli sono spalancati, e privi del Santissimo, che viene conservato in sacrestia. Gli altari sono spogli, senza fiori e paramenti, e un senso di lutto pervade tutta l'area del tempio.

Ci sono tante altre cose, anche molto interessanti, sulla Pasqua: io, però, volevo proprio dire queste!

martedì 7 aprile 2009

Street View




Se non l’avete mai visto vi segnalo che su Google Maps da un po' è attiva per gran parte del centro di Bologna - e pure della periferia - oltre alla visione satellitare anche la cosiddetta “street view” (aggiunte oltre alle "vecchie" Milano, Roma, Firenze anche Udine, Genova, Torino, Parma, Arezzo, Livorno, Perugia, Bari, L'Aquila, Napoli, la Costiera Amalfitana, Reggio Calabria, Catania). In pratica una vera e propria possibilità di “passeggiare” per la città in modo virtuale utilissima per l’eventuale turista che debba localizzare con precisione un punto sulla mappa e divertente per dare un’occhiata “dal vivo” alle strade che ben conosciamo e ad altre sconosciute. Su questa incredibile opzione (calcolate che è attiva su moltissime città del mondo, quindi immaginate quante fotografie sono state montate…) si è scatenata anche una polemica a proposito della privacy poiché sono distinguibili perfettamente le auto e tante persone: immaginate di scoprire casualmente per esempio l’auto della vostra compagna/o dove non dovrebbe essere… Resta comunque una straordinaria implementazione delle già notevoli Google Maps, dateci un’occhiata, è sufficiente da Google andare su Maps, poi digitare un indirizzo ad es. via Lame, Bologna, poi cliccare su street view. Buona passeggiata (l'angolo nella foto lo riconoscete benissimo).